Vedi Organizzazione Mondiale del Commercio [WTO] dell'anno: 2015 - 2016
Organizzazione Mondiale del Commercio [WTO]
L’obbiettivo di questa sezione è di dar conto, brevemente, dell’attività dell’Organizzazione mondiale del commercio (World Trade Organization-WTO) nel periodo ottobre 2014 - settembre 2015.
Il 22 giugno 2015, il Kazakistan è diventato il 162esimo paese membro del WTO.
Nel luglio 2015 è stato pubblicato il rapporto annuale dell’Organo d’appello del WTO da cui emerge che nel 2014 sono stati circolati otto rapporti di detto Organo portando cosi a 127 il numero degli atti adottati dal Dispute Settlement Body.
Continua, nel 2015, il deposito delle ratifiche (18 al settembre 2015) del Trade Facilitation Agreement (TFA) dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, concluso nel 2013 a seguito della Conferenza ministeriale di Bali. Una volta in vigore, quest’accordo creerà impegni vincolanti per accelerare lo spostamento, la consegna e lo sdoganamento delle merci; migliorare la cooperazione tra i Membri del WTO in materia doganale, ed aiutare i paesi in via di sviluppo ad attuare pienamente l’accordo.
Si segnala, inter alia, un Rapporto del Panel del 17.11.20141, United States Antidumping measures on certain frozen Warmwater Shrimp from Vietnam, concernente prevalentemente l’interpretazione dell’Accordo sulle misure antidumping.
Un ulteriore rapport del Panel, del 27.11.20142, nel caso Perù-Additional duty on imports of certain agricultural products ha precisato la sfera di applicazione dell’Accordo sull’agricoltura, dell’accesso al mercato, della clausola standstill, nonché della valutazione delle merci in dogana.
Il 13.2.2015, un altro Panel WTO ha constatato l’illiceità dei dazi antidumping imposti dalla Cina sulle importazioni europee e giapponesi di tubi di acciaio inossidabile in quanto contrarie alle norme WTO in materia. Qui, in estrema sintesi, si è trattato di un contenzioso in materia di antidumping (DS454, DS460: China - Measures Imposing Anti-Dumping Duties on High-Performance Stainless Steel Seamless Tubes (“HP-SSST”) from Japan) che ha riguardato taluni tubi senza saldatura ad alte prestazioni in acciaio inox prodotti nell’UE e in Giappone.
La Cina aveva allora imposto dazi antidumping definitivi su quei prodotti nel mese di novembre 2012, come misura ritorsiva unilaterale a seguito dell’avvio di un’inchiesta dell’UE su prodotti simili importati dalla Cina nel mese di giugno 2011.
Il Panel WTO ha rilevato che le misure adottate dal governo cinese non erano conformi ai metodi prescritti dall’Organizzazione relativamente al calcolo dei margini di dumping, causando perciò un danno ai produttori-esportatori dell’UE e del Giappone. Lo stesso Panel ha altresì rilevato che la Cina non era riuscita a dimostrare che i tubi importati dall’UE arrecavano pregiudizio all’industria nazionale cinese. Infine, si è rilevato che il procedimento antidumping cinese non rispettava nemmeno i requisiti stabiliti dalla WTO in materia di giusto processo e di trasparenza. Le conclusioni del rapporto del Panel sono pertanto di importanza sistemica, perché evidenziano alcune carenze strutturali nelle inchieste di difesa commerciale effettuate da parte dell’Autorità nazionale cinese (MOFCOM).
Il 18.12.2014, l’Organo d’appello della WTO ha presentato il suo rapporto sul caso “United States Countervailing Duty Measures on Certain Products from China”3.
Questa pronuncia precisa la definizione dei sussidi e delle misure compensative sotto il profilo soggettivo nonché quella di “giurisdizione” dell’autorità concedente le sovvenzioni.
Con riguardo all’esistenza di un programma di sovvenzioni non scritto l’Organo d’appello della WTO ha modificato le conclusioni del Panel secondo il quale lo US Department of Commerce (USDOC) aveva agito in modo incompatibile con gli obblighi esistenti in capo agli Stati Uniti ai sensi dell’art. 2.1 dell’Accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative. Ha rilevato infatti che il riferimento all’”utilizzo di un programma di sovvenzioni” di cui all’art. 2.1 di detto Accordo implicava l’esame delle circostanze in base alle quali le sovvenzioni erano state accordate a taluni beneficiari conformemente ad un piano prestabilito. Pertanto, l’Organo d’appello ha concluso che l’esistenza di un piano di sovvenzioni non scritto può ricavarsi, inter alia, da una serie di atti sistematici in virtù dei quali, come nel caso di specie, talune imprese risultano in concreto destinatarie di contributi finanziari.
