Organizzazione e uffici giudiziari. Processo telematico
La informatizzazione del processo civile, lentamente in corso da anni, ha visto nel 2011 la entrata in vigore di nuove regole e specifiche tecniche, previste dal d.l. 28.12.2009, n. 193. Fine principale di queste norme, come del precedente decreto legge, è la adozione della Posta elettronica certificata aperta in luogo del precedente protocollo di comunicazione basato su caselle riservate e punti di accesso; queste norme, oggi valide anche per il processo penale, trascendono l’ambito meramente tecnico e vanno ad incidere sulla organizzazione del processo, quindi sui diritti e doveri dei soggetti del processo. L’analisi dei punti salienti delle novità introdotte con tali provvedimenti (regolamento 44 del 18.4.2011 e specifiche tecniche approvate il 18.4.2011) evidenzia problematiche che auspicabilmente verranno corrette nei mesi a venire, qualificando il quadro regolamentare come un work in progress.
Nel 1997 una legge delega, forse visionaria, la cd. legge Bassanini1 (15.3.1997, n. 59), intendeva, fra altre riforme della pubblica amministrazione, introdurre la informatica quale elemento di efficienza e trasparenza, secondo una matrice europea di armonizzazione ed unificazione amministrativa dei paesi dell’Unione. In esecuzione di questa, che stabiliva all’art. 15 che «gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informativi o telematici ... sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge» e che «i criteri e le modalità di applicazione del presente comma sono stabiliti per la p.a. e per i privati con specifici regolamenti», con il d.P.R. 13.2.2001, n. 123 venne approvato il regolamento che disciplinava «l’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile» oltre che in quello amministrativo e presso la Corte dei conti. Quel regolamento era il frutto di una elaborazione giuridico/culturale che in quegli anni auspicava l’utilizzo delle nuove tecnologie nel rito processuale civile, al fine di migliorare le comunicazioni, di rendere più facili, certe ed economiche le procedure e soprattutto favorire l’individuazione e la conoscibilità di interpretazioni e prassi: la creazione mediante la informatica di una ‘piazza’ o ‘polis’ giuridica nazionale, potenziata dalle tecnologie informatiche, che fosse il luogo cui attingere e in cui riversare i frutti dell’elaborazione giurisprudenziale. Risultati ancora non raggiunti oggi, se non parzialmente. Anche se il processo civile non può essere definito, senza alcuni distinguo, come materia di pubblica amministrazione, sicuramente questo regolamento del 2001, con le successive regole tecnico-operative previste dall’art. 3, co. 3, rappresenta il quadro normativo tradizionale del processo telematico nel quale si innesta dalla fine del 2009 un’altra legislazione, per certi versi di rottura rispetto a questo quadro, tendente principalmente ad utilizzare la posta certificata nel processo civile e, questa volta, anche penale. Il 2011 ha visto la entrata in vigore dei regolamenti esecutivi di questo secondo filone legislativo, che hanno modificato in parte i precedenti indirizzi evolutivi del processo civile telematico. Inoltre la legge di conversione del decreto 13.8.2011, n. 138 (l. 14.9.2011, n. 148) all’art. 2, co. 35 ter, ha modificato gli artt. 125 e 136 c.p.c. introducendo, nella prima disposizione, l’obbligo di indicazione della casella di posta elettronica certificata, unitamente al numero di fax, negli atti dei difensori e, nella seconda disposizione, la previsione che «tutte le comunicazioni delle parti devono essere effettuate con le modalità di cui al terzo comma» del medesimo art. 136 c.p.c. cioè via fax o posta elettronica: si tratta di norme di difficile coordinamento con le altre disposizioni in tema di comunicazioni telematiche e per questo di utilità molto dubbia1.
Nel 2011 sono stati approvati il d.m. 21.2.2011, n. 44 ed il provvedimento dirigenziale 18.7.2011 sulle specifiche tecniche di cui all’art. 34, cui deve esser riconosciuta natura regolamentare, se non altro perché integrativo del regolamento n. 44/2001, che in effetti demandava larga parte del contenuto alle specifiche tecniche. Una prima difficoltà è costituita dal fatto che il regolamento n. 44/2011 giunge un anno dopo la data prevista dall’art. 4 d.l. 28.12.2009, n. 193 per la sua approvazione, che era il 28 aprile 20102: essendo prevista la approvazione di uno o più decreti si avrebbe che, intendendosi come non vincolante quella data, la potestà regolamentare sul punto resterebbe aperta e senza termine. Per altro le regole tecniche erano previste come normazione periodica «permanente» dall’art. 3, co. 3, del d.P.R. 13.2.2001, n. 123, che ne prevedeva l’aggiornamento almeno ogni due anni, ma solo per il processo civile, non per quello penale. Fra le novità apportate da questi regolamenti, va anche annoverata la probabile abrogazione del d.P.R. n. 123/2001, tale dovendosi ritenere la previsione dell’art. 37, co. 2, del regolamento n. 44/2011, secondo cui «Dalla data di cui al comma 13, cessano di avere efficacia nel processo civile le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001, n. 123 e del decreto del Ministro della giustizia 17 luglio 2008». A prescindere dalla ambiguità della espressione