FLACCO (Fiacco), Orlando
Nacque a Verona tra il 1527 e il 1531, figlio di Filippo (morto nel 1557) e allievo di Francesco Torbido (Vasari) o di Antonio Badile (Ridolfi), è segnato nella contrada della Fratta nelle anagrafi del 1555 e 1557 e nel campione d'estimo del 1558; si trasferì poi nella contrada di S. Giovanni in Valle, dove lo ricordano l'anagrafe del 1570., l'estimo del 1572, l'anagrafe del 1583 e l'estimo del 1584 (Biadego, 1905, p. 39; Brenzoni, 1972, p. 146); con lui e la sua famiglia viveva il fratello sacerdote Bartolomeo, dal 1567 al 1589 arciprete della chiesa di S. Giovanni in Valle. Identificabile con il maestro Orlando che il 16 maggio 1556 fu pagato per aver dipinto alcune Vittorie, non più esistenti, sulle porte del chiostro di S. Maria in Organo (Garibotto, 1926, p. 173), F. eseguì nel 1563 (Dal Pozzo, 1718, p. 269), in collaborazione con Bernardino India, la perduta pala di S. Zeno. È noto anche per la citazione da parte di un contemporaneo mantovano, il quale nel 1564 affermava che "fa assai bene, ma bisogna dargli il dissegno" (Marinelli, 1986), per i documenti dal 1564 al 1566, relativi alla pala già nella chiesa di S. Andrea e oggi nei Musei civici di Verona, commissionata dal conte Federico Serego (Biadego, 1905, p. 40), e per la commissione nel 1566, da parte del Consiglio comunale di Verona, del telero della loggia del Consiglio, pure eseguito in collaborazione con Bernardino India (Franzoni, in Proposte e restauri…, 1987, p. 12). L'8 novembre 1568 il F. è menzionato nel testamento del conte Giovanni Battista Della Torre (Castellazzi, in Palladio..., 1980, p. 298). Interessanti sono i documenti che lo pongono in rapporto con altri artisti veronesi del tempo: il 16 dicembre 1568 fu padrino al battesimo di una figlia del pittore Sigismondo de' Stefani, Isabella (M. Repetto Contaldo, in Veronese e Verona, 1988, p. 334); il 18 nov. 1571 fu padrino a quello di Sante Creara, futuro pittore (Rognini, 1973); del 1572 è l'atto dotale di sua figlia Paola, andata in sposa a Giuseppe figlio di Raffaele Torlioni, pure pittore (Brenzoni, 1972, p. 146). Come nota Biadego (1905, p. 38), nel 1591 sembra essere ancora vivo: agli inizi del 1592 infatti il Valerini ristampò, senza correzioni, una composizione poetica in onore del pittore risalente al 1577. Una lettera dell'11 febbraio 1593 che il conte Mario Bevilacqua, committente e amico del pittore, inviò al segretario del duca di Mantova, relativa alla stima di alcuni fogli attribuiti al Parmigianino, lo ricorda invece come defunto, lamentando che egli "era buon giudice" in materia di disegni (Luzio, 1974). Il ricordo del Bevilacqua, e le ripetute lodi in prosa e in versi del Valerini (1586, che lo segnalava quale "nuovo Apelle"), non sono gli unici giudizi critici risalenti ai contemporanei del pittore, tutti concordi nel lodare la sua abilità ritrattistica. Ricordato anche nel trattato di Cristoforo Sorte, Flacco è soprattutto famoso per un denso passo del Vasari dove sono elencati quindici personaggi illustri da lui ritratti: il cardinal Caraffa, il cardinal Lorena, i vescovi di Verona Alvise e Agostino Lippomano (ai tempi del Vasari il ritratto di quest'ultimo era conservato in casa di Giovanni Battista Della Torre), il canonico Adamo Fumani, Vincenzo e Isotta de Medici, il loro nipote Nicolò, il conte Antonio Della Torre, Girolamo, Ludovico e Paolo Canossa (il ritratto di Paolo è ricordato anche in un sonetto del Valerini, 1577), Astor Baglioni e sua moglie Ginevra Salviati. Andrea Palladio infine probabilmente incontrato ai tempi (sesto-settimo decennio) in cui quest'ultimo elaborava per Giovanni Battista Della Torre i progetti per i palazzi veronesi di S. Marco e ai portoni della Brà.
Da queste fonti emerge la figura del ritrattista più ricercato dalla committenza veronese del periodo, e al tempo stesso di una personalità poliedrica inserita negli ambienti colti e antiquari della città: esemplare è il rapporto col conte Mario Bevilacqua, creatore di una delle più importanti collezioni di antichità e di oggetti artistici della Verona del Cinquecento i cui legami col F., suo consulente storico-artistico, sono conosciuti a partire dal trattato del Sorte e hanno trovato rilievo negli studi recenti (in particolare Franzoni, 1970).
