RUDIMENTALI, ORGANI
. Quando di un organo si studino comparativamente, tra forme diverse di una medesima unità sistematica, le caratteristiche di sviluppo, si possono di queste rilevare assai spesso gradi molteplici, in quanto, da condizioni di pieno differenziamento strutturale attestanti una correlativa efficienza funzionale, è dato seguire tappe diverse di un processo riduttivo, che può dell'organo stesso lasciare vestigia limitatissime, destituite almeno apparentemente di ogni importanza fisiologica e preludianti a quella che, in altre forme, può essere la sua totale scomparsa: si parla in tali casi di rudimenti dell'organo o di organo rudimentale. Da questo stesso breve cenno risulta subito la difficoltà di definire con precisione i limiti di tale concetto, tanto più che la funzione può talora, pur nella riduzione delle strutture, sopravvivere modificata o in alcuni almeno dei suoi aspetti.
A prescindere tuttavia da tale difficoltà, organi che possano definirsi come rudimentali sono reperibili in quasi tutti i gruppi zoologici (con esclusione forse dei Protozoi, Poriferi e Celenterati, nei quali peraltro non può neppure parlarsi di un vero e proprio differenziamento organico) e appaiono assai spesso correlativi a particolari tipi di specializzazione biologica, che sul quadro generale dell'architettura del gruppo esalti, in una determinata direzione, l'attività e il differenziamento di alcune parti e di altre li attenui portandole all'atrofia.
Di tali organi l'uomo stesso offre numerosi e interessanti esempî. Così il rivestimento pili8ero, abbozzato su tutta la superficie del corpo durante la vita fetale e limitato successivamente a determinati territorî, ove esso non ha certo più la primitiva funzione termoprotettiva; così la terza palpebra o membrana nittitante con l'annessa ghiandola di Harder, ridotte, rispettivamente, alla piega semilunare e alla caruncola dell'angolo interno dell'occhio, e variamente estese nelle diverse razze; così ancora i muscoli del padiglione dell'orecchio e l'appendice cecale, alla quale peraltro si è voluto attribuire una secrezione interna per la peristalsi intestinale. Con le trasformazioni indotte dalla stazione eretta e dalla modificata funzione dell'arto anteriore, possiamo collegare la riduzione, oltreché della regione coccigea che negli altri Mammiferi (salvo le scimmie antropomorfe) si allunga nella coda, del lobo azygos del polmone destro, che nelle forme pronograde si estende invece ampiamente tra il cuore e il diaframma, nonché la regressione di muscoli diversi: citeremo semplicemente il laevator claviculae, che nelle specie a stazione orizzontale concorre alla protrazione della spalla durante la corsa; il latissimus condyloideus, che, dalle scimmie inferiori dove è sviluppato per l'arrampicamento, si riduce nel gibbone e ancor più nello scimpanzè e nel gorilla, per limitarsi nell'uomo a un nodo tendineo interposto tra il trapezio e il gran dorsale; il palmaris longus, che nella funzione deambulatoria dell'arto anteriore ha notevole importanza per azionare i cuscinetti del palmo della mano (scimmie) ed è nell'uomo ricordato semplicemente da una sottile corda tendinea non sempre presente. Corrisponde a quest'ultimo muscolo, nell'arto posteriore il plantaris longus, che nelle scimmie pronograde concorre all'agilità dell'articolazione mediotarsale per la corsa e negli antropoidi e ancor più nell'uomo si riduce in rapporto alla maggiore fissità dell'articolazione stessa.
Passando dall'uomo alle altre specie, singolare è, in due gruppi di Mammiferi (Cetacei e sirenidi) ad affinità filogenetiche nettamente diverse, la convergenza nella pressoché totale scomparsa del sistema pilifero, limitato a modestissimi ricordi in alcune specie, nella riduzione delle vertebre cervicali, collegata con l'assenza del collo, e in quella delle ossa del bacino correlativa all'assenza dell'arto posteriore, mentre si sviluppa la potente pinna caudale. Trasformazioni queste, cui si collega l'adattamento all'ambiente acquatico, allo stesso modo che con la specializzazione estrema alla corsa su terreno compatto sembra connettersi la rudimentazione delle dita laterali, delle corrispondenti ossa del metacarpo e del metatarso nonché dell'ulna e del perone, nell'arto dei Perissodattili e degli Artiodattili, rudimentazione seguibile attraverso tappe successive nelle specie fossili e nelle viventi dei due gruppi.
Serie riduttive si possono osservare per le ali degli Uccelli, dove i piccoli rudimenti che di esse rimangono, nascosti entro il piumaggio, nel Kivi (Apterix) della Nuova Zelanda preludono alla loro scomparsa nel Dinornis di recente estinto, e soprattutto poi per gli arti nei Rettili e negli Anfibî, e per le pinne in molti Teleostei.