usata «cessano di avere efficacia », questa disposizione, nella sostanza abrogativa, apre scenari incerti perché esistono punti di contrasto fra il d.P.R. n. 123/2001 e il regolamento n. 44/2011, per esempio sugli atti prodotti per via cartacea da inserire nel fascicolo informatico4. Vi sono, ovviamente, molte altre differenze fra i due regolamenti, che possono aprire altrettanti dubbi interpretativi circa l’ultravigenza del regolamento governativo in caso di conflitto. Infatti il regolamento n. 44/2011 è ministeriale, ai sensi del co. 3 dell’art. 17 della l. 23.8.1988, n. 400, e nel contrasto con il decreto n. 123/2001, governativo ed emesso in forza del co. 2 del medesimo art. 17, dovrebbe applicarsi la norma, contenuta nello stesso co. 3 del citato art. 17 della l. n. 400/1988, che prevede che i regolamenti ministeriali «non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo». Si possono così aprire problemi di conflitto fra le due fonti, in primis per la previsione che il regolamento governativo del 2001 cessi di «avere efficacia»: poiché il d.P.R. n. 123/2001 prevede all’art. 3, co. 3, proprio quelle regole tecniche che sono state emanate nel 2011 con il regolamento n. 44 – che per altro ha fra le sue fonti anche il d.l. 29.12.2009, n. 193 – si avrebbe lo strano caso di una norma regolamentare che fa cessare (una del)le sue fonti. Tutto ciò è stato giustificato con il fatto che tutte le disposizioni del d.P.R. n. 123/2001 sono state ripetute da altre norme, ovvero abrogate, ma in realtà vi sono alcuni diretti contrasti fra le norme, che sarà probabilmente compito dei futuri interpreti sciogliere. La rottura nella tradizionale linea evolutiva del processo telematico, in nuce nel d.l. n. 193/20095, trova, con questa disposizione abrogativa, una chiara manifestazione, ma in effetti già la scelta operata nel d.l. n. 193/2009, di veicolare le comunicazioni processuali tramite la posta elettronica certificata italiana (la cd. PEC) allontanava dalla matrice europea della prima legge Bassanini, dal momento che la nostra posta certificata non è uno standard sovranazionale di comunicazione ed esiste solo in Italia6. Da l l ’ e s ame delle complessive norme del regolamento n. 44/2011 si traggono molteplici segni di questa discontinuità, il principale dei quali è il passaggio da una logica organizzativa dell’informatica in ambito giudiziario, ad un suo utilizzo precipuamente comunicativo, per così dire veicolare nel senso dell’utilizzo per le comunicazioni con i difensori: questa utilità rappresenta senz’altro una delle funzioni del processo telematico, ma non certo la sola, né la principale.
2.1 Le comunicazioni di cancelleria per via telematica
Forse questa nuova linea è anche dovuta alle difficoltà incontrate nello sviluppo del processo civile telematico, che ha avuto una lunga fase sperimentale, per certi versi deludente, su alcune sedi prescelte dal Ministero della giustizia, a partire dal 2001 e fino al 2006: solo dal 2007 è iniziata la applicazione concreta in grandi tribunali7. Tuttavia cè stato un grosso sviluppo a partire dal 2008, quando era entrata in vigore una norma che sostituiva i biglietti di cancelleria e le comunicazioni tradizionali con il sistema di comunicazione del processo civile telematico, stabilendo che per gli avvocati non iscritti al punto d’accesso, che dunque tale comunicazione non potevano ricevere, fosse sufficiente il deposito8. Questa disciplina semplificava il lavoro delle cancellerie che non dovevano più ricorrere agli ufficiali giudiziari per gli avvisi e facilitava i difensori, nonché il processo, per la maggiore facilità e certezza delle comunicazioni: da subito consentì di effettuare centinaia di migliaia di adempimenti ripetitivi con pochi movimenti del mouse oltre a favorire l’inserimento di atti informatici nell’apposito fascicolo, anche nel processo ordinario, mentre fino ad allora le applicazioni erano state precipuamente nelle procedure monitorie. Dal novembre 2011 anche queste comunicazioni dovranno utilizzare il tramite della PEC, nel processo civile, mentre per il processo penale, per il quale si tratta in realtà in massima parte di notificazioni, non esiste alcun decreto che autorizzi il regime di cui al menzionato art. 51, né pare poter esistere per un certo tempo, non essendo approntato un sistema di coordinamento e gestione delle comunicazioni quale è, per il civile, il registro di cancelleria SICID9. Si aggiunge una ulteriore normativa tecnica che definisce le strutture dei file del processo telematico. Infatti questi file di testo, onde consentirne la classificazione e il corretto inserimento nel database dei registri di cancelleria (denominati SICID per il giudizio civile e SIECIC per le esecuzioni civili), sono muniti di una struttura in linguaggio XML10 che consente, per ciascun atto, di veicolare talune informazioni leggibili dai server e che consente la classificazione e il trasporto delle informazioni a ciò necessarie, quali per esempio il codice fiscale delle parti e del difensore (cui è legato l’indirizzo per l’invio delle comunicazioni), l’oggetto della domanda, la somma richiesta, la tipologia di atto. Si tratta della definizione dei cd DTD11 ovvero XSD12 ed anche queste strutture sono stabilite con atti normativi secondari13.