Esempio sicuro della ritrattistica del pittore è il ritratto di Tiziano del Nationalmuseum di Stoccolma (firmato "Orl. Fiaco. Vero. F."), probabilmente identificabile con quello che Ridolfi ricordava a Venezia in casa di un discendente di Paolo Caliari, Giuseppe, e che, insieme con i ricchi impasti di gusto veneziano, documenta un gusto intensamente naturalistico che, se non giustifica il paragone con l'arte di Caravaggio ricorrente nelle fonti settecentesche (Dal Pozzo, 1718, p. 4), è però testimonianza a Verona di un filone di ritrattismo "vero" che dal F. conduce ai ritratti secenteschi di Marc'Antonio Bassetti. Altro esemplare, già variamente attribuito (B. India, G.B. Moroni, Tiziano, L. Lotto), è il Ritratto virile del Museo di Castelvecchio, gia in palazzo Bevilacqua e che recentemente è stato identificato con il ritratto di Antonio Bevilacqua, zio del collezionista (Marinelli, 1988, p. 324).
A questi esempi può forse essere avvicinato, quale replica o derivazione, anche qualche pezzo della serie di ritrattini di soggetto veronese conservati nel castello di Ambras (Franzoni, 1978), ad esempio i ritratti di Astor Baglioni e di Mario Bevilacqua.
Resta infine da ricordare un'incisione settecentesca di Dionisio Valesi che riproduce, con la scritta "Orlando Flacco pin:", il ritratto di Girolamo Verità: si tratta tuttavia di una ripresa in controparte dell'inserto ritrattistico nel telero della loggia del Consiglio e pertanto non implica necessariamente l'esistenza di un ritratto autonomo del pittore.
Oltre che ai ritratti, cui si limita l'attenzione del Vasari e di altri storiografi cinquecenteschi, il nome del F. è oggi legato ad alcuni dipinti di soggetto sacro che, per la perdita o il mancato riconoscimento dei primi, restano a testimoniare l'inserimento del pittore nel raffinato clima manieristico locale e il rapporto con quel Bernardino India che spesso gli è vicino per alcuni lavori eseguiti in collaborazione (e non, come volevano le fonti, per aver iniziato opere poi completate, alla sua morte, dal primo).
La Madonna coi ss. Zeno, Giovanni Battista e Andrea (1563) della chiesa di S. Zeno è purtroppo sparita nella prima metà del Novecento (il primo a non ricordarla più in chiesa è nel 1909 L. Simeoni; nel 1938era segnalata presso la chiesa di S. Antonio al Corso) e in essa il F. avrebbe dipinto la figura del santo titolare: oggi restano in chiesa un Padre Eterno dipinto nel timpano sull'altare e la decorazione architettonica sulla parete retrostante, entrambi nei modi di Bernardino India, mentre è verosimile che il disegno di quest'ultimo presso la National Gallery di Washington (Alisa Mellon Bruce Found) e che raffigura la Madonna in trono coi ss. Giovanni Battista e Andrea (Marinelli, 1986) rappresenti uno studio preparatorio per la pala. A documentare il rapporto restano invece la Madonna col Bambino, i ss. Zeno e Metro Martire e l'allegoria di Verona col ritratto di alcuni veronesi illustri (Giovanni Battista Montano, Girolamo Verità, Girolamo Fracastoro, Onofrio Panvinio) della loggia del Consiglio, opera commissionata nel 1566e firmata da entrambi, nonché la Madonna col bambino, angeli e i ss. Vigilio e Giovanni Battista dei Musei civici veronesi, recentemente segnalata come l'opera più antica del gruppo (Marinelli, 1987, p. 154). A tali dipinti di collaborazione può essere accostata anche una inedita Conversione di s. Paolo di collezione privata che, dipinta con la grassa pennellata che distingue i modi del F., sembra presupporre un disegno preparatorio di Bernardino India, non molto lontano per composizione dalla pala che quest'ultimo dipinge nel 1584per la chiesa veronese di S. Nazaro. Nel catalogo delle opere su tela dell'artista, questa volta senza il collaboratore e amico, rientrano la giovanile Resurrezione di Lazzaro già in S. Eufemia e ora nei depositi dei Musei Civici, ancora nei modi del Badile cui era in passato attribuita (Marinelli, 1988, p. 322), la citata pala già in S. Andrea, siglata e datata, a riprova dei documenti noti, 1564, e le due pale di S. Nazaro, ricordate da tutte le fonti a partire dal Ridolfi: la Crocifissione ambientata in un notturno (il cui impianto luministico potrebbe però essere stato accentuato in qualche restauro ottocentesco) e il Cristo presentato al popolo, ambientato di fronte ad una solare quinta di edifici "palladiani" che segnano il momento di maggior avvicinamento all'arte del conterraneo Paolo Caliari. Sono inoltre da ricordare le proposte di attribuzione per la lunetta, pure in S. Nazaro, raffigurante la Resurrezione di Cristo (Marinelli, in Palladio..., 1980, p. 229) e la Medea di Castelvecchio (Id., 1994), entrambe variamente attribuite; infine due disegni: la Crocefissione in collezione privata (Mullaly, 1971), forse preparatoria per la pala di questo soggetto in S. Nazaro, e la Madonna col Bambino e santi del Luvre (Marinelli, 1986).
