Vedi Organizzazione Mondiale del Commercio [WTO] dell'anno: 2015 - 2016
Organizzazione Mondiale del Commercio [WTO]
L’obiettivo di questa sezione è di dar conto, breviter, dell’attività della Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) nel periodo giugno 2013-settembre 2014.
Nel periodo in esame, l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), diretta dal brasiliano Roberto Azevedo, si è estesa a 160 Membri con l’ammissione dello Yemen. Il 25.11.2013, un europeo, il prof. Peter Van den Bossche, è stato designato presidente dell’Organo d’Appello delWTO per un ulteriore quadriennio.
Il contenzioso WTO si mantiene su una media di circa venti casi all’anno secondo quanto indicato nel rapporto annuale 20141. Nel periodo di riferimento della presente rassegna vanno segnalati, tra gli altri, il rapporto del Panel relativo al contenzioso tra Cina e Stati Uniti sul pollo da carne2; la richiesta di consultazione presentata dalla Danimarca (per conto delle Isole Faroe) contro l’UE nel caso delle aringhe3 e il rapporto dell’Organo d’Appello del WTO circa il contenzioso delle foche di cui si dirà qui d’appresso.
Il regolamento (CE) n. 1007/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16.9.2009 sul commercio dei prodotti derivati dalla foca4, al primo considerando, indica in modo suggestivo che «le foche sono esseri senzienti che possono provare dolore, angoscia, paura e altre forme di sofferenza». Senonché, la legislazione canadese sulla caccia alle foche5 ne regolamenta ed in larga misura ne incentiva l’abbattimento contribuendo in misura significativa alla sofferenza ed all’estinzione di tali mammiferi la cui vita è già minacciata dal riscaldamento climatico.
Per gli stessi motivi si è giunti alla conclusione di una convenzione internazionale per la protezione delle foche nell’Antartico del 19726 e l’UE ha adottato il regolamento n. 1007/2009. All’art. 3 del Reg. de quo si dispone che «l’immissione sul mercato è… autorizzata per i prodotti derivati dalla foca provenienti da sottoprodotti della caccia regolamentata dalla legislazione nazionale e praticata al solo scopo di garantire una gestione sostenibile delle risorse marine.
Tale immissione sul mercato è autorizzata unicamente su basi non lucrative. Il tipo e la quantità di tali prodotti non sono tali da far ritenere che l’immissione sul mercato possa avere finalità commerciali».
Lamentando un’ingiustificata restrizione al commercio, il Canada e, successivamente, la Norvegia assieme ad altri Stati7 hanno chiesto, il 2 dicembre 2009, l’avvio delle consultazioni con la CE (divenuta UE) giacché, a dir loro, il regolamento de quo costituiva una misura non tariffaria vietata dal diritto del WTO.
Un rapporto del Panel del WTO aveva constatato che il regime UE proibitivo – salvo eccezioni – del commercio dei prodotti derivati dalla foca era assimilabile ad un regolamento tecnico, legittimo ai sensi dell’art. 2.2 dell’Accordo sugli ostacoli tecnici al commercio.
Nel contempo, il regolamento de quo non era esente da censure. Poiché tra le eccezioni ammesse vi erano quelle a favore degli Inuit della Groenlandia nonché quelle relative a fini di gestione delle risorse marine, si ravvisava una violazione ingiustificata dell’art. I:1 del GATT 1994, relativo al trattamento della Nazione più favorita. Inoltre, si constatava una violazione dell’art. III:4 del GATT 1994 ossia una violazione dello standard di trattamento nazionale tra prodotti importati e prodotti nazionali similari.
Nemmeno veniva accolta la tesi dell’applicazione dell’art. XX, lett a) che consente una limitazione del commercio tra Stati membri del WTO per motivi di moralità pubblica, proprio a causa delle eccezioni richiamate ovvero la più pertinente eccezione di cui all’art. XX, lett. b) che fa riferimento a misure destinate a proteggere la salute e la vita degli animali.
