ORMONI
(XXV, p. 571; App. II, II, p. 460; IV, II, p. 680)
Fisiologia umana. − Premessa. − La profonda revisione e gli approfondimenti compiuti negli ultimi anni hanno consentito di confermare e precisare la definizione di o. (v. App. IV, ii, p. 683), quali messaggeri, biochimicamente identificati, che, sintetizzati da cellule specializzate del sistema endocrino, vengono secreti nei fluidi extracellulari in concentrazioni minime (per es., la concentrazione ematica degli o. steroidei e tiroidei oscilla tra valori di 10-n,6 e 10-n,3 M; quella degli o. peptidici tra valori di 10-n,10 e 10-n,17 M) per evocare risposte biologiche specifiche nell'organismo. Gli o. assicurano un incessante dialogo tra cellule, tessuti, organi. S'inseriscono, in tal modo, in un contesto fondamentale degli esseri viventi più evoluti, ponendosi ai vertici gerarchici dei fattori che regolano il ''quadro di controllo'' dell'organismo, integrandosi strettamente e con varie modalità con sostanze specifiche, appartenenti ad altri sistemi: contribuiscono perciò a costituire il nucleo centrale informazionale dell'individuo.
Gli approfondimenti recenti sono stati resi possibili dalle tecnologie sempre più sofisticate (metodi di dosaggio immunometrici, tecniche del DNA ricombinante, dell'ibridazione in situ, sonde genetiche, ecc.) impiegate per chiarire il significato, le funzioni, le interrelazioni di tali sostanze, i cui effetti biologici sono rilevabili praticamente a livello di ogni cellula, di ogni tessuto, di ogni organo.
Commentando la definizione proposta, è da segnalare, anzitutto, che gli o. appartengono a classi biochimiche diverse. Si suddividono, infatti, in tre gruppi.
Ormoni a struttura peptidico-proteica: corticotropina (ACTH), o. sintetizzato dall'ipofisi che stimola l'attività del corticosurrene; tireotropina (TSH), o. ipofisario che controlla l'attività della ghiandola tiroidea; gonadotropine (LH: luteostimolante; FSH: follicolostimolante), che regolano nell'uomo la funzione testicolare (ormonogenetica e spermiogenetica), nella donna la funzione ovarica (ormonogenetica, follicologenetica, luteogenetica); somatotropo (GH o STH), o. ipofisario che presiede al processo di accrescimento e a vari processi metabolici; prolattina (PRL), o. ipofisario che controlla il processo di lattazione; paratormone (PTH), sintetizzato dalle paratiroidi; calcitonina, derivante dalle cellule tiroidee parafollicolari, che controllano il metabolismo fosfocalcico; insulina (I) e glucagone (G), o. pancreatici che regolano il metabolismo glicidico; melatonina (M), sintetizzata dall'epifisi, che sembra modulare il sistema ipofiso-gonadico e regolare i processi cronobiologici; ecc.
Ormoni a struttura steroidea: cortisolo (C), sintetizzato dal corticosurrene, ad azione glicoattiva e metabolica in genere; aldosterone (A) a derivazione corticosurrenalica, che interviene a livello renale sull'escrezione del sodio e del potassio; estrogeni (E), progesterone (P) e testosterone (T), sintetizzati i primi due dall'ovaio, il terzo dal testicolo, e che intervengono nell'attività riproduttiva; ecc.
Ormoni derivanti da aminoacidi aromatici: adrenalina (A) e noradrenalina (NA), sintetizzati dalla midollare del surrene, ma anche dai neuroni del sistema nervoso centrale (SNC) e periferico, che svolgono la loro attività biologica sul metabolismo (per es. glicogenolisi e lipolisi) e su cuore e vasi (a livello neuronale A e NA svolgono il ruolo di ''neurotrasmettitori''); tiroxina (T4) e triiodotironina (T3), o. prodotti dalla ghiandola tiroide che presiedono al controllo del metabolismo di base, ai processi di maturazione e accrescimento (v. anche, per altri dettagli, la tab. 1).
