orizzonte (orizzonta, in rima)
L'o. è uno dei circoli fondamentali dei quali parla nel secondo capitolo del suo trattatello sulla Sfera il Sacrobosco (v.), uno dei testi astronomici di D.: l'equatore, lo zodiaco (o eclittica), i due coluri, il meridiano e - appunto - l'orizzonte. La parola o. assume diversi significati che giova distinguere e chiarire per meglio comprendere alcuni passi danteschi. Etimologicamente o., dal greco ὁρίζων (sc. κύκλος), latino horizon, significa " limitante ": ed è, anzitutto, quella linea circolare in cui il cielo sembra confondersi con la terra e che delimita la parte di suolo o di mare che possiamo vedere dal nostro punto di osservazione (o. sensibile o visivo). Se - approssimativamente parlando - quel circolo lo dilatiamo in tanti circoli paralleli sempre più grandi fino ad arrivare al massimo, abbiamo l'o. astronomico terrestre. È chiaro che due luoghi antipodi hanno lo stesso o. astronomico terrestre: per es. i poli hanno per o. comune l'equatore. Se poi immaginiamo di proiettare questo cerchio massimo dalla sfera terrestre sulla sfera celeste, si ha l'o. astronomico celeste o astronomico propriamente detto.
Quando D. parla di o. allude di regola all'o. astronomico, ma non è escluso che talvolta possa alludere all'o. visivo: e in certi casi gl'interpreti insistono sull'uno o sull'altro per convalidare le loro spiegazioni, come nel caso del balco d'oriente a cui si affaccia la concubina di Titone antico (Pg IX 1-2).
Così all'uscita dell'oscuro baratro dell'Inferno e all'arrivo nell'isoletta del Purgatorio D. è colpito dal sereno aspetto / del mezzo [l'aria], puro infino al primo giro (Pg I 14-15): per primo giro s'intende l'o. e precisamente l'o. visivo, che si presenta come la base di una cupola di aria azzurra. Questa interpretazione è confermata da Pietro che, seguendo la lezione dal mezzo (dal mezzo del cielo, dal meridiano), spiega: " a medio usque ad primum gyrum, id est horizontem ".
Così in altre occasioni l'espressione usata ci riporta genericamente al cielo più o meno visibile da un determinato punto: per guisa d'orizzonte che rischiari (Pd XIV 69), all'alba; la parte orïental de l'orizzonte (XXXI 119), con lo stesso valore; mentre che l'orizzonte il dì tien chiuso (Pg VII 60), quasi recinto che non lasci passare il giorno; E pria che 'n tutte le sue parti immense / fosse orizzonte fatto d'uno aspetto, / e notte avesse tutte sue dispense (XXVII 71): dopo il tramonto la notte occupa tutto il cielo, rendendolo tutto ugualmente oscuro.
Tuttavia D. più tipicamente allude all'o. astronomico, che limita non una piccola calotta visibile ma un intero emisfero, anzi costituisce la linea circolare divisoria di due emisferi: donde l'immagine dell'uomo che stando in mezzo fra le cose corruttibili e le incorruttibili assimilatur orizonti, qui est medium duorum emispaeriorum (Mn III XV 3); e per i suoi particolari intendimenti di pellegrino terreno e ultraterreno, si riferisce generalmente all'o. comune di Gerusalemme e del Purgatorio.
Il viaggio di D. infatti si svolge, nell'Inferno, nell'emisfero di Gerusalemme e, nel Purgatorio e nel Paradiso, nell'emisferi del Purgatorio: ora questi due emisferi hanno per circolo separatorio l'o. comune delle due località, più precisamente l'o. comune dell'Eden e del Golgota. Anzi quando si parla di emisferi (v.) a proposito di D., bisogna pensare ben più a questi che non a quelli definiti dai poli nord e sud e dall'equatore, ossia il boreale e l'australe, ai quali spontaneamente il nostro pensiero correrebbe.
Parecchi sono i passi della Commedia che ci riportano a questa suddivisione del globo terracqueo. Interessante anzitutto il passo (If XX 124-126) dov'è detto che la luna sotto Sobilia (ossia a Gade) tiene 'l confine / d'amendue li emisperi (è giunta all'o. comune di Gerusalemme e del Purgatorio) e sta tramontando per l'uno e sorgendo per l'altro.
