CAPODILISTA, Orlando
Nacque in Padova nel 1457 da una delle più prestigiose famiglie della città, "nella quale l'antichità e la nobiltà gareggiano del pari" (Orsato, c. 180r) e che vantava, accanto a una tradizione militare risalente, con Marzo Forzatè detto Carlotto Capodelista (Berti, c. 9r), ai tempi delle libertà comunali, una lunga consuetudine nell'esercizio delle cariche pubbliche e una notevole dignità culturale.
Lungo tutto il sec. XV numerosi esponenti dei vari rami della famiglia avevano prestato la loro opera, come giureconsulti, a vantaggio di Padova e del suo Studio. A questa schiera appartengono sia lo zio sia il padre dei Capodilista. Lo zio Federico, "iuris consultus famosissimus", è considerato uno dei più illustri cittadini della Padova quattrocentesca, ma a lui "non inferiore" (Orsato, c. 185r) fu il fratello Bartolomeo, padre del C. e di Giovan Francesco, nati dal matrimonio con una Violante (di cui ignoriamo il casato). Bartolomeo compie una duplice splendida carriera: si distingue, infatti, non solamente in campo giuridico (egli insegna diritto canonico per ventitrè anni e civile per più di trenta), ma anche in campo politico. È presente nel Consiglio almeno dal 1482 e ricopre, quasi ininterrottamente, dal 1484 al 1501, le maggiori cariche. Sue sono, soprattutto negli anni compresi fra il 1488 e il 1491, le proposte di maggior interesse tese a rivendicare il più largo margine possibile di autonomia da Venezia e a rinsaldare la potenza amministrativa ed economica delle grandi famiglie cittadine. In particolare significativa sembra la parte avuta da Bartolomeo per unapolitica di rafforzamento e di indipendenza dalla Repubblica dello Studio e per la fondazione dei Monte di pietà (1490), di cui egli fu uno dei primi conservatori: incarico che poi, insieme con molti altri delicati ed importanti, ricoprì spesso, praticamente fino alla morte avvenuta nel 1504.
Questa quasi costante presenza del padre nella vita pubblica della città dovette limitare l'iter del C. (per gli statuti padovani, padre e figlio non potevano contemporaneamente accedere alle maggiori magistrature). Comunque già nel 1486, nelle elezione dei nobili del quartiere del Duomo, destinati a sedere per quell'anno in Consiglio, egli appare nell'"additio" fra i prescelti. Nel 1490 (e poi nel 1492, 1493, 97) è, invece, consigliere per il quartiere di Ponte Molino. Evidentemente nel giro degli anni 1486-90 aveva abbandonato la casa paterna: possiamo dunque, con ogni probabilità, collocare in tale periodo il suo matrimonio con una madonna Alba di cui non conosciamo il cognome. Nel 1499 il C., oltre che "consiliarius" per Ponte Molino, è eletto pure "miles comunis con Giacomo Frigimelica.
Ma la vera svolta della carriera del C. (che era ancora consigliere per Ponte Molino nell'anno 1503) avviene soltanto immediatamente dopo la morte del padre.
Nel 1505 egli è fra i chiamati alla massima magistratura cittadina: quella dei deputati "ad utilia et ad ecclesias": ufficio che, per quasi trent'anni era stato ininterrottamente tenuto dal padre, della cui potenza personale egli sembra essere l'erede diretto. Nel 1506, poi, è conservatore del Monte di Pietà. L'attribuzione consecutiva di queste due funzioni significava praticamente dominare per sé e per il proprio casato nella politica interna e nell'amministrazione finanziaria della città. (Per l'estimo del 1507, comunque, il C. denuncia un patrimonio di beni immobili notevole ma non eccezionale, costituito da numerosi campi di cui, alcuni a livello, sparsi un po' in tutto il territorio di Padova; da case a Teolo ove possiede pure vigne, oliveti e boschi. In città denuncia solo una casa "con brolo" fuori di porta Savonarola).
Il C.sembra dunque un significativo rappresentante di quella potente oligarchia che è il patriziato padovano fra Quattrocento e Cinquecento. Ma potente all'interno della città, tale ceto, oltre a sentire il peso del fiscalismo della Repubblica, aveva dovuto accontentarsi di compiti di pura amministrazione interna. Perciò quando, nel 1509, durante la crisi di Agnadello, il dominio veneziano vacilla, quasi tutte le casate di parte aristocratica preparano e facilitano la resa di Padova all'imperatore. L'adesione del Capodilista al partito filoimperiale è compatta: il loro esponente più significativo è appunto il C.:in quell'anno egli è deputato "ad utilia" ed è quindi fra i sedici magistrati che il 6 giugno consegnano formalmente la città al messo degli Asburgo.