Non più giudicabile appare invece la produzione ad affresco del F., pure attestata dalle fonti e, con l'eccezione delle Vittorie nel chiostro di S. Maria in Organo, limitata alla decorazione di facciate (Schweikhart, 1973): i due busti femminili a chiaroscuro "sulla strada di S. Antonio al Corso rimpetto al Belveder e dell'Ottolino" (Dalla Rosa, 1803-1804, p. 321) sono perduti; del fregio con putti di via S. Giovanni in Valle 34, ancora visibile nel novembre del 1985 e poi distrutto, restano solo brutte fotografie; i busti virili campiti contro conchiglie tra le finestre dell'ultimo piano di casa Lazise in via Oberdan 4 attendono di essere salvati e resi leggibili da un restauro. Resta inoltre una stampa chimica di Francesco Malacame (1818: Dillon - Marinelli - Marini, 1985, p. 17) che riproduce, con l'indicazione "Orlando Flacco inv:", il prospetto di un palazzo con architetture e figure allegoriche affrescate.
La fortuna storiografica del pittore, evidentemente stigmatizzata dalla pagina vasariana, giustifica anche la segnalazione di alcuni dipinti a lui attribuiti negli inventari delle collezioni veronesi dell'Ottocento: un Ritratto di sacerdote con guanti a mezza figura, una Crocefissione di Cristo su cuoio dorato e un modello di Ecce Homo riferibile alla pala in S. Nazaro erano nella collezione Bordoni, quest'ultimo forse identificabile con quello confluito nelle collezioni civiche tramite la collezione Bernasconi (Aleardi, 1851, n. 55); il presunto ritratto di Astorre Baglioni, identificato con quello ricordato dal Vasari, veniva segnalato in collezione Sambonifacio; una Crocefissione di Cristo con i ss. Francesco e Antonio Abate e le Marie e un Ritratto di armato erano in collezione Caldana (1822, in Guzzo, 1992-1993). E ancora si ricordano una Deposizione dalla croce e dolenti, attribuita anche a Paolo Caliari, in collezione Sagramoso poi Bernasconi, già nella chiesa di S. Maria della Vittoria (Aleardi, 1851, n. 23), nonché un Ritratto di uomo e un Ritratto di uomo calvo con barba bionda della collezione di Pietro Monga (fine del XIX secolo: Guzzo, 1995-1996, in corso di pubblicazione).
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite... [1568], a cura di R. Bettarini - P. Barocchi, Firenze 1976, IV, p. 578; A. Valerini, Orazione in morte della Divina signora Vincenza Armani... et alcune rime dell'istesso e d'altri autori, Verona 1570; Id., Rime diverse, Verona 1577, pp. n.n.; Id., Le bellezze di Verona, Verona 1586, a cura di G.P. Marchi, Verona 1974, p. 106; C. Sorte, Osservazioni nella pittura, in Trattati d'arte del '500, a cura di P. Barocchi, Bari 1960, I, p. 300; C. Ridolfi, Le maraviglie dell'arte... [1648], a cura di D.F. von Hadeln, II, Berlin 1924, pp. 121 s.; B. Dal Pozzo, Le vite de' pittori, degli scultori et architetti veronesi, Verona 1718, pp. 4, 71, 218, 226, 255, 269, 276; G.B. Lanceni, Ricreazione pittorica, Verona 1720, pp. 59, 181, 243, 245; S. Maffei, Verona illustrata, III, Verona 1732, coll. 157, 164, 178, 183; P.A. Orlandi, Abecedario pittorico, Napoli 1733, p. 347; G.B. Cignaroli, Serie de' pittori veronesi, in G.B. Biancolini, Cronica della città di Verona descritta da Pier Zagata ampliata e supplita, II, 2, Verona 1749, p. 202; F. Baldinucci, Notizie dei professori del disegno ... [1681-1728], VII, Firenze 1770, pp. 132 s.; Verona, Biblioteca Comunale, ms. 1008: S. Dalla Rosa, Catastico delle pitture e delle scolture esistenti nelle chiese e luoghi pubblici situati in Verona [1803-1804], trascrizione a cura della Direzione Musei Civici di