La approvazione delle regole tecniche avvenuta con il d.m. n. 44/2011 ha apportato notevoli modifiche al processo telematico come sino ad oggi praticato, modifiche forse poco visibili all’utente nella trasmissione via PEC anziché tramite punto d’accesso, ma che comportano una notevole rimodulazione dell’attuale processo telematico. Sono introdotte infatti novità organizzative ed anche ordinamentali, di modo che queste norme non possono dirsi soltanto tecniche. Per gli avvocati una delle modifiche più rilevanti è la necessità dell’utilizzo della casella di posta elettronica certificata di cui all’art. 16 del d.l. n. 185/2008 comunicata al Ministero della giustizia tramite il Consiglio dell’ordine di appartenenza e pubblica, cioè aperta anche alla posta non proveniente dagli uffici giudiziari, mentre sino ad oggi le caselle utilizzate erano accessibili solo a questi uffici, tramite i punti di accesso gestiti dagli ordini. Uno degli intenti dichiarati di questo cambiamento è quello di consentire al singolo avvocato di operare direttamente senza la intermediazione di punti d’accesso, i quali continuano per altro ad essere previsti, come facoltativi, dalla nuova normativa: in realtà il sistema appare di una complessità tale da impedire al singolo difensore di organizzarsi per il deposito di atti giudiziari presso gli uffici senza l’intermediazione tecnica del punto d’accesso. Il discorso potrebbe mutare per quanto riguarda la ricezione delle comunicazioni degli uffici, più semplice, ma necessariamente tramite i punti d’accesso devono passare i pagamenti telematici di diritti e, conseguentemente, il rilascio di copie per via telematica14. Sino al settembre 2011 è ancora utilizzato esclusivamente il modello precedente di processo telematico, quello disegnato dal d.P.R. n. 123/2001, basato su caselle mail dedicate al processo, gestite da punti di accesso, in forza di norma transitoria valido fino al 18.11.2011. Sino al settembre 2011 vi sono stati solo utilizzi sperimentali della PEC e del principale strumento di comunicazione previsto dalla nuova normativa e cioè il portale dei servizi telematici, di cui all’art. 6 delle nuove regole tecniche: si tratta di un sito destinato a mettere a disposizione dei soggetti processuali notizie e informazioni sui processi, in particolare i documenti processuali contenenti dati sensibili15, per i quali il biglietto di cancelleria non conterrà direttamente l’atto del giudice, oppure eccedenti la misura prevista16. Per altro, le regole tecniche fanno di questo portale anche uno strumento di divulgazione verso soggetti vari, anche estranei al processo, di documentazione, giurisprudenza ed anche «informazioni essenziali sullo stato dei procedimenti pendenti, che vengono rese disponibili in forma anonima»17. Questa apertura verso utenti non qualificati come difensori è una delle novità, più sostanziale che tecnica, di questo regolamento, che pare intendere la informatizzazione non più solo come organizzazione del processo, rivolta alle parti e segnatamente ai difensori, ma anche come strumento di accesso delle parti, senza il tramite del difensore, ed anche, come visto, di terzi, alle informazioni sui processi, pur se in forma anonimizzata, il che ne diminuisce sicuramente la utilità18. La norma transitoria delle regole tecniche stabilisce la utilizzabilità del precedente sistema di indirizzi sino a sei mesi dalla entrata in vigore, dunque sino al 18 novembre 2011; per allora, oltre all’approntamento del gestore di posta certificata e del portale dei servizi telematici, è necessario venga predisposto il nuovo Reginde (Registro generale degli indirizzi elettronici) di cui all’art. 7 delle nuove regole tecniche destinato a contenere «i dati identificativi e l’indirizzo di posta elettronica certificata dei soggetti abilitati esterni di cui al comma 3 e degli utenti privati di cui al comma 4» vale a dire difensori, consulenti, ma anche altri soggetti non appartenenti al processo, definiti genericamente «utenti privati», di non facile identificazione. Problematico è il rapporto fra l’indirizzo del difensore iscritto nel Reginde, l’unico utilizzabile per le comunicazioni, e l’art. 125 c.p.c. come novellato dalla l. n. 148/2011: se l’indirizzo indicato nell’atto e quello del Reginde coincidono, nulla quaestio, ma se differiscono l’indirizzo indicato negli atti è comunque inutilizzabile, perché la norma sulle comunicazioni (art. 136, co. 3, c.p.c.) impone il rispetto della normativa regolamentare e questa a sua volta di utilizzare il Reginde. In tal senso la novella pare di modesta utilità, se non quella di generare, in caso di omissione, un aumento dei diritti di cancelleria19. Il nuovo regolamento ha un atteggiamento più rigoristico della precedente normativa verso il difensore, inserendo adempimenti ignoti al processo cartaceo e deteriori rispetto a questo, quali quello della notifica ai difensori delle controparti via posta elettronica certificata delle memorie depositate20, e quello dei termini differiti di validità dei depositi21. Anche la novella dell’art. 136 di cui alla l. n. 148/2011, che aggiunge un quarto comma, rende obbligatorio per le parti che effettuano comunicazioni l’utilizzo della posta certificata o del fax, quando il terzo comma prevede che le comunicazioni, evidentemente diverse da quelle del quarto comma recentemente aggiunto, «possono» esser fatte con questi mezzi: si lascia così agli uffici una scelta fra il telematico e il cartaceo, a volte più comodo, che le parti non hanno più22. Colpiscono, infine, due