Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio
L’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec) è un’organizzazione intergovernativa permanente costituita nel 1961 da alcuni tra i più grandi paesi produttori ed esportatori di petrolio al mondo. Le cause della nascita dell’Organizzazione vanno fatte risalire alla volontà di alcuni paesi in via di sviluppo di dar vita a un cartello economico che fosse in grado di coordinare le quote di produzione e vendita di petrolio dei suoi membri, condizionando così l’offerta di petrolio sui mercati energetici internazionali.
Fine ultimo della costituzione dell’Opec era quello di contrastare la grande influenza che avevano fino a quel momento esercitato i paesi occidentali sull’industria petrolifera (in particolar modo gli Stati Uniti, il Regno Unito, i Paesi Bassi e la Francia), i quali nei precedenti decenni si erano aggiudicati ampi titoli di sfruttamento esclusivo dei giacimenti. Una volta attuata la nazionalizzazione del settore petrolifero da parte dei governi dei paesi Opec, il cartello avrebbe potuto influenzare i prezzi internazionali del petrolio. In tal modo i membri del cartello avrebbero conseguito due risultati positivi: da un lato, avrebbero assicurato maggiori ricavi alle compagnie petrolifere nazionali, mentre dall’altro avrebbero visto riconosciuto il loro ruolo fondamentale per il funzionamento delle economie dei paesi industrializzati, ritagliandosi così un maggiore spazio sulla scena politica e diplomatica internazionale.
Storicamente, la maggioranza dei paesi dell’Opec si è concentrata nella regione del ‘Grande Medio Oriente’ (che comprende Golfo Persico, Medio Oriente e Nord Africa), a cui, successivamente, si sarebbero aggiunti paesi dell’Africa sub-sahariana (Nigeria e Gabon), del sud-est asiatico (Indonesia) e del Sudamerica (Venezuela ed Ecuador). Per la maggior parte di questi paesi, il petrolio è la prima fonte di reddito sui mercati internazionali e uno dei pochi modi per ottenere valuta estera. Le rendite petrolifere sono reimpiegate internamente come motore dello sviluppo industriale ed economico, dando lavoro a una popolazione generalmente ancora in forte crescita.
L’Opec ha avuto un ruolo storico di primo piano soprattutto durante gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso. L’embargo petrolifero decretato dall’Organizzazione nel 1973, in seguito alla guerra dello Yom Kippur tra Israele e una coalizione di stati arabi, provocò una grave crisi energetica che colpì soprattutto i paesi industrializzati, obbligati a razionare le proprie scorte e a comprare petrolio a prezzi reali triplicati (da 15 a 50 dollari al barile). L’emergenza energetica fu all’origine di una profonda depressione economica e catalizzò la definitiva crisi del sistema monetario internazionale in vigore sin dal termine della Seconda guerra mondiale.
Tra il 1979 e il 1980 furono invece eventi esterni all’Opec a determinare un nuovo raddoppio dei prezzi reali del petrolio: questi (la rivoluzione iraniana e lo scoppio della guerra Iran-Iraq) coinvolsero tuttavia due dei membri più importanti dell’Opec, palesando per la prima volta tutti i limiti della pretesa preponderanza del ruolo dell’Organizzazione nel determinare i prezzi internazionali dell’energia.
Oggi il peso dell’Opec nel panorama energetico mondiale è ulteriormente ridimensionato e minacciato dalla concorrenza dei paesi produttori non-Opec (in particolare Canada e Usa). Inoltre, l’incertezza che circonda l’economia globale e le tensioni geopolitiche che interessano diversi paesi del Medio Oriente e del Nord Africa hanno cambiato le dinamiche del prezzo del greggio (sempre più soggetto ad eccessive speculazioni nei mercati), col conseguente impatto negativo sulla domanda globale di petrolio che deve essere soddisfatta dai fornitori Opec.
Oggi i membri dell’Opec sono 12: il Gabon è uscito dall’Organizzazione nel 1995, a seguito di una vertenza interna, mentre l’Indonesia ha dovuto lasciare l’Opec nel 2008, quando l’espansione economica ne ha determinato il passaggio da paese esportatore a paese importatore netto di petrolio.