Le caratteristiche biochimiche degli o. consentono un'ulteriore suddivisione, che, come si specificherà successivamente, ha importanza nei meccanismi di trasporto e di azione: o. idrosolubili (o. peptidici e proteici, adrenalina e noradrenalina); o. liposolubili (o. steroidei che derivano dal colesterolo; o. tiroidei; prostaglandine, che derivano da acidi grassi poliinsaturi; 1,25 diidrossicolecalciferolo, secosteroide derivato per idrossilazione dalla vitamina D3).
La sede di origine degli o. classicamente è stata per anni identificata a livello delle ghiandole endocrine, organi ben delineabili strutturalmente e morfologicamente, costituiti da cellule di tipo epiteliale disposte in ammassi o in cordoni con o senza lume centrale: ipofisi, ghiandole ipofiso-dipendenti (tiroide, surrene, testicoli, ovaie), paratiroidi, pancreas endocrino, placenta, epifisi. Successivamente sono stati identificati o. sintetizzati e secreti da sistemi cellulari non strutturati anatomicamente a formare una vera e propria ghiandola e altri formati da precursori nei tessuti periferici o nel sistema circolatorio (v. App. IV, ii, p. 681). È interessante, ancora, il rilievo che nell'uomo cellule tumorali, non derivanti da ghiandole o sistemi cellulari endocrini, possono, talvolta, sintetizzare e immettere in circolo sostanze proteiche con struttura e attività biologica sovrapponibile a quella degli o. peptidici sintetizzati fisiologicamente dai sistemi o.-secernenti. La lista degli o. isolati, classificati, identificati biochimicamente si è, così, progressivamente dilatata e, contemporaneamente, sono crollati alcuni dogmi dell'endocrinologia tradizionale. La definizione data nel 1905 da E.H. Starling, secondo cui gli o. sono da considerare sostanze prodotte da un organo e destinate a ''eccitare'' qualche processo vitale, definizione successivamente ampliata in base al concetto che gli o. sono composti chimici che circolano nel sangue per raggiungere un determinato organo capace di rispondere, va rivista criticamente. Anzitutto, va sottolineato che circoscrivere l'azione degli o. a una funzione eccitante o stimolante appare, sulla base delle conoscenze attuali, decisamente riduttivo e superato, come si specificherà successivamente. Se è vero, inoltre, che molti o. vengono secreti nel torrente circolatorio per raggiungere bersagli distanti dalle cellule che li sintetizzano (attività endocrina), va sottolineato che è noto, oggi, che gli o. possono esercitare la loro attività biologica su cellule adiacenti a quelle di produzione, cellule a cui giungono attraverso i liquidi intercellulari, senza passare nel circolo generale (attività paracrina); oppure, l'o. può agire sulla medesima cellula da cui è stato secreto (attività autocrina).
In tema di interrelazioni tra sistemi d'informazione dell'organismo, il sistema endocrino (SE) e il sistema nervoso centrale (SNC) sino a non molti anni orsono venivano considerati distinti tra loro e dotati di sistemi diversi di trasmissione dei rispettivi ''messaggeri'' (o. nel caso del SE, neurotrasmettitori nel caso del SNC).
Il SNC si avvale, dal lato informazionale, di un sistema di trasmissione rapida del messaggio che viene canalizzato nelle diramazioni del neurone (assone, dendriti) e il punto nodale della propagazione dell'informazione è costituito dalle sinapsi: zone di contatto tra due neuroni che costituiscono una barriera che l'impulso nervoso deve superare. Tale barriera è delimitata dalla terminazione presinaptica di un neurone e la superficie postsinaptica del neurone contiguo, separate da una fessura sinaptica, di circa 20 mμ. Il passaggio dell'informazione da un neurone all'altro, in sintesi, è consentito dall'azione indotta bioelettricamente (depolarizzazione elettrica della membrana presinaptica), di mediatori chimici (neurotrasmettitori) liberati nel vallo sinaptico che interagiscono con specifici recettori di membrana della superficie postsinaptica in grado di riconoscere e codificare il messaggio che viene eventualmente trasmesso ad altri neuroni (rete neuronale). Le monoamine neurotrasmettitoriali identificate sono numerose: quelle tradizionali sono rappresentate dalla NA, dall'A, dalla dopamina, dall'acetilcolina, dalla serotonina, dal GABA (acido gamma aminobutirrico).