Poco dopo i Sedici debbono organizzare la resistenza contro le truppe veneziane che avanzano. Fra le schiere che operano la difesa sono tre giovani nipoti di Federico, figli del cugino del C., il defunto Girolamo: Alessandro, Ferigo (Federico) e Francesco partecipano attivamente all'azione militare. Alessandro e Francesco all'interno delle mura di Padova, Ferigo segue il campo "de li inimicie de la illustrissima Signoria" (Bonardi, p. 499). Questa loro partecipazione attiva indica che anche per i Capodilista, come per molte famiglie nobili padovane, l'odio contro i Veneziani accomunava la vecchia e la nuova generazione. Perciò quando, poco dopo, Venezia riconquista Padova, la fisionomia di queste compagini familiari viene stravolta, perché ne sono colpiti numerosi membri. Dei Capodilista i tre figli di Girolamo, seppure in momenti diversi, devono presentarsi tutti e tre a Venezia, dove Francesco dovrà rimanere esule fino al 1517; Alessandro, secondo l'ipotesi più accreditata, morrà invece, sempre a Venezia, durante l'esilio. Il solo Ferigo ritornerà in patria, ma sarà sempre seguito, come tutti gli altri indiziati della congiura, dalla diffidenza veneziana.
Più delicata per l'età e il ruolo ricoperto la posizione del C.;il suo nome infatti compare fra quelli dei maggiori responsabili che, pena la vita, entro otto giorni avrebbero dovuto presentarsi al Consiglio dei dieci. Egli, che intuisce quale sarebbe stata la sua sorte, non si presenta, mentre la Repubblica ordina per lui, come per altri quarantasette patrizi considerati fra i maggiori autori della ribellione, la confisca dei beni. Il 30agosto perfino per la moglie giunge l'ordine di recarsi, insieme con altre gentildonne, in esilio forzato a Venezia. Appare chiaro quali gravi responsabilità Venezia attribuisse al C.anche dalla persecuzione cui furono sottoposti alcuni suoi congiunti, che vennero imprigionati solo per la parentela con "Orlando Caodelista rebello" (Bonardi, pp. 522 s.). Di lui si sa una sola notizia precisa: che non cadde mai nelle mani della giustizia veneta e "morite fuora" (ibid., p. 93) probabilmente, dato che le fonti tacciono su di lui, dopo il 1509. Era sicuramente morto nel 1521: infatti l'8 ottobre di quell'anno il Consiglio ricostituito da Venezia nel 1517 rivendica i crediti del Monte di Pietà nei riguardi del "quondam Orlandi... olim massarij" (Atti del Consiglio, vol. 13, c. 34r).
Nel 1522 incomincia l'attività politica del figlio Ludovico eletto all'importante funzione di "miles bladorum" e il 31 luglio dello stesso anno di "cabalarius bladorum" per i quartieri di Ponte Molino e Porta Altinate. Nel 1523 egli è deputato "ad utilia": un'altra testimonianza quest'elezione di come il medesimo gruppo oligarchico, pur impoverito e ormai privo di qualsiasi velleità di autonomia politica, riprendesse, dopo la crisi, il comando interno della vita cittadina.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Padova, Arch. civicoantico. Atti del Consiglio, vol. 10, cc. 1r, 3r, 12r, 32v, 42r, 43r, 44r, 47v, 48v, 49rv, 51rv, 52rv, 53r, 65v, 67r, 70r, 74v, 76v, 78rv, 79rv, 50v, 82v, 84r, 86v, 139v, 142v, 143r, 150rv, 151rv, 152v, 153rv, 154v, 155rv, 156r, 158rv, 160r, 161r, 164v, 165r, 167r, cc. n.n. fra 185v e 186r, 189r, 202v, 203rv, 209r, 221v, 254v, 268r, 283r, 285v, 301v, 309rv, 311r, 314rv, 315r, 316v, 317v, 318r, 320v, 332v, 333v, 334r; vol. II, cc. 3r, 69v, 71r, 76r, 81r, 84r, 89r, 90v-91v, 147r, 166r, 167r, 181r, 183r, 221v, 260r, 265r, 266r, 268v, 278v, 280r; vol. 12, cc. 1r, 2r, 10av, 167v, 175r, 179r, 182v, 194v; vol. 13, cc. 30, 54r, 78r, 138v, 140v; Ibid., Vicarie, b. 9, cc. n.n.; Ibid., Estimo1418,Polizze della città, vol. 57, polizza 26; Ibid., Prove di nobiltà, vol. 27, cc. n.n.; Padova, Bibl. del Museo civico, ms. B.P. 2158: G. A. Berti, Memorie edite e inedite della famigliaCapodilista..., cc.9r, 12rv, 13r, 16r, 19r, 24r, 56v;Ibid., ms. B.P. 1630, II (con tavole genealogiche); Ibid., ms. B.P. 51:S. Orsato, Il Quadrumvirato padovano overo Chronologia delli quadrumviri Consoli,Anziani e Deputati della città di Padova..., cc.180r, 195r; M. Sanuto, Diarii, IX, Venezia 1883, coll. 16, 118; A. Gloria, Di Padova dopo la lega stretta in Cambrai dal maggio all'ottobre 1509. Cenni storici con documenti, Padova 1863, pp. 58, 71; A. Bonardi, I Padovani ribelli alla Repubblica di Venezia (a. 1509-1530)…, Venezia 1902, pp. 341, 348, 381, 383, 428, 483, 499, 517, 522 s., 569, 576, 584, 599, 608, 610.