L’Organo d’appello ha inoltre indicato che l’identificazione della “giurisdizione dell’autorità concedente le sovvenzioni” presuppone un’analisi globale del contesto, un’analisi non necessariamente focalizzata sull’”autorità concedente” indipendentemente dalla sua “giurisdizione”. L’Organo d’appello ha dunque rigettato la tesi argomentativa della Cina secondo la quale l’identificazione della giurisdizione dovesse necessariamente essere preceduta dall’identificazione dell’autorità che accorda la sovvenzione. Sottolineando che il concetto di giurisdizione è legato all’autorità concedente le sovvenzioni, l’Organo d’appello ha osservato che un’identificazione corretta della “giurisdizione dell’autorità concedente” esige un esame congiunto sia dell’”autorità concedente” sia della sua “giurisdizione”. Conseguentemente, l’Organo d’appello ha rigettato l’opposta conclusione del Panel. Il 16.1.2015, l’Organo di soluzione delle controversie ha adottato il rapporto dell’Organo di appello unitamente al rapporto del Panel come modificato dall’Organo d’appello.
In un’altra controversia, del 26.1.20154, l’Organo di soluzione delle controversie WTO ha adottato il rapporto dell’organo d’Appello nel caso “Argentina - Measures Affecting the Importation of Goods”.
Il governo dell’Argentina, risultato soccombente nel contenzioso con l’UE, gli Stati Uniti ed il Giappone ha dovuto perciò alleggerire il suo sistema di controllo delle esportazioni.
L’Organo d’appello del WTO ha confermato il rapporto del gruppo speciale che a settembre si era già pronunciato contro il governo argentino, indicando che dovrà rimuovere gli ostacoli alle importazioni di beni europei, statunitensi e giapponesi. In tale controversia, le parti attrici sostenevano che il Paese sudamericano aveva adottato alcune misure restrittive illegittime tramite le quali quest’ultimo obbligava le imprese che esportavano in Argentina ad importare beni argentini in contropartita: ad esempio, la casa automobilistica Porsche era obbligata ad acquistare vino ed olio d’oliva argentini. Gli Stati Uniti, a propria volta, erano ricorsi al WTO nel 2012 contestando la richiesta di una “Dichiarazione giurata anticipata di importazione” su qualsiasi bene in ingresso in Argentina.
Va ovviamente ricordato, a tale riguardo, che i rapporti del DSB richiedono al Membro “soccombente” di “conformarsi” all’accordo WTO violato, ferma restando la facoltà di quest’ultimo di decidere le modalità di realizzazione di un tale obbligo di risultato.
Il 31.10.2014, l’UE ha notificato al WTO una domanda di consultazioni circa il trattamento tariffario utilizzato dalla Russia per alcune merci di origine UE nei settori agricolo e manifatturiero. In questa nuova querelle, l’UE accusa Mosca di applicare dei dazi doganali risultanti superiori rispetto alle aliquote consolidate che la Russia si é impegnata a non superare al momento del suo ingresso nel WTO nel 2012. Si tratta del riflesso in sede WTO del contenzioso già in atto tra la UE e la Russia insorto a causa dei fatti avvenuti in Crimea ed in Ucraina. La questione appare particolarmente complessa. L’UE ha, per prima, imposto sanzioni contro la Federazione Russa provocando, in un certo qual senso, le misure di ritorsione economica che ora vengono contestate dalla UE presso il WTO. Pertanto, si tratterà di una lunga e non facile controversia. Il 22.6.2015, il Consiglio UE ha esteso le misure restrittive contro la Russia sino al 31.1.2016.
1 WT/DS429/R del 17.11.2014. Tutti gli atti si reperiscono al sito www.wto.org.
2 WT/DS457/R del 27.11.2014.
3 WT/DS437/AB/R del 18.12.2014.
4 WT/DS438/AB/R; WT/DS444/AB/R, WT/DS445/AB/R, del 26.1.2015.