disposizioni, la prima che limita la possibilità di ripetizione dell’atto depositato e pare voler incidere anche sulla possibilità di rimissione in termini ex art. 153, co. 2, c.p.c., la seconda che pone a carico del difensore i malfunzionamenti, quand’anche a lui non imputabili, della posta elettronica. L’art. 13, co. 4, di questo nuovo regolamento dice infatti che «Fuori del caso di rifiuto per omessa sottoscrizione, il rigetto del deposito da parte dell’ufficio non impedisce il successivo deposito entro i termini assegnati o previsti dal codice di procedura civile »: la norma potrebbe voler dire una ovvietà e cioè che fino a che il termine è pendente si può ridepositare l’atto, ma, se si esclude trattarsi di tale pleonasmo, vorrebbe dire che scaduti i termini non c’è più alcuna possibilità, cioè che non si può far ricorso alla rimissione in termini, anche se la parte sia incorsa in decadenza per fatto a lei non imputabile, con contrasto con l’art. 153, co. 2, c.p.c., il che sarebbe chiaramente deteriore rispetto a chi utilizzi il deposito cartaceo. Non è inoltre assolutamente chiaro il motivo per cui nel caso di omessa sottoscrizione il regolamento debba impedire un nuovo deposito, anche quando i termini siano ancora aperti. La seconda questione riguarda l’art. 16, co. 4, del regolamento del 2011, che ribalta a carico dell’utenza il malfunzionamento della posta elettronica, stabilendo che «nel caso in cui viene generato un avviso di mancata consegna previsto dalle regole tecniche della posta elettronica certificata»23 «si procede ai sensi dell’art. 51 comma 3 del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112 e successive modificazioni». Il difensore non ha quindi più la certezza che quel che non ha nella casella mail non gli sia stato comunicato, perché non può conoscere se vi sia stato qualche malfunzionamento che abbia impedito il recapito: ciò potrebbe generare una perniciosa moltiplicazione delle visite in cancelleria per appurare se qualche comunicazione di cancelleria non abbia ricevuto avviso di mancata consegna e non sia, perciò, giacente negli uffici giudiziari. Si evidenzia da ciò la attenzione più per la attività telematica di comunicazione dagli uffici giudiziari al difensore, che viene in certi casi sostituita dal semplice deposito, rispetto a quello di senso inverso, che viene, come visto, ostacolata da comunicazioni ulteriori alle controparti, limitata negli orari, afflitta da preclusioni. Infine in questo regolamento deve essere notata la peculiarità della modalità prevista per la «notificazione per via telematica» degli atti, contemplata dall’art. 17 per i due riti, civile e penale. In realtà la norma descrive una notifica che solo in via opzionale è telematica perché si prevede che l’atto venga inviato via posta certificata all’ufficio UNEP, il quale può a sua volta inviare l’atto via PEC al notificando, oppure procedere nei modi tradizionali24. La necessaria intermediazione dell’ufficio UNEP nella notifica elimina la innovazione e semplificazione prevista dal codice dell’amministrazione digitale (d.lgs. 7.3.2005, n. 82), che all’art. 4825 prevede, invece, che tramite la posta certificata il privato possa ottenere la conoscenza legale della notificazione, nei casi in cui questa può esser fatta via posta. Vi è dunque un contrasto fra la norma regolamentare, che prescrive nel processo una sorta di necessaria intermediazione dell’ufficio UNEP per le notifiche per via telematica con l’utilizzo di posta certificata e la norma di legge generale che stabilisce il valore di notificazione dei messaggi di posta certificata diretti dei privati. Vi è dunque motivo di disapplicazione della norma regolamentare, che del resto ignora uno dei principali valori della posta certificata e cioè la certezza e la non ripudiabilità del messaggio da parte del ricevente, introducendo, in luogo della semplicità e immediatezza, un triplo passaggio fra notificante, ufficio UNEP e notificato e poi ancora al notificante, che reintroduce nel processo le attuali carenze, quindi lentezze, delle strutture di questi uffici. Questo contrasto con il codice della amministrazione digitale, che invece il regolamento n. 44/2011 e la norma che lo sorregge, l’art. 4 del d.l. n. 193/2009, dichiarano di voler attuare26, per altro è rintracciabile anche nel codice di procedura civile all’art. 149 bis c.p.c. che, introdotto da quella stessa norma del 2009, prevede il necessario intervento dell’ufficio UNEP, così frustrando l’intento semplificatorio dell’art. 48 del codice dell’amministrazione digitale. Ancora privilegiando le comunicazioni degli uffici ai difensori, l’art. 17 del regolamento n. 44/2011 stabilisce che questa notificazione via posta certificata indiretta avvenga «Al di fuori dei casi previsti dall’articolo 51, del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni», cioè per le notificazioni degli uffici nei quali sia stato emesso decreto del Ministero della giustizia che consenta le comunicazioni esclusivamente telematiche ai difensori. In forza di questa eccezione dunque per le sole notifiche degli uffici giudiziari per i quali sia intervenuto il detto decreto e per i soli casi contemplati nell’art. 51 ora citato, ritorna la disciplina del codice dell’amministrazione digitale, che consente la notifica diretta via posta certificata, invece di quella dell’art. 17 che, si ricorda, prescrive che «le richieste telematiche di un’attività di notificazione da parte di un ufficio giudiziario sono inoltrate al sistema informatico dell’UNEP».
