Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Orlando di Lasso è uno dei pilastri della polifonia cinquecentesca. La sua ricca e multiforme personalità gli ha permesso di esprimersi al meglio in tutte le forme musicali del suo tempo, e la sua malinconia ce lo mostra come figura esemplare del travaglio intellettuale all’autunno del Rinascimento.
Orlando di Lasso è una delle maggiori personalità della storia musicale occidentale, venerato dai suoi contemporanei, insieme a Palestrina, come princeps musicorum. Eppure, nonostante questa indiscussa notorietà, egli condivide con gran parte dei musici cinquecenteschi la medesima sorte storiografica: non possediamo infatti documenti certi intorno alla sua infanzia, i suoi studi musicali, i suoi maestri. E, a rigore, non è certo neppure il nome; perché “Orlando di Lasso” è un’italianizzazione (forse di Rolande, o Orlande, de Lassus) che il giovane compositore assume durante il soggiorno italiano e mantiene fino alla morte. La stessa incertezza vale anche per la data di nascita: 1530, o, più probabilmente, 1532. Certo, invece, risulta il luogo di nascita: Mons, nell’attuale Belgio, vale a dire nel cuore di quella regione franco-fiamminga che dal Quattrocento al Seicento dà i natali a molti fra i maggiori compositori europei.
Sembra che il piccolo Orlando riceva la propria educazione musicale a Mons presso la chiesa di San Nicola, addestrato con i pueri cantores, distinguendosi per la singolare bellezza della voce. Ma unico dato sicuro è che a circa 12 anni, nel 1544, egli entra al servizio del viceré di Sicilia, Ferrante Gonzaga, al cui seguito viaggia per l’Europa e l’Italia, fermandosi prima a Parigi, poi a Mantova, a Palermo e infine a Milano. Questo peregrinare del giovane Orlando ha parecchie analogie con i viaggi del giovane Mozart. Anche nel caso di Lasso, infatti, i contatti precoci con significativi centri musicali europei devono offrirgli stimoli formidabili, che, innestati su una solida formazione tecnica, rendono multiforme e cosmopolita la sua geniale personalità artistica.
Orlando si trattiene a Milano fino ai primi del 1549, quando, a muta della voce ormai avvenuta, è costretto a cambiare strada e a iniziare una vera e propria carriera di musico. Per quasi tre anni vive a Napoli, subendo l’influenza della ricca vita musicale della città partenopea.
Verso la fine del 1551 si trasferisce a Roma, dove nella primavera del 1553 diviene maestro di cappella a San Giovanni in Laterano, precedendo di pochi anni Palestrina.
Con la fine del 1554 Lasso lascia Roma e si trasferisce ad Anversa, dove si trattiene per un anno circa, e dove avvia la pubblicazione delle sue opere. Sarà questa, negli anni a venire, un’attività lunga, fiorente e ininterrotta. La serie delle pubblicazioni è aperta da: D’Orlando di Lassus il primo libro, dove si contengono madrigali, villanesche, canzoni francesi e motetti a quattro voci (1555), raccolta oggi nota come Opus 1. Contemporaneamente, a Venezia, viene stampato il suo primo libro di Madrigali a cinque voci, e l’anno dopo, ancora ad Anversa, il primo libro dei Mottetti a 5 e 6 voci.
In questi libri iniziali si colgono già distintamente alcuni caratteri salienti della personalità creatrice di Lasso: da un lato un’austera concentrazione espressiva, utilizzata per la produzione sacra e per un particolare filone di madrigali, squisitamente malinconici; dall’altro una felice levità di stile (talvolta insaporita da sapide e maliziose scelte testuali), che trova espressione nelle forme minori profane (chanson, napolitana, villanella, moresca, ecc.). Nell’Opus 1 queste due tendenze sono programmaticamente compresenti.
La differenza di stile apparirà chiara prestando ascolto a due esempi, rispettivamente del filone malinconico e di quello comico: il madrigale Crudele, acerba, inesorabil morte, su un cupo testo di Petrarca, e la todesca Matona mia cara, costruita sul buffo parlare italiano di un soldato tedesco, un lanzichenecco.
Nel 1556 Orlando si trasferisce a Monaco, per entrare al servizio del duca Alberto V di Baviera, come tenore della cappella ducale, e nel 1558, si sposa (due dei suoi figli, Ferdinand e Rudolph, seguiranno poi le orme musicali del padre). Nel 1563 egli viene quindi nominato maestro della cappella stessa, ricoprendo coscienziosamente questo ruolo per i rimanenti trent’anni, fino alla morte.
Nel periodo di Monaco Lasso mantiene comunque vivi i contatti internazionali, e con gli anni viene universalmente riconosciuto come uno dei più grandi (se non il più grande) compositori del suo tempo. Nel 1570 ottiene patente di nobiltà dall’imperatore Massimiliano II, e nel 1574 è nominato cavaliere dello Speron d’oro da papa Gregorio XIII. Sia l’imperatore sia il re di Francia tentano a più riprese di averlo presso di sé come maestro di cappella. Lasso sembra tentato dall’offerta di Carlo IX di Francia, ma con la morte del sovrano l’affare salta; e del resto egli dimostra in molti modi di sentirsi legato ai suoi padroni, specialmente al principe Guglielmo (che assume il comando del ducato nel 1579).
