ORIONE ('Ωρίων, Orīon)
Figura mitica, impersonante, presso i Greci antichi, l'omonima costellazione, una di quelle che più brillano nel cielo, quando non lo illumina il fulgore degli astri maggiori, il Sole e la Luna (identificati con Apollo e Artemide).
Lo si raffigurò come un gigante enorme, armato di una pesante clava o di una lunga spada; si narrò che Eos (l'Aurora) s'era presa d'amore per la sua straordinaria bellezza, finché Artemide, per volere degli dei, l'aveva ucciso con le sue frecce in Ortigia. Il suo sorgere, d'inverno, la sera, per tramontare al primo mattino, dopo esser rimasto, per tutta la notte, la più luminosa delle costellazioni, diede forma alla leggenda che rappresentava Orione come il terribile gigantesco cacciatore del cielo notturno, dinnanzi all'avanzarsi del quale tutti gli altri astri fuggono o corrono a nascondersi, e lo raffigurava incedente nel mezzo del mare, suscitatore di nembi e di tempeste, alto sì da toccare con la testa le stelle e sempre armato della spada fiammeggiante.
Il mito più complesso intorno a O. si narrava nell'isola di Chio, famosa anche allora per il suo vino, personificato nella figura divina di Enopio, figlio di Dioniso e di Arianna. O. arriva per mare all'isola di Chio, s'inebria del dolce vino e fa violenza alla moglie o alla figlia di Enopio, che, sdegnato, lo accieca. Ma O. si dirige a Lemno, sede di Efesto, e dal demone Cedalione si fa portare incontro al sole che sorge, e là riacquista la luce degli occhi; tosto torna a Lemno per vendicarsi di Enopio, ma non lo trova: va a Creta, dove è ucciso da Artemide, gelosa delle sue gesta di cacciatore.
Orione ebbe speciale culto in Beozia: ivi la poetessa Corinna aveva cantato la sua leggenda. È nota la moderna interpretazione drammatica che essa ha avuto da E. L. Morselli (v.).
Bibl.: L. Preller e C. Robert, Griech. Mythologie, 4ª ed., Berlino 1894, p. 448 segg.; Kuentzle, in Roscher, Lexicon der griech. und röm. Mythologie, III, colonna 1018 segg.