3.1 La situazione attuale
Le novità del 2011, cioè la adozione della posta certificata e il regolamento n. 44, generano un qualche grado di incertezza in una evoluzione del processo che stava iniziando a impiegare l’informatica per un buon numero di atti, principalmente procedure monitorie e comunicazioni, ma anche le esecuzioni civili, memorie, sentenze, ordinanze e i verbali di causa. È stato completato nel 2011 l’inserimento dei registri di cancelleria civili informatizzati di merito (SICID) e delle esecuzioni (SIECIC), presso quasi tutti gli uffici giudiziari italiani; essi costituiscono la base-dati per lo scambio e la classificazione delle informazioni processuali. Con questi registri informatizzati di cancelleria, che raccolgono anche indirizzi dei difensori e testi, si è iniziato a realizzare un luogo informatico di raccolta, consultazione e scambio della ‘sapienza’ processuale. Un sistema cioè di conservazione, catalogazione e indicizzazione delle informazioni necessarie al processo ed anche dei suoi atti, redatti secondo un alfabeto nuovo, il testo informatico, che consente utilità in buona parte ancora da immaginare: le banche dati delle decisioni, la connessione (link) fra atti e documenti e fra più testi del processo, la correlazione fra decisioni del giudice e richieste delle parti, il contatto con il pubblico, l’accesso alle informazioni, la pubblicità delle vendite, il rilascio di copie, le notifiche e i pagamenti on line sono solo esempi dei possibili sviluppi. Sfruttando le utilità dei nuovi registri di cancelleria le comunicazioni telematiche e i ricorsi per ingiunzione telematici sono state adottate, assieme alle procedure telematiche per le esecuzioni civili, da un crescente numero di uffici, ma paradossalmente questa estensione ha cagionato una crisi di funzionalità, perché le strutture tecnologiche non hanno tempestivamente seguito questo incremento e si è arrivati a una crisi da sovraccarico dati che, nella primavera 2011, ha significativamente rallentato le attività di comunicazione e deposito atti, fino alla perdita di un numero non irrilevante di queste. Ciò ha comportato una certa perdita di fiducia da parte dell’utenza, in particolare per i primi utilizzi del processo telematico per il deposito di memorie, per i quali la presenza di termini perentori necessita una completa affidabilità del sistema. I malfunzionamenti tecnici sono in realtà collegati anche alle novità legislative, perché la sterzata che il legislatore ha ‘inflitto’ al processo telematico ha forzato un mutamento strutturale, proprio nel momento in cui il sistema si andava consolidando: le risorse, umane e finanziarie, necessarie al mutamento descritto dalle nuove regole tecniche sono in realtà sottratte al rafforzamento della struttura tecnologica esistente, un rafforzamento particolarmente necessario nel momento di crescita dei volumi di dati: requisito fondamentale per la sicurezza e la crescita dei sistemi informatici è la ridondanza delle risorse disponibili. Nonostante le incertezze tecniche e legislative e gli inconvenienti occorsi, i numeri del processo civile telematico sono ancora in crescita e ciò conferma la fiducia nell’informatica come strumento della organizzazione giudiziaria27. Si prevedono per altro a breve auspicabili evoluzioni e miglioramenti della disciplina regolamentare, anche per la previsione dell’art. 36 secondo il quale «le regole tecnico-operative sono adeguate all’evoluzione scientifica e tecnologica, con cadenza almeno biennale».
3.2 Giurisprudenza e organizzazione
La giurisprudenza sul processo telematico è ancora soltanto di merito: essendo iniziata una significativa produzione di atti giudiziari telematici solo nel 2008, ancora non vi sono pronunce di Cassazione. Per lo più si tratta di decisioni inerenti la procedura monitoria, poiché la maggiore applicazione del processo civile telematico è attualmente su questi procedimenti; la giurisprudenza è per lo più milanese, perché in questo Tribunale è stata emessa la massima parte dei decreti ingiuntivi per via telematica sino ad oggi. I maggiori dubbi iniziali, che vertevano sulla procura e sulle modalità di allegazione, sono stati fugati da due ordinanze del Tribunale di Milano, le quali spiegavano quali fossero le modalità normative previste dal d.P.R. n. 123/2001 e dalle regole tecniche allora vigenti per la produzione ed allegazione al ricorso della procura, o meglio della sua immagine scansionata. Difatti la procura conferita su supporto cartaceo non può venir allegata al ricorso trasmesso per via telematica, bensì ne viene allegata una sua immagine, secondo modalità del resto poi trasposte nel codice di rito nel 2009 (l. 18.7.2009, n. 69) all’art. 83 c.p.c.28. Altra questione è stata sollevata circa la notifica all’ingiunto della procura, solitamente rilasciata in calce, unitamente al ricorso e al provvedimento emanato, sostenendosi che l’ingiunto avrebbe diritto a conoscere la procura che, nel caso di decreto telematico, è su foglio conservato presso il difensore e viene inviata solo una scansione, come appena detto. Con sentenza 14.1.2010 del Tribunale di Milano29 è stato negato che vi sia un diritto dell’ingiunto ad ottenere la notifica (anche) della procura, sulla base della assenza di norme che stabiliscano il diritto al controllo della procura prima della instaurazione della causa di opposizione e sulla base della equiparazione del documento informatico agli effetti di legge di cui all’art. 20 del codice dell’amministrazione digitale; pertanto la procura prodotta come copia informatica dell’originale cartaceo doveva considerarsi sufficiente alla luce della norma speciale (l’art. 10 d.P.R. n. 123/2001). Poiché il processo telematico è anche un sistema di comunicazioni, vi sono poi questioni sulla conoscibilità e sul rispetto dei termini, che sono state risolte con provvedimenti ordinatori, spesso poco o nulla motivati, come tali rimasti inediti. Soprattutto in momenti di crisi tecnologica, legata alla disponibilità di risorse, quale è stata la prima metà dell’anno 2011 per il processo telematico, i processi hanno dovuto confrontarsi con le inefficienze che ritardavano di giorni e a volte impedivano del tutto la ricezione delle comunicazioni. Per lo più si è trattato di provvedimenti di