Il SE si avvale di messaggeri (gli o.) che diffondono liberamente, attraverso il sistema circolatorio e i fluidi extracellulari, nell'organismo, ma anch'essi esigono, perché l'informazione trasmessa venga captata, specifici recettori cellulari. Oggi le distinzioni tra SE e SNC sono, in gran parte, cadute, tant'è che è nata una nuova disciplina che trae la sua origine dalla stretta integrazione esistente tra i due sistemi: la neuroendocrinologia (NE). I livelli d'integrazione, peraltro, non si limitano al SNC e al SE: negli organismi superiori tra i sistemi informativi più importanti figura anche il sistema immunitario (SI). Tutta una serie di ricerche recenti hanno evidenziato stretti rapporti tra SNC, SE e SI: da ciò un'ulteriore branca del sistema informativo dell'organismo: la neuroendocrinoimmunologia.
Ormoni e sistema nervoso. − È da rilevare, anzitutto, che le terminazioni sinaptiche dei neuroni non differiscono sostanzialmente dai sistemi cellulari endocrini. La rapidità dell'azione e la breve distanza tra la fonte e il destinatario dell'informazione, caratteristiche della trasmissione nervosa, sono tipiche anche dell'attività paracrina degli o. cui abbiamo accennato in tema di premesse. Per di più, in certe sinapsi chimiche (non direzionali), il neurone presinaptico è collocato a distanza dal neurone postsinaptico: la distinzione tra trasmissione sinaptica e trasmissione ormonale endocrina diviene, così, più sfumata. Ma l'evento fondamentale che ha sancito la profonda integrazione tra SE e SNC risale al lontano 1928, quando i coniugi E. e B. Sharrer evidenziarono in alcuni neuroni ipotalamici di diverse specie animali la presenza di ''granuli'' simili a quelli caratteristici di alcune ghiandole endocrine che sintetizzano polipeptidi: nasce così il concetto di ''neurosecrezione''. Tali ricerche hanno costituito le premesse per tutta una serie di indagini che rappresentano le basi della NE, definita, appunto, "lo studio delle relazioni tra sistema nervoso e sistema endocrino" (Martin e Reichlin 1987). In particolare, i neuroni dei nuclei magnocellulari dei nuclei sopraottico e paraventricolare ipotalamici sintetizzano sostanze ormonali peptidiche (neuroormoni: NO), e cioè ossitocina e adiuretina, che vengono trasportate lungo il cilindrasse della cellula nervosa e che si depositano nell'ipofisi posteriore o neuroipofisi (a genesi embriologica diversa dall'ipofisi anteriore, o adenoipofisi), pronti per essere immessi nella circolazione generale.
Altri nuclei dell'ipotalamo, inoltre, parimenti sotto il controllo di centri nervosi superiori, producono NO che, sintetizzati a livello dei neuroni, si riversano nel circolo venoso portale che collega, per via ematica, strutture ipotalamiche e adenoipofisi: questi NO, definiti releasing o inhibiting hormones controllano, stimolando o inibendo, la sintesi e la secrezione in circolo di tutti gli o. peptidici dell'adenoipofisi (v. tab. 2). In tali casi, pertanto, si realizza un sistema d'informazione misto: anzitutto di tipo nervoso (una o più reti neuronali, tramite specifici neurotrasmettitori, regolano la sintesi e la secrezione di neuropeptidi ormonali o NO); in successione di tipo endocrino (i neuroni sede della sintesi di neuropeptidi liberano in circolo NO specifici che, come abbiamo accennato, stimolano o inibiscono l'attività di certi citotipi ipofisari). Le differenze tra o. intesi in senso tradizionale e neurotrasmettitori divengono ancor più sfumate qualora si consideri che la dopamina, ritenuta classicamente un tipico neurotrasmettitore, svolge anche attività ormonale quando, liberata dall'ipotalamo nel circolo portale, funge da NO inibitore delle cellule ipofisarie PRL-secernenti (prolactin inhibiting factor: PIF). Analoghe conclusioni possono essere tratte per la NA e la A, tipici neurotrasmettitori a livello del SNC e, al tempo stesso, tipici o., in quanto sintetizzati e secreti dalla midollare del surrene.