Un campo particolarmente interessante e ricco è offerto dalle modificazioni regressive cui spesso va incontro l'occhio nell'oscurità del sottosuolo o delle profondità marine, dal che traggono, d'altro canto, particolare rilievo gli opposti casi di differenziamento che negli stessi ambienti sono offerti dagli occhi telescopici di alcuni Pesci abissali. Gruppi ad habitat ipogeo fra i Mammiferi (molti Insettivori come le nostre talpe o i Chrysochloridae dell'Africa meridionale, alcuni Marsupiali come i Notoryctes) fra i Rettili (Anfisbene e Tiflopidi), fra gli Anfibî (Spelerpes, Tiphlotriton, Tiphlomolge, Proteus, ecc.) o fra i Pesci (Ambliopsidi delle caverne, Brotulidi, ecc.), offrono singolari parallelismi in tali serie riduttive, da occhi semplicemente più piccoli del normale e presumibilmente tuttora funzionanti, a occhi variamente regressi per più o meno pronunciata atrofia dell'uno o dell'altro dei costituenti specifici (critallino, retina, nervo ottico, muscoli, ecc.) e talvolta nascosti sotto il tegumento. Particolare interesse offre al riguardo il proteo delle grotte del Carso, nel quale l'abbozzo del calice oculare, che sta a rappresentare l'organo visivo, sembra suscettibile di completare la propria evoluzione verso un occhio ben sviluppato con lente, retina e muscoli ove larve giovanissime vengano allevate alla luce, con le precauzioni necessarie a prevenire la pigmentazione cutanea. Serie ancor più ricche di tappe regressive, sino alla totale scomparsa dell'occhio, sono riscontrabili in varî gruppi di Invertebrati e particolarmente nei Crostacei. L'entità di tale regressione non è sempre in diretto rapporto con le condizioni attuali di vita, ma appare spesso dipendente dalla presumibile durata dell'adattamento, a sua volta apprezzabile dalla biologia delle forme immediatamente affini, nonché da quella delle larve e del loro sviluppo oculare e dalla conseguente entità della trasformazione durante la metamorfosi.
Passando ad altro ordine di esempî, interessanti fenomeni riduttivi offrono, per il guscio, i Molluschi: gli Eteropodi, ad es., in rapporto alla specializzazione planctonica (Atalanta, Carinaria, Pterotrachea), i Cefalopodi, correlativamente alla riconquistata autonomia locomotoria (Spirula a nicchio ancora evidente, seppia a nicchio ridotto, calamaro con ulteriore riduzione per mancata calcificazione, polpi con totale assenza del guscio, ricordato semplicemente dalla temporanea invaginazione del mantello).
È ovvio che formazioni di tal genere abbiano rivestito e tuttora rivestano immenso interesse per l'importanza e la complessità dei problemi generali ch'esse pongono. Facilmente interpretabili come testimonianze di condizioni anteriori di maggiore sviluppo e differenziamento, nessun argomento come questo ha sembrato fornire maggiore evidenza di una parentela delle specie e costituire indizio più significativo per l'ipotesi evoluzionistica.
Nell'ambito di questa ipotesi gli organi rudimentali, spesso abbozzati nell'embrione con complessità maggiore di quella che avranno a sviluppo definitivo, son potuti apparire come la più chiara documentazione di una ricapitolazione ontogenetica della filogenesi. D'altro lato, nel problema della loro presumibile origine, essi hanno lungamente giustificato, e per alcuni tuttora giustificherebbero, i concetti lamarckisti dell'uso e del disuso, i quali, se hanno trovato nel principio della lotta delle parti e dell'importanza trofica dello stimolo funzionale (W. Roux) la loro espressione, mancano tuttavia, nel passaggio dalla storia individuale a quella della specie, del necessario fondamento, data l'impossibilità sperimentale di dimostrarne il presupposto teorico, l'eredità delle proprietà acquisite. Il che ha indotto a considerare questi fenomeni di rudimentazione come la risultante di modificazioni regressive ortogenetiche dei fattori ereditarî, che presiedono al differenziamento dell'organo, conservate forse selezionisticamente per il minor dispendio materiale ed energetico, che il semplice rudimento implica, quando si tratti di organi di cui le condizioni biologiche rendano superflua la funzione. Come si vede, i problemi sono ancora del tutto aperti, in questo campo dove la critica sperimentale ha facile presa, ma dove è tuttora incapace di sostituire ai vecchi, troppo assiomatici e talora semplicisti principî, fondate e convincenti giustificazioni, che potranno forse scaturire da una più approfondita conoscenza dei fattori umorali e delle reciproche interrelazioni che presiedono alla morfogenesi dei varî apparati nel corso dello sviluppo.