rimissione in termini per attività compiute oltre la scadenza in relazione alla tardiva ricezione dell’avviso del termine iniziale, ovvero per atti inviati e recapitati o ricevuti tardivamente: i giudici in questo caso hanno fatto generalmente largo uso dell’art. 153, co. 2, c.p.c., rimettendo in termini le parti. In taluni casi il malfunzionamento dei server30 è stato oggetto di provvedimenti o comunicazioni formali, il che ovviamente rappresenta un punto fermo nella discussione tra le parti circa la non imputabilità della causa di decadenza, presupposto della rimessione in termini31. Altre volte, per il verificarsi di inconvenienti che impedivano la visibilità dei file trasmessi o di particolari di essi, quali la menzione della firma digitale, sono stati presi provvedimenti quali la comunicazione del file integrale da parte della Cancelleria, ovvero la comunicazione in cartaceo dei file trasmessi per via telematica, ovvero sono state richieste certificazioni su fatti che, registrati nel sistema informatico, il giudice non può conoscere direttamente, ad esempio la ricevuta di avvenuta consegna degli avvisi di cancelleria. Tutto ciò evidenzia come il processo telematico sia questione organizzativa, in grado di aiutare gli uffici, ma che deve essere inserito in un quadro di collaborazione fra le cancellerie, i giudici e gli avvocati, che spesso prescinde da norme giuridiche e si basa su prassi che comunque agevolano lo svolgimento del processo; a volte sono stati concordati modelli di redazione. E queste prassi concordate sono state riconosciute anche dalla Cassazione che, in materia di comunicazioni via posta elettronica ordinaria, dunque né certificata né inserita nel quadro normativo del processo telematico, aveva aperto decisamente a orientamenti sostanzialistici e volontaristici in tema di comunicazioni, dando rilievo, a proposito dell’art. 136 c.p.c., alla «conoscenza del provvedimento acquisita per altra via», cioè via mail ordinaria quando questa fosse accettata dal procuratore nella forma equipollente. In quel caso la comunicazione era avvenuta ad un indirizzo mail che il difensore aveva comunicato all’Ordine degli avvocati in forza di quanto previsto da un accordo intervenuto fra la Corte d’appello e il Consiglio dell’ordine di appartenenza; la Corte di cassazione ha dunque ritenuto di dare rilievo alla prassi concordata e alla risposta data, non in automatico, alla semplice mail inviata dalla cancelleria, che garantiva certezza, commentando che «la procedura di comunicazione seguita risulta pertanto corretta sulla semplice base co dicistica, e, con ogni evidenza, volta a realizzare l’obiettivo di cui all’art. 111 Cost., comma 2, inserito dalla legge costituzionale 23 novembre 1992 n. 2»32. Per la risoluzione dei problemi del processo telematico e per concordare queste prassi sono nate, in pressochè tutte le sedi giudiziarie ove il processo telematico si utilizza, forme di coordinamento, temporanee per la fase iniziale, o anche permanenti, considerando l’informatizzazione un work in progress durevole, e questi organismi hanno creato documentazione utile per le nuove prassi comunicative e documentali33. Al di là dunque delle norme giuridiche, il valore del processo telematico è stato quello di contribuire alla creazione di una polis, una piazza processuale nella quale siano concordate, ferme le regole generali, le prassi per una organizzazione condivisa degli uffici giudiziari, in continua evoluzione sulla spinta degli stessi operatori, una piazza nella quale la scrittura dei provvedimenti con l’alfabeto dell’informatica apre orizzonti nuovi alla circolazione, quindi conoscenza e formulazione, dei principi giuridici affermati dalla giurisprudenza.
1 In precedenza l’art. 37, lett. q), d.l. 6.7.2011, n. 98 (convertito con l. 15.7.2011, n. 11), aveva modificato il testo unico sulle spese di giustizia (d.P.R. del 30.5.2002, n. 115) aggiungendo un co. 3 bis all’art. 13, che stabiliva un aumento del 50 % del contributo unificato da versare «ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio numero di fax ai sensi degli articoli 125, primo comma, del codice di procedura civile e 16, comma 1-bis, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546»: oggi, a posteriori, è stato così introdotto nell’art. 125 c.p.c. l’obbligo di indicare fax e casella di posta.
2 L’art. 4 del d.l. 28.12.2009, n. 193 recita: «Con uno o più decreti del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, sentito il Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione e il Garante per la protezione dei dati personali, adottati, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono individuate le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni». La conversione è avvenuta con l. 22.2.2010, n. 24.
3 La data cui si riferisce la norma erano i 30 giorni dalla pubblicazione, quindi il 18 maggio 2011, salva la ultrattività stabilita nell’art. 35, co. 2, dello stesso regolamento secondo il quale «L’indirizzo elettronico già previsto dal decreto del Ministro della Giustizia, 17 luglio 2008 recante Regole tecnico-operative per l’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile è utilizzabile per un periodo transitorio non superiore a sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto», per cui sino al 18 novembre le comunicazioni possono esser fatte all’indirizzo della casella di cui all’art. 11 delle precedenti regole tecniche di cui al d.m. 17.7.2008, la cd. CPECPT, nei modi della precedente normativa, oggi cessata.
4 Cfr. art. 9 del regolamento n. 44/2011 che al comma 1 prevede l’inserimento nel fascicolo informatico della copia informatica di tutti gli atti e documenti presenti nel fascicolo cartaceo, mediante scansione a cura della cancelleria, mentre gli artt. 12 e 13 del d.P.R. n. 123/2001 prevedevano che ciò avvenisse «sempre che l’operazione non sia eccessivamente onerosa» e che «è eccessivamente onerosa l’estrazione della copia informatica di documenti probatori prodotti o acquisiti su supporto cartaceo, ai fini dell’inserimento nel fascicolo informatico da parte della cancelleria, quando il formato del documento da copiare è diverso da quelli indicati con il decreto di cui all’articolo 3, comma 3, ovvero se il numero delle pagine da copiare è superiore a venti».
