ORMEA, Carlo Vincenzo Ferrero di Roasio, marchese d'
Uomo di stato piemontese, nato a Mondovì il 5 aprile 1680, morto a Torino il 29 maggio 1745. Di famiglia nobile, ma povera, fu dapprima giudice a Carmagnola; conosciuto casualmente nel 1706 da Vittorio Amedeo II, entrò in grazia del sovrano che gli conferì successivamente l'intendenza della provincia di Susa, un impiego nell'amministrazione finanziaria, l'intendenza e poi il generalato delle finanze, creandolo prima conte di Roasio poi nel 1722 marchese d'Ormea. Nel 1725, lo inviò a Roma per comporre le vertenze con la S. Sede, sia intorno alle nomine ai vescovati e alle abbazie, sia intorno all'immunità ecclesiastica e ai feudi pontifici in Piemonte, sia infine intorno al riconoscimento di Vittorio Amedeo II come re di Sardegna (v. vittorio amedeo 11). Il d'O. riuscì a cattivarsi la fiducia del pontefice e di personalità della curia e a far concludere le trattative col riconoscimento di Vittorio Amedeo II come re di Sardegna (9 dicembre 1726), col concordato del 29 maggio 1727 tra la Santa Sede e il regno sabaudo e con il breve pure del 29 maggio 1727 circa le nomine ai vescovati, l'uno e l'altro in senso favorevole allo stato sabaudo. Nominato ministro dell'Interno nel 1730, poco prima dell'abdicazione del re, il d'O. si trovò al centro della politica piemontese, rimanendo al suo posto dopo l'abdicazione di Vittorio Amedeo II e l'ascesa al trono dì Carlo Emanuele III: anzi, quando Vittorio Amedeo II cercò di riprendere il potere, fu il d'O. che fece arrestare il vecchio re nel castello di Moncalieri. Divenuto anche ministro degli Esteri nel 1732, insignito dell'ordine della SS. Annunziata, creato, nel 1742, gran cancelliere del regno, il d'O. dominò da allora la vita dello stato sabaudo ed ebbe pertanto parte decisiva nell'atteggiamento assunto da Carlo Emanuele III (v.) nella guerra di successione d'Austria.
Nella politica interna, particolarmente notevole fu, anche dopo il 1730, la sua politica di fronte alla S. Sede. Avendo il nuovo papa Clemente XII dichiarata l'invalidità del concordato del 1727, considerato come lesivo dei diritti della Chiesa, il d'O. rispose dapprima con misure assai energiche contro il clero piemontese e con repliche e controrepliche alle comunicazioni della curia; ma, per cattivarsi questa, nel 1736, attirato Pietro Giannone, odiatissimo dalla curia, sul territorio piemontese, lo faceva imprigionare (v. giannone). In seguito a ciò il papa temperò la sua intransigenza, e con nuove trattative si venne, sotto Benedetto XIV, alle convenzioni del 5 gennaio 1741 e all'istruzione-accordo del 6 gennaio 1742.
Il d'O. è figura di primo rilievo nella storia dello stato sabaudo del secolo XVIII: seppe capire e continuare la forte politica di Vittorio Amedeo II, con un'abilità notevole, in cui l'energia sostanziale dei propositi sapeva all'occorrenza essere accortamente mascherata.
Bibl.: Un efficace ritratto del d'O. nella relazione dell'amb. veneto Foscarini, in F. Gandino, Ambasceria di M. Foscarini a Torino (1741-42), in Nuovo archivio veneto, II. Cfr. A. D. Perrero, Il marchese F. d'O. e le sue aspirazioni al cardinalato, in Curiosità e ricerche di storia subalpina, III: id., Un segreto episodio della vita ministeriale del marchese d'O. e del cav. Ossorio (1740-50), in Atti R. Acc. scienze di Torino, XXXI (1895-96); D. Carutti, Storia di Vittorio Amedeo II, 3ª ed., Torino 1897; id., Storia del regno di Carlo Emanuele III, Torino 1859; G. Della Porta, La politica ecclesiastica di Carlo Emanuele III, Firenze 1910; P. Gobetti, in Risorgimento senza eroi, Torino 1926.