orgoglio
La parola ha incontrato la sua maggiore fortuna nella lirica amorosa, specializzata a indicare il disdegno amoroso, l'alterezza inaccessibile della donna verso l'amante (in qualche codice la forma dissimilata ‛ argoglio ', v.). ‛ Prendere, menare o. ' sono, formule consuete di questa maniera di significare l'amore non corrisposto presso i rimatori siciliani e toscani fino a Cino da Pistoia (cfr. Dante da Maiano Ben veggio, Amore 3 " ver' te prendere orgoglio né baldanza "). D. l'adopera in questo senso una sola volta (Rime LXXXVIII 3 pres'hai orgoglio e durezza nel core), dove o. è il contrario di " umiltà " e " pietà " secondo la convenzione dell'amor cortese (il Contini interpreta " crudeltà "). Anche gli esempi del Detto (vv. 397, 400 e 402) rispondono a questo senso.
Negli altri esempi o. prende valore morale negativo, come in Rime LXXXIII 130 per nessuna grandezza / monta in orgoglio, e CXVI 73 fatto ha d'orgoglio al petto schermo, dove o. è " superbia ", " alterigia " derivanti da onori o rango sociale.
In If XVI 74 La gente nuova e i sùbiti guadagni / orgoglio e dismisura han generata, o. è " superbia ", arroganza di ricchezze mal acquistate, contrapposto a cortesia e valor del v. 67. " Tracotanza " (cfr. IX 93) è quella di Malacoda in XXI 85 Allor li fu l'orgoglio sì caduto, ed è peccato d'origine nella natura dei diavoli.
In Pg II 126 li colombi... / queti, sanza mostrar l'usato orgoglio, il termine esprime quel tratto di vivacità dei colombi " che non roteano, né non mormorano come fanno quando non beccano " (Buti). In XXVIII 72 ancora freno a tutti orgogli umani, si allude a Serse (ma alcuni intendono che freno si riferisca a Elesponto: v. FRENO), la cui rovina è monito per tutti gli uomini superbi (l'astratto sta per il concreto). In Pd VI 49 Esso atterrò l'orgoglio degli Aràbi, o. implica potenza e " oltracotanza " (v.), " arrogantiam africanorum " (Benvenuto).: Poenorum insultus ad urbem (Mn II IV 9).
In Fiore CLXX 6 L'uom che si piace, fa gran scipidezza / e grand'orgoglio (si noti il sintagma), o. sta per " presunzione e vanità ". Anche nel Roman de la Rose si dice a questo stesso proposito che " Orguianz est folie et pechiez " (v. 2127), ma si aggiunge che l'eleganza non è o.: " Cointerie n'est pas orguianz " (v. 2137).