Verona, 1958, pp. 52, 187, 266, 269, 321; L. Lanzi, Storia pittorica ... [1808], a cura di M. Capucci, II, Firenze 1970, p. 101; A. Aleardi, Descrizione dei dipinti raccolti da ... C. Bernasconi… Verona 1851, nn. 23, 55; C. Bernasconi, Studi sopra la storia della pittura italiana dei secc. XIV e XV e della scuola pittorica veronese dai medi tempi a tutto il sec. XVIII, Verona 1864, p. 352; D. Zannandreis, Le vite dei pittori scultori e architetti veronesi, a cura di G. Biadego, Verona 1891, pp. 122 s.; G. Biadego, Della vita di O. E, pittore veronese, e di alcune sue opere, in Arte e storia, XXIV (1905), pp. 37-41; G. Trecca, Catalogo della pinacoteca comunale di Verona, Bergamo 1912, pp. 58, 63, 73; C. Garibotto, Regesti di documenti relativi alla storia artistica veronese, in Atti e memorie dell'Accademia di agricoltura scienze e lettere di Verona, CIII (1926), p. 173; L. Franzoni, Per una storia del collezionismo. Verona: la galleria Bevilacqua, Milano 1970, pp. 60, 69-75, 136; T. Mullaly, Disegni veronesi del Cinquecento (catal.), Vicenza 1971, p. 67; R. Brenzoni, Dizionario di artisti veneti, Firenze 1972, pp. 145 s.; L. Rognini, Nuovi documenti per la biografia di Santo Creara (1571-1630), in Vita veronese, XXVI (1973), p. 222; G. Schweikhart, Fassadenmalerei in Verona, München 1973, pp. 253 s.; A. Luzio, La Galleria dei Gonzaga venduta all'Inghilterra nel 1627-28, Roma 1974, p. 107; Cinquant'anni dipittura veronese 1580-1630, catal. a cura di L. Magagnato, Verona 1974, p. 42; L. Rognini, in Maestri della pittura veronese, a cura di P. Brugnoli, Verona 1974, pp. 237-242; L. Franzoni, Nobiltà e collezionismo nel '500 veronese, Verona 1978, pp. n.n.; Palladio e Verona, catal. a cura di P. Marini, Verona 1980, pp. 130, 132, 151 s., 188, 202, 216, 229, 293, 298; L. Rognini, Bernardo Torlioni, mecenate di Paolo Veronese, e il nipote Raffaello, pittore e musico, in Studi storici veronesi Luigi Simeoni, XXXXXXI (1980-1981), p. 155; G. Dillon - S. Marinelli - G. Marini, Museo di Castelvecchio, Verona. La collezione di stampe antiche (catal.), Milano 1985, p. 17; S. Marinelli, Lettera su un viaggio da Mantova a Verona, in Quaderni di palazzo Tè, III (1986), n. 5, p. 40; G. Forti - M. Cova - C. Marini, Pittura murale a Verona. Catalogo delle superfici esterne intonacate e dipinte, II, Verona 1987, pp. 110-111 Proposte e restauri. I musei d'arte negli anni Ottanta, catal. a cura di S. Marinelli, Verona 1987, pp. 12, 154-160; Veronese e Verona, catal. a cura di S. Marinelli, Verona 1988, pp. 47, 164-166, 322-332, 334; S. Marinelli, La pittura a Verona nel Cinquecento, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, Milano 1988, pp. 147 s.; E. Rama, ibidem, p. 715; E.M. Guzzo, Il patrimonio artistico veronese nell'Ottocento tra collezionismo e dispersioni (I), in Atti e memorie della Acc. di agricoltura sc. e lett. di Verona, CLXIX (1992-1993), pp. 485, 500; H. Sueur, in Disegni veronesi al Louvre 1500-1630, catal. a cura di S. Marinelli - P. Marini - H. Sueur, Milano 1993, pp. 140 s.; G. Schweikhart - M. Cova - G. Sona, Pittura murale esterna nel Veneto. Verona e provincia, Verona 1993, pp. 40, 56; S. Marinelli, in Metro de Marascalchi. Restauri studi e proposte per il Cinquecento feltrino, catal. a cura di G. Ericani, Treviso 1994, p. 217; E.M. Guzzo, Il patrimonio artistico veronese nell'Ottocento tra collezionismo e dispersioni (II), in Atti e memorie della Acc. di agricoltura sc. e lett. di Verona, in corso di pubbl.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, pp. 61 s.