Frequenti sono i viaggi all’estero: allo scopo di reclutare cantanti e suonatori per la cappella (per questo si reca, ad esempio, in Italia nel 1574); o per compiti rappresentativi; o anche per esigenze devozionali private (nel 1585 va in pellegrinaggio al santuario di Loreto).
Nel 1568, a Monaco, Lasso si distingue come uno dei principali animatori dei festeggiamenti per le nozze fra il principe Guglielmo e Renata di Lorena. Un ampio resoconto di questi festeggiamenti viene scritto e pubblicato l’anno successivo da un musico italiano, anch’egli in servizio presso il duca, Massimo Troiano. Uno dei momenti più piacevoli di queste feste è la rappresentazione all’improvviso di una “comedia”; cioè di quel nuovo genere teatrale che si va formando in Italia dalla metà del secolo, e che assumerà in seguito fama internazionale come commedia dell’arte. Anzi, essendo questa caratterizzata dall’improvvisazione su semplici canovacci, la relazione di Troiano, che descrive dettagliatamente lo svolgimento dello spettacolo, assume per gli storici del teatro speciale significato, poiché si rivela come uno dei primi documenti scritti di questo genere teatrale. Nella rappresentazione di Monaco, Lasso gioca un ruolo importante: compone infatti le musiche di intermezzo fra gli atti e ne cura l’esecuzione; inoltre interpreta sulla scena personaggi dal carattere opposto (Pantalone e Zanni), con sommo diletto degli spettatori. Questa spiccata predisposizione di Lasso a interpretare sulla scena caratteri diversi dimostra la sua formidabile capacità mimetica. Una capacità di cambiare pelle che si mostra nel sorprendente polimorfismo della sua musica, e che è possibile rilevare anche da un corposo epistolario con il principe Guglielmo, ritrovato (fortuna abbastanza insolita per un musico del Cinquecento) nell’Ottocento negli archivi ducali. In queste lettere Lasso mescola francese, italiano, tedesco, spagnolo, e latino, e non perde occasione per comporre giochi di parole in rima.
Orlando Di Lasso
Da una lettera
Affin que v[ot] re Ex[celen] ce voie que ie veux acomplir sa bonne volunté, qui est que ie donne neü Zeitung a v[ot] re Ex[cellen]tia, si come per la gratias de dios todos las compagnias tanbien los Cavallos é la mercedes de los asinos se portent mediocrement asses fort bien, et equitamus apud locum vocatis clausa, sed pian pianino [...] Il Venturino ogni sera [...] fa luj solo una comedietta di tre persone, il magnifico, Zannj e Franceschina, di tanta bona gratia, che ci fa quasi pisciar da ridere, e pianger e rider insieme.
Il servizio come maestro di cappella comporta per Lasso la continua composizione di nuova musica. Questa circostanza, combinata a una naturale facilità di scrittura e a una rigorosa disciplina professionale, lo ha spinto a produrre una quantità sterminata di musica, rimasta manoscritta o pubblicata in raccolte. Si contano comunque, fra stampe e manoscritti, 779 mottetti (fra i quali le importanti serie delle Prophetiae Sibyllarum e dei Psalmi poenitentiales), 83 magnificat e 74 messe (costruite parafrasando mottetti e madrigali propri o altrui), più varie altre musiche sacre (falsobordoni, inni, lamentationes, litanie, passioni ecc.). Per il versante profano si possono annoverare 250 madrigali, 31 villanesche, 156 chansons, 109 Lieder.
Bisogna comunque ricordare almeno due importanti imprese editoriali: fra il 1574 e il 1576 vengono infatti pubblicati a Monaco, sotto il titolo di Patrocinium musices, cinque volumi di opere sacre di Lasso (altri volumi seguiranno poi, ma più a carattere antologico). È una sorta di monumento alla grandezza della sua arte, che testimonia quanto essa fosse ritenuta importante ed esemplare. Nel 1604 invece viene pubblicata una raccolta postuma di mottetti, il Magnum opus musicum, che conferma la rilevanza della musica di Lasso anche nel nuovo secolo, pur in contesti musicali ormai profondamente mutati.
Gli ultimi anni di Lasso sono caratterizzati da un cupo ripiegamento malinconico, non insolito per una personalità proteiforme come la sua, rafforzato dal vento controriformista che investe in pieno anche la corte di Monaco, unitamente a una salute sempre più malferma. Dopo un colpo apoplettico, le crisi depressive si intensificano fino alla morte, avvenuta il 14 giugno 1594, e attribuita da Thomas Mermann (suo medico nonché amico) a una grave forma di “melancholia hypocondriaca”.
Poco prima di morire Lasso porta a termine un ultimo, ampio ciclo di madrigali a sette voci: le Lagrime di san Pietro, su testo di Luigi Tansillo, pubblicate postume nel 1595. Il mesto rimuginare di Pietro sul proprio tradimento (che porta a un pressante bisogno di espiazione) offre a Lasso un’eccellente base per dar vita a una musica dalla tessitura densa e inesorabile. Ne risulta un imponente edificio polifonico dal chiaro sapore malinconico, grande testamento spirituale. Pantalone e Zanni depongono così definitivamente la maschera comica, e si congedano dalla vita lacrimando, in un’Europa ormai orfana dell’unità spirituale e dilaniata dalle guerre di religione.