C'è poi tutto un tratto del c. IV del Purgatorio che (nella parte che ora c'interessa) introduce il maestro Virgilio a illuminare il discepolo D. con le solenni parole: dentro raccolto, imagina Sïòn / con questo monte in su la terra stare / sì, ch'amendue hanno un solo orizzòn / e diversi emisperi (v. 70). Questo notissimo punto attesta esplicitamente che Sion e il monte del Purgatorio sono antipodi: infatti due luoghi antipodi si trovano in emisferi opposti e hanno lo stesso o.; ma non dice altrettanto esplicitamente che gli emisferi tipici sono quelli che hanno per vertici le due località: cosa che invece emerge dall'altro passo citato, attraverso l'espressione amendue li emisperi, quasi che gli emisferi per eccellenza, i soli da considerare, fossero quei due e non altri.
Importante non meno della connessione o.-emisfero è la connessione o.-meridiano (v.). In Pg II 1-9 c'è una complessa descrizione dell'ora, estesa a quelli che secondo D. sono i principali luoghi della terra: mezzanotte sul Gange (e quindi mezzogiorno a Gade), tramonto a Gerusalemme, alba al Purgatorio. La descrizione comincia con un fare allusivo e circonlocutorio: Già era 'l sole a l'orizzonte giunto / lo cui merïdian cerchio coverchia / Ierusalèm col suo più alto punto. L'o. di Gerusalemme è designato come " l'orizzonte il cui meridiano sovrasta Gerusalemme al suo zenit ". Un altro passo che mette in rapporto o. e meridiano, e in un modo alquanto contratto e problematico, è quello di Pd IX 82-87, là dove si afferma che il Mediterraneo si stende per 90 gradi: e per dir questo si dice che il Mediterraneo fa sì che diventi alla fine (in Siria) suo meridiano, cioè sia allo zenit, quello stesso cerchio massimo che al principio (in Spagna) è suo o. orientale, cioè si trova a 90 gradi. A parte l'errore ben noto del Mediterraneo che si estenderebbe per 90 gradi, c'è da osservare che questo scambio di o. e di meridiano è teorico, o meglio si dà in un caso particolare, giacché vale soltanto per l'equatore.
Da dire infine che è sicuramente l'o. uno dei famosi quattro cerchi... con tre croci (Pd I 37-39), per due principali ragioni: una generica, che si può enunciare con le parole del padre Antonelli relative a Pg I 13-15 (" Il primo giro significa il primo fra i Cerchi della Sfera; e questo è l'Orizzonte, siccome quello che solo è parvente, e che serve alla determinazione di tutti gli altri "); una specifica, che è fondata sul testo dantesco, il quale parla del sorgere del sole: Surge ai mortali per diverse foci / la lucerna del mondo (vv. 36-37). Il sorgere (come il tramontare) non può prescindere da un o., che dunque inevitabilmente s'impone. Si sa che a molti interpreti l'o. non va, perché (qualunque esso sia: ma probabilmente sarà, come al solito, quello comune di Gerusalemme e del Purgatorio) non può formare con nessuno degli altri tre cerchi una ‛ croce ': l'unica maniera di uscire dalla difficoltà è che la parola croci s'intenda nel senso generico, ordinario e corrente di " incroci ".
In Pd XXIX 3, nella perifrasi astronomica che D. usa per indicare quanto tempo Beatrice sosta in silenzio, osservando il punto divino che lo aveva abbagliato, la linea dell'o. è la linea sulla quale si vengono a trovare, in perfetto equilibrio rispetto allo zenit, il sole e la luna, nel segno dell'Ariete il primo, nel segno della Libra la seconda.
Ancora in una perifrasi astronomica, quella di Rime C 1 ss., è nominato l'o. (v. 2): per indicare la stagione invernale, con riferimento alla sua vita sentimentale, D. dice che al tramonto compare all'o. la costellazione dei Gemelli, e Venere è invisibile per la sua posizione rispetto al sole.
Bibl. - A. Pézard, Dante, Oeuvres complètes, Parigi 1965, 196, 1627, 1699-1701 (Horizon, colure et méridien local); ID., Tours du monde avec D., in " L'Alighieri " VI 1(1965) 25-28; G. Buti, Italia paese dello Scorpione, ibid. VIII 2 (1967) 55-58.