In tale gioco di sovrapposizioni e integrazioni si colloca l'articolazione di vari messaggeri che presiede all'autoregolazione del sistema neuroendocrino con un sistema di segnali ''a cascata'': ''messaggi verticali discendenti''. Tali segnali originano da un ''programma'' localizzabile a livello del SNC che lancia un segnale di attivazione di un SE. Esemplificando sulla secrezione di o. steroidei e o. tiroidei, la sequenza della trasmissione può essere così schematizzata: SNC extraipotalamico=segnali neurotrasmettitoriali→SNC ipotalamico=NO stimolanti o inibenti→ipofisi anteriore=aumentata secrezione di tropine ipofisarie (per es. ACTH, LH e FSH, TSH)→ghiandole endocrine periferiche (corticosurrene, testicolo od ovaio, tiroide)=aumentata secrezione di cortisolo, o testosterone, o estrogeni, od o. tiroidei. Entrano quindi in azione ''messaggi ascendenti o retroattivi'' rappresentati dagli o. prodotti dalle ghiandole endocrine periferiche: gli ''o. periferici'' con un meccanismo retrogrado (feedback) in genere inibitorio (feedback negativo), talvolta attivatorio (feedback positivo), modulano l'attività del ''programmatore centrale'' (SNC extraipotalamico, SNC ipotalamico, ipofisi) ragguagliandolo sulle necessità ormono-metaboliche attuali dell'organismo: si realizza, in definitiva, un riequilibrio del sistema. Rientra in questo ambito anche il sistema di ''messaggi ormono-metabolici orizzontali'', costituiti, per es., dall'integrazione tra o. del sistema Prl-secernente e o. del sistema gonadotropino secernente; dalle integrazioni tra o. steroidei surrenalici e o. gonadici; dallo scambio di informazioni e dal reciproco controllo tra fattori metabolici e ghiandole endocrine relativamente indipendenti dal ''programmatore centrale'' (è il caso, per es., dei rapporti tra variazioni della glicemia e secrezione d'insulina da parte del pancreas endocrino: aumento o diminuzione dei livelli glicemici, rispettivamente stimolano o inibiscono la secrezione di I). Accanto al concetto di feedback si sono recentemente associati altri concetti che rientrano nel sistema di regolazione del SE: quello di feed-forward che contempla il fenomeno per cui un messaggio specifico centrale viene amplificato ''a cascata'' passando dai NO ipotalamici alle tropine ipofisarie, agli o. secreti dalle ghiandole endocrine periferiche o bersaglio ipofiso-dipendenti; quello, inoltre, di feed-sideward che consiste nel processo di modulazione dell'attività di un SE da parte degli o. provenienti da un altro SE non direttamente collegato con il precedente sistema.
I sistemi di feedback ormonale, infine, vengono classificati in base alla lunghezza del circuito di retroazione (loop): feedback lungo, quando, per es., il segnale retroattivo giunge al ''programmatore centrale'' dalle ghiandole endocrine periferiche; feedback corto quando il messaggio di retrocontrollo giunge da un livello relativamente vicino: per es., le tropine ipofisarie controllano la secrezione di NO ipotalamici; feedback ultracorto, quando il messaggio proviene da un sistema contiguo o, addirittura, dalla stessa sostanza ormonale che il sistema produce (meccanismo informativo autocrino).
L'interazione tra o. e SNC non si esaurisce negli aspetti che abbiamo, sia pur schematicamente, esaminato. È di grande rilevanza la constatazione che una serie di polipeptidi ipofisari (per es.: ACTH