Pertanto, il 24 gennaio 2014, la Norvegia ed il Canada notificavano al DSB (organo di soluzione delle controversie WTO) la loro decisione, a cui aderiva la UE, di proporre appello contro la decisione del Panel.
Nel suo Rapporto del 22.5.2014, l’Organo d’appello ha respinto le conclusioni raggiunte dal Panel circa l’assimilazione del Regolamento de quo ad un regolamento tecnico ai sensi e per gli effetti dell’Accordo sugli ostacoli tecnici al commercio.
Tuttavia, l’Organo d’Appello ha confermato la tesi per cui le misure adottate dalla UE erano di carattere discriminatorio ai sensi dell’art. I:1 del GATT 1994 in quanto non accordavano “immediatamente e senza condizioni” ai prodotti derivati dalle foche canadesi e norvegesi gli stessi vantaggi in termini di accesso al mercato riconosciuti ai prodotti originari della Groenlandia.
Ciononostante, l’Organo d’Appello ha riconosciuto la fondatezza delle conclusioni raggiunte dal Panel in merito alla qualificazione delle misure della UE nell’ambito di quelle necessarie per la tutela della moralità pubblica ai sensi dell’art. XX, lett. a), GATT 1994. Il che equivale a dire che l’UE ha il diritto di vietare il commercio di prodotti di foca sulla base delle legittime preoccupazioni etiche degli europei in materia di benessere animale.
Non erano però state rispettate le condizioni fissate nel preambolo dell’art. XX precitato e quindi il divieto di utilizzare mezzi di discriminazione arbitraria realizzando una larvata restrizione al commercio internazionale8.
Una peculiare coincidenza fa si che nello stesso periodo si sia pronunciata la Corte internazionale di giustizia (CIG), il 31.3.2014, sul caso della Caccia alla balena nell’Antartico9, condannando il Giappone e chiedendo la cessazione della caccia alle balene nell’Antartico e, dall’altro lato, simili conclusioni di natura ambientalista si siano raggiunte in seno al WTO attraverso il caso delle foche, brevemente esaminato sopra. L’apparente convergenza tra la prassi dei due organismi internazionali non deve però – e purtroppo!
‒ portare a ritenere che si sia instaurato un dialogo filo ambientalista tra le due istituzioni. Il WTO, in particolare, resta un organizzazione intergovernativa fortemente improntata alla liberalizzazione del commercio e, a differenza della CIG, non ha alcuna ambizione di tipo “costituzionale”. Resta comunque apprezzabile la convergenza dei risultati dei due massimi organismi internazionali a riprova che, tramontati i tempi dei self contained regimes, il diritto internazionale svolga il proprio ruolo di “gentle civilizer of Nations”10.
1 V. www.wto.org.
2 WT/DS/427/R del 2.8.2013.
3 WT/DS469, del 4.11.2013. Si tratta di un singolare caso di contenzioso WTO endocomunitario.
4 V. www.eur-lex.europa.eu
5 Cfr. www.lois-laws.justice.gc.ca.
6 V. www.ats.aq.
7 Cina, Colombia, Stati Uniti, Islanda, Giappone, Messico, Norvegia, Argentina, Ecuador e la Federazione russa.
8 In argomento v. Picone, P.-Ligustro, A., Diritto dell’Organizzazione mondiale del commercio, Padova, 2002, 321 ss., nonché Carreau,D.-Juillard, P., Droit International économique, 5 ed., Paris, 2013, 289 ss. ove riferimenti.
9 CIG, 31.3.2014, Australia c. Giappone , sentenza sulla caccia alle balene nell’antartico, in www.icj-cij.org.
10 Il riferimento è al classico libro di Koskenniemi, M., The gentle civilizer of Nations. The rise and fall of International Law 1860-1960, Cambridge, 2004, senza però condividerne le conclusioni.