Pamuk, Orhan Ferit
Pamuk, Orhan Ferit. – Scrittore turco (n. Istanbul 1952). Cresciuto in una famiglia benestante, filoccidentale e progressista, P. vive i suoi anni formativi in un appartamento che affaccia sul lato Orientale del Bosforo, luogo e metafora del sincretismo e delle tensioni tra Europa e Asia, e in particolare tra occidente e Islam, che costituiranno l’asse portante di tutta la sua opera. Frequenta il liceo americano di Istanbul, Robert College, e nel 1977 si laurea in giornalismo all’Università di Istanbul. Nel 1979 il suo primo romanzo, Karanlık ve Işık («Oscurità e luce»), incentrato sulla saga familiare di una ricca famiglia di Istanbul, nella quale convergono elementi biografici e storia del Novecento turco, risulta vincitore, ex aequo con Mehmet Eroğlu, del Milliyet press novel contest (l’opera verrà poi pubblicata nel 1982 con il titolo Cevdet Bey ve Oğulları, trad. it. Il signor Cevdet e i suoi figli, 2010). Nel 1985 arriva il successo internazionale con Beyaz Kale (1985; trad. it. Roccalba, 1992, ritradotto nel 2006 come Il castello bianco) che, ambientato nel Seicento, narra dei fruttuosi scambi culturali tra un gentiluomo veneziano e un erudito turco. Nei romanzi successivi (Kara Kitap,1990; trad. it. Il libro nero, 1996 e 2007; Yeni Hayat, 1995; trad. it. La nuova vita, 2000) P. consolida il proprio stile basato sulla decostruzione del singolo piano narrativo privilegiando l’articolazione dell’intreccio giocato su diversi punti di vista descrittivi. Le tensioni tra Occidente e Oriente ritornano in Benim adım Kırmızı (1998; trad. it. Il mio nome è Rosso, 2001), dove le divergenze estetico-culturali tra i miniaturisti rinascimentali della corte ottomana fanno da sfondo a un misterioso omicidio, per poi emergere chiaramente su un piano più schiettamente politico-religioso con il romanzo Kar (2002; trad. it. Neve, 2004), incentrato sulla questione del velo femminile, del ruolo dello stato laico e del diritto occidentale alla libertà e felicità personali. Negli ultimi anni P. sembra aver diretto la sua sensibilità narrativa sui luoghi e sulla dimensione oggettuale come in İstanbul. Hatıralar ve Şehir (2003; trad. it. Istanbul: i ricordi e la città, 2006), intenso ritratto della città natale, e Masumiyet Müzesi (2008; trad. it. Il museo dell’innocenza, 2009), storia di un amore per una donna che si tramuta in quello per gli oggetti da lei toccati, un’idea letteraria che P. nel 2012 realizza allestendo un museo degli oggetti utilizzati durante la scrittura del romanzo, poi raccolti in un ampio catalogo fotografico, Şeylerin müzesi (2012; trad. it. L’innocenza degli oggetti. Il museo dell’innocenza, Istanbul, 2012). Nel 2010 pubblica la ricca silloge di articoli e interviste Manzaradan Parçalar: Hayat, Sokaklar, Edebiyat («Frammenti di paesaggio: vita, strade, letteratura»), e l’anno successivo Saf ve Düşünceli Romancı (2011; trad. it. Romanzieri ingenui e sentimentali, 2012). Anche la raccolta di scritti Öteki Renkler. Seçme Yazılar ve Bir Hikâye (1999) è stata recentemente tradotta in italiano (Altri colori: vita, arte, libri e città, 2008). Nel 2006 a P. viene assegnato il premio Nobel per la letteratura, il cui discorso di accettazione è stato pubblicato (Babamın Bavulu 2006; trad. it. La valigia di mio padre, 2007). Nello stesso anno riceve l’Ordre des arts et des lettres e il Washington University’s distinguished humanist award, e nel 2010 il Norman Mailer prize, lifetime achievement. Attualmente insegna letteratura comparata e scrittura presso la Columbia University. Nel 2005 è divenuto membro onorario dell’American academy of arts and letters e nel 2008 dell’American academy of arts and sciences. Nel 2006 è stato prosciolto, grazie anche a una vigorosa reazione internazionale del mondo intellettuale, dall’imputazione di aver pubblicamente offeso l’identità turca, che P. avrebbe minacciato con le ripetute accuse di genocidio delle minoranze armena e curda.