Nel 2011 i membri Opec hanno prodotto più del 42% del petrolio estratto al mondo, e controllavano una quota del 60% delle esportazioni mondiali di petrolio. Con una tale percentuale di mercato il cartello potrebbe esercitare un’influenza determinante sui prezzi della risorsa. Tuttavia, le condizioni internazionali negli ultimi trent’anni sono profondamente mutate, sia dal punto di vista economico che sotto il profilo delle relazioni politiche. Innanzitutto, la crisi energetica degli anni Settanta spinse molti paesi industrializzati a utilizzare anche fonti energetiche alternative come gas, carbone, nucleare e idroelettrico. Tra il 1981 e il 1998 questo mutamento nei consumi causò un forte eccesso di offerta sui mercati internazionali, il quale a sua volta provocò il rapido abbattimento del prezzo del petrolio (passato da 100 a 20 dollari al barile). Solo con il nuovo aumento dei prezzi del petrolio dell’ultimo decennio l’Opec sembra dunque aver riacquistato parte dell’influenza perduta. Tuttavia, oggi i paesi membri possiedono una sempre minore capacità residua di produzione e ciò priva l’Opec di gran parte del suo potere contrattuale: se tutti i suoi paesi producono già ai massimi ritmi consentiti da tecnologie e riserve, le quote imposte dall’Opec perdono di valore.
Nell’ultimo trentennio è inoltre mutato il contesto politico internazionale. Gravi dispute tra alcuni paesi dell’Opec hanno, infatti, messo in discussione l’effettiva esistenza di interessi comuni tra i suoi membri: tra questi conflitti, particolare rilevanza hanno assunto la guerra Iran-Iraq (1980-88) e l’invasione irachena del Kuwait (1991). Quest’ultima crisi ha peraltro messo in luce i mutati rapporti della regione con i paesi occidentali: fu infatti una coalizione guidata dagli Usa a intervenire in Kuwait e a ricacciare indietro le truppe di Saddam Hussein, mentre sul versante diplomatico le relazioni tra Washington e l’Arabia Saudita sono andate sempre più normalizzandosi, fino allo stabilimento di piene relazioni diplomatiche nel 1993.
Un’indicazione della moderazione dell’Opec nella gestione del proprio potere di cartello è contenuta nell’elenco dei tre obiettivi statutari dell’Organizzazione, i quali, accanto a quello classico di coordinare e unificare le politiche petrolifere dei paesi membri e di proteggerne gli interessi individuali e collettivi, oggi includono l’impegno ad assicurare la stabilità dei prezzi sui mercati petroliferi internazionali e a garantire un’offerta di petrolio efficiente e regolare ai paesi consumatori.
Un ulteriore indizio di discontinuità dal passato è infine stato recentemente fornito dal comportamento del governo saudita, che negli anni della ‘primavera araba’ ha garantito un aumento di produzione utile a colmare il vuoto causato dalle perdite di Yemen, Egitto, Siria, Sudan e, soprattutto, Libia, i cui sconvolgimenti interni hanno provocato una riduzione del 75% sulla produzione petrolifera nazionale. L’Opec sta cercando inoltre di compensare la riduzione dell’offerta da parte dell’Iran, conseguente all’applicazione delle sanzioni finanziarie e commerciali che i governi occidentali hanno imposto al paese. In un tale contesto, a rafforzare la propria posizione all’interno dell’Organizzazione è l’Iraq, che nel 2012 è risultato il secondo maggiore produttore di petrolio dell’Opec.
Struttura istituzionale
I rappresentanti dei 12 paesi dell’Opec si riuniscono due volte all’anno nella Conferenza, l’organo supremo dell’Organizzazione, allo scopo di coordinare e armonizzare le proprie politiche petrolifere. Alla Conferenza i paesi membri si accordano sugli eventuali cambiamenti delle quote di produzione. Oltre ad approvare il bilancio, la Conferenza dispone del potere di approvare nuovi ingressi nell’Organizzazione. Le decisioni sono prese all’unanimità.
Il Segretariato è l’organo esecutivo permanente, mentre la direzione politica negli intervalli tra una Conferenza e l’altra è garantita dal Consiglio dei governatori. Quest’ultimo è costituito da rappresentanti dei paesi membri eletti dalla Conferenza con un mandato biennale, e ha il compito di dirigere l’Organizzazione, implementare le risoluzioni della Conferenza e redigere il bilancio.
Algeria, Angola, Arabia Saudita, Ecuador, Emirati Arabi Uniti, Iran, Iraq, Kuwait, Libia, Nigeria, Qatar, Venezuela.