lavoro, organizzazione del
Insieme di obblighi e diritti attribuiti al singolo lavoratore o a gruppi di lavoratori. Dalle scelte di organizzazione del l. derivano le cosiddette microstrutture di un’organizzazione, ovvero le strutture di base che concorrono a realizzare i processi operativi.
Nella progettazione delle fasi lavorative, si devono considerare sia le caratteristiche delle attività da organizzare, definendo quindi i criteri di divisione e di assegnazione del l., sia le relazioni tra i diversi tipi di l. da eseguire al fine di individuare le modalità più efficaci per coordinarli operativamente e aggregarli. ● È necessario, per una maggiore comprensione, introdurre i concetti di compito, mansione, o job, e sistema primario di lavoro. Il compito è definito come un insieme di operazioni elementari, necessariamente collegate per ragioni di natura tecnica o psicologica. La dimensione tecnica si riferisce all’impossibilità, o alla non convenienza, di separare alcune attività in relazione agli strumenti utilizzati e alle conoscenze necessarie per svolgerle in modo efficiente. La dimensione psicologica riguarda la percezione soggettiva dei lavoratori, che apprezzano in modo diverso (in relazione alle loro motivazioni, competenze e aspirazioni) il contenuto e la tipologia dei l. svolti. L’insieme ordinato dei compiti assegnati a una persona indica la sua mansione. Si definisce, infine, sistema primario di l. un complesso di operazioni interdipendenti (in senso sia orizzontale sia verticale), che portano a un risultato identificabile in termini di prodotto o di servizio e che, contenendo sia le attività operative sia quelle di supporto, è in grado di autoregolarsi. L’analisi delle variabili della progettazione delle microstrutture si colloca lungo un continuum: a un estremo, la valutazione dell’impatto economico delle scelte, in termini di maggiore efficienza nello svolgimento delle attività o di riduzione dei costi di coordinamento; all’altro estremo, la considerazione delle motivazioni e delle aspettative dei titolari delle mansioni, che influenzano i loro comportamenti e quindi le prestazioni.
Seguendo un approccio di stampo taylorista (➔ taylorismo), la divisione del l. (➔ lavoro, divisione del), e quindi la parcellizzazione delle mansioni, può essere convenientemente spinta fino al punto consentito: dalla tecnologia, cioè dalla divisibilità tecnica del l., che definisce un limite oltre il quale il l. non è materialmente divisibile; dalle dimensioni del mercato, dato che all’aumentare della domanda può crescere il grado di divisione del l., ottenendo, contemporaneamente, economie di specializzazione (maggiore destrezza dell’operatore) ed economie di scala (saturazione del lavoratore).
Questo tipo di approccio parte dall’assunto che il lavoratore sia portatore di bisogni, che non appartengono esclusivamente alla sfera economica (nel consumo), ma anche a quella emotiva e sociale (bisogni di appartenenza e di status) e alla sfera dell’ego (per l’autorealizzazione). È un approccio che va oltre la semplice considerazione dell’efficienza e dei costi (e quindi delle economie di specializzazione e di scala). Le esigenze di ordine superiore si manifestano via via che sono state soddisfatte, in misura accettabile, quelle di ordine inferiore. La varietà del l., il grado di autonomia e di responsabilità sono fattori che consentono all’individuo di identificarsi nelle funzioni che gli sono assegnate. Il loro svolgimento diventa fonte di soddisfazione e di utilità. Nascono da qui l’esigenza e la convenienza, per le imprese che vogliono sfruttare questa caratteristica del comportamento lavorativo, di cambiare l’organizzazione del l., superando i principi di massima specializzazione, di ripetitività, di limitazione dell’autonomia individuale, tipici del taylorismo, e che spesso sono alla base dell’alienazione, della bassa produttività e della rigidità comportamentale.
Esiste anche una terza modalità, che integra i fattori interni economici e motivazionali con altri relativi all’ambiente esterno e alle sue componenti, in termini sia di mercati sia di tecnologia. Si tratta di aspetti legati al mercato di sbocco, che possono concorrere a formare una domanda di cambiamento nella tradizionale organizzazione del l., per es. quando i prodotti in questione implicano servizi molto qualificati (elaborazione di informazioni, manutenzioni sofisticate ecc.), con un ciclo di vita breve e quindi un alto tasso di innovazione. E ancora, si tratta di fattori relativi al mercato del l. (➔ lavoro, mercato del) – dove certi comportamenti possono modificare le aspettative e la percezione dei lavoratori – e di altri riferiti alla tecnologia, che possono determinare la domanda di comportamenti lavorativi flessibili e innovativi. Tutti questi elementi hanno portato allo sviluppo di nuovi strumenti per organizzare e ristrutturare il lavoro. Tra i più consolidati vanno ricordati: il job enlargement, che consiste nella semplice somma di compiti di uguale livello e ciò può implicare, nella catena di montaggio (➔), il passaggio da una fase di lavorazione di pochi secondi a una di qualche minuto; la job rotation, che, nella sua versione più restrittiva, riguarda il passaggio periodico attraverso compiti di uno stesso livello, per contrastare la monotonia e la ripetitività, ma che può essere usato anche per disegnare itinerari di crescita professionale; il job enrichment, attraverso il quale la ricomposizione, oltre all’allargamento (dimensione orizzontale), prevede anche l’assorbimento di compiti superiori (dimensione verticale), quali il controllo di qualità ecc.; il work group, che combina le 3 soluzioni precedenti, con la variante che la distribuzione del l. e delle relative responsabilità è effettuata dal gruppo di l., entro il quale le articolazioni gerarchiche vengono ridotte o annullate e i livelli di professionalità sono resi omogenei e intercambiabili.