5 Questo nuovo indirizzo si apre con l’art. 4 del d.l. n. 193/2009, convertito nella l. 22.2.2010, n. 24, che delegava il Ministro della giustizia per la emanazione di regole tecniche per la adozione della telematica e dei principi del codice della amministrazione digitale (c.a.d.) nel processo civile e penale. Laddove il penale è la novità, unitamente alla elezione della Posta elettronica certificata (PEC) quale esclusivo tramite delle comunicazioni.
6 La PEC è prevista dal regolamento dettato con d.P.R. 11.2.2005, n. 68, esecutivo dell’art. 27 l. 16.1.2003, n. 3 e non era utilizzabile nel processo in forza della previsione dell’art. 16, co. 4, di tale regolamento che recita «Le disposizioni di cui al presente regolamento non si applicano all’uso degli strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo penale, nel processo amministrativo, nel processo tributario e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti, per i quali restano ferme le specifiche disposizioni normative», norma probabilmente abrogata per contrasto dall’art. 4 d.l. n. 193/2009.
7 La prima procedura monitoria esclusivamente telematica a valore legale è dell’11.12.2006 a Milano. Lo sviluppo si è tuttavia potuto avere solo nel 2008 con la introduzione di registri di cancelleria distrettuali basati su versioni più moderne di database Oracle, i registri SICID, con nuovo programma Client, la cd. ‘Consolle multifunzione del magistrato’, scritta in Java.
8 Si tratta del d.l. 25.6.2008, n. 112 convertito con l. 6.8.2008, n. 133, che all’art. 51 prevedeva al co. 1 che «1. A decorrere dalla data fissata con uno o più decreti del Ministro della giustizia, le notificazioni e comunicazioni di cui al primo comma dell’articolo 170 del codice di procedura civile, la notificazione di cui al primo comma dell’articolo 192 del codice di procedura civile e ogni altra comunicazione al consulente sono effettuate per via telematica all’indirizzo elettronico comunicato ai sensi dell’articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001, n. 123, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, relativa al processo telematico, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici» e soprattutto al co. 3 prevedeva che «A decorrere dalla data fissata ai sensi del comma 1, le notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento alla parte costituita e al consulente che non hanno comunicato l’indirizzo elettronico di cui al medesimo comma, sono fatte presso la cancelleria». Oggi la normativa è cambiata per effetto dell’art. 4 del d.l. n. 193/2009, convertito con l. 22.2.2010, n. 24 che prevede che le comunicazioni vengano effettuate via posta certificata e non al punto d’accesso ed estende questa disciplina al processo penale. Il primo di questi decreti, emesso per il Tribunale di Milano, è entrato in vigore il 1° giugno 2009. Per un elenco aggiornato sugli uffici per i quali è stato emesso un decreto ex art. 51 d.l. 112/2008 si consulti www.processotelematico. giustizia.it.
9 Nel penale i registri informatizzati sono di quattro differenti tipi e nella maggior parte obsoleti, scritti in un linguaggio, Clipper, risalente agli anni ’90. A differenza di Oracle, adottato per i registri civili, questo sistema non pare in grado di raggiungere un soddisfacente livello di efficienza e utilizzabilità, almeno nel breve o medio periodo.
10 ‘eXtensible Markup Language’, ovvero «Linguaggio di marcatura estensibile», metalinguaggio gestito da un consorzio (World Wide Web Consortium) utilizzato nel contesto web, ma anche nella gestione, come nel caso di specie per scambio di informazioni tra sistemi diversi e definizione, quindi, come nel caso del PCT, della struttura di documenti, perché utile alla definizione di formati di dati.
11 Document Type Definition, definizione del tipo di documento XML che costituisce la struttura informativa dei file.
12 Xml Schema Definition, schema di descrizione del contenuto di questi file XML che costituiscono questa struttura informativa dei file.
13 La gran parte della normativa di seguito elencata è disponibile sul sito www.giustizia.it all’indirizzo www.processotelematico.giustizia.it.
14 Per altro, solo in sporadici casi è stato realizzato ad oggi il pagamento telematico dei diritti di cancelleria, mentre il rilascio delle copie informatiche ancora non è stato realizzato.
15 La previsione in tal senso dell’art. 16, co. 6, del regolamento 44/2011 non trova tuttavia nelle specifiche tecniche l’indicazione di quali siano i dati sensibili che rendono i documenti non comunicabili direttamente, per i quali viene inviato il solo avviso di disponibilità nel portale dei servizi
16 Le specifiche tecniche elevano da 10 a 30 mb le dimensioni delle buste telematiche, tuttavia queste dimensioni appaiono tecnicamente difficilmente compatibili con i protocolli utilizzati dalla posta elettronica (protocolli POP e IMAP). Vi è contrasto fra l’art. 6 e l’art. 13, co. 8, del regolamento n. 44/2011: la prima disposizione dice che «Il portale dei servizi telematici mette a disposizione dei soggetti abilitati e degli utenti privati, in un’apposita area, i documenti che contengono dati sensibili oppure che eccedono le dimensioni del messaggio di posta elettronica certificata di cui all’articolo 13, co. 8», ma quest’ultima disposizione dice invece che i messaggi eccedenti le misure verranno rifiutati: «La dimensione massima del messaggio è stabilita nelle specifiche tecniche di cui all’articolo 34. Se il messaggio eccede tale dimensione, il gestore dei servizi telematici genera e invia automaticamente al mittente un messaggio di errore, contenente l’avviso del rifiuto del messaggio, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34».
17 Cfr. art. 6 del regolamento n. 44/2011, nonché l’art. 6 delle specifiche tecniche, che per altro non chiariscono quali informazione saranno rese disponibili.
18 Anche qui è rinvenibile un contrasto con il d.P.R. n. 123/2001: l’art. 3, co. 2, a tenore del quale «al sistema informatico civile possono accedere attivamente soltanto i difensori delle parti e gli ufficiali giudiziari» e non altri soggetti. .
19 Cfr. supra, nt. 1.
20 L’art. 13, co. 4, del regolamento n. 44/2011 stabilisce che «Ai fini della comunicazione prevista dall’articolo 170, quarto comma, del codice di procedura civile, la parte che procede al deposito invia ai procuratori delle parti costituite copia informatica dell’atto e dei documenti allegati con le modalità previste dall’articolo 18 del presente decreto» con l’onere di vidimazione da parte del Consiglio dell’ordine ai sensi dell’art. 4 l. 21.1.1994, n. 53 esplicitamente previsto dall’art. 18 richiamato. Una vidimazione che non è chiaro come possa avvenire su un file informatico. Il deposito della memoria cartacea da parte del difensore non comporta, invece, alcun ulteriore adempimento verso le controparti.
21 Art 13, co. 3, stabilisce che «la ricevuta di avvenuta consegna attesta, altresì, l’avvenuto deposito dell’atto o del documento presso l’ufficio giudiziario competente. Quando la ricevuta è rilasciata dopo le ore 14 il deposito si considera effettuato il giorno feriale immediatamente successivo».
22 Non è per altro chiaro quali siano nel processo civile le comunicazioni fra le parti cui la norma allude.
23 Cfr. art. 16, co. 4, secondo periodo, regolamento n. 44/2011.
24 Cfr. art. 17, co. 6, del regolamento n. 44/2011, che, dopo aver descritto i modi con cui l’ufficio UNEP effettua la notifica telematica, recita che «L’ufficiale giudiziario, se non procede alla notificazione per via telematica, effettua la copia cartacea del documento informatico, attestandone la conformità all’originale, e provvede a notificare la copia stessa nei modi di cui agli articoli 138 e seguenti del codice di procedura civile». Si noti che pur riguardando la norma anche il rito penale l’ufficio UNEP dovrebbe provvedere esclusivamente secondo il rito civile: lapsus calami?
25 Il cd. CAD di cui al d.lgs. 7.3.2005, n. 82 oggi modificato ed integrato dal d.lgs. 30.12.2010, n. 235 recita: «art. 48. Posta elettronica certificata. 1. La trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, o mediante altre soluzioni tecnologiche individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito DigitPA. 2. La trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata ai sensi del comma 1, equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta».
26 Secondo il co. 1 dell’art. 4 del d.l. n. 193/2009 queste regole tecniche avrebbero dovuto adottarsi «per la adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7.3.2005 n. 82».
27 Per dati sui flussi del processo telematico al 30.6.2011 si consulti www.processotelematico.giustizia. it.
28 Le ordinanze che hanno deciso la questione sono Trib. Milano, 30.1.2008, dott. Amina Simonetti, e 23.2.2008, dott. Alessandra Dal Moro, entrambe leggibili sul sito internet dell’Ordine degli avvocati di Milano www.ordineavvocatimilano. it.
29 In www.ilcaso.it.
30 Lavori di adeguamento o manutenzione sui server del gestore centrale ovvero distrettuali impongono giornate di chiusura dei servizi, il che accade per circa due giorni al mese di media, attualmente. Vi sono stati anche inconvenienti che hanno comportato fermi più lunghi, con interruzione della attività di comunicazione da e verso i tribunali e, a volte, perdita dei messaggi inviati.
31 Per esempio si veda il provvedimento 2.12.2010 sui malfunzionamenti del 27, 29 e 30 novembre 2010 del gestore centrale, nel quale la Presidenza del Tribunale di Milano nel dare atto della mancata risoluzione al momento del provvedimento pregava «i magistrati di tenere conto di ciò al fine della valutazione della rimissione in termini vista la situazione straordinaria verificatasi». Il provvedimento è rintracciabile nelle news del sito wwww.ordineavvocatimilano. it.
32 Si tratta della sentenza Cass., sez. lav., 19.2.2008, n. 4061, in Dir. prat. soc., 2008, fasc. 7, 90. La decisione richiama, tra l’altro, il principio della l. 59 del 15.3.1997, la cd. Bassanini 1 per cui «gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici o telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione trasmissione con strumenti informatici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge» ritenendolo principio generale; richiama inoltre il regolamento n. 123/2001, facendo leva sull’aspetto della accettazione e della conoscenza effettiva per superare il fatto che si trattasse di mail ordinaria. Il principio di diritto enunciato nel caso è stato «È valida la comunicazione di cancelleria ex art. 136 c.p.c. effettuata per e-mail all’indirizzo elettronico comunicato dal difensore al proprio Consiglio dell’ordine e da questi alla Corte d’appello competente, a norma del d.P.R.13.2.2001, n. 123, artt. 2, 4, 6, del quale il destinatario ha dato risposta per ricevuta non in automatico, documentata dalla relativa stampa cartacea».
33 La denominazione è varia, a Milano e Firenze il nome è ‘commissione mista’, in altre sedi ‘laboratorio’, ‘cantiere’, utilizzato soprattutto per le esecuzioni civili, a Rimini si parla di ‘tavolo tecnico’; per quanto riguarda esempi di elaborazioni si può vedere il sito dell’ordine degli avvocati di Rimini www.avvocati.rimini.it o quello del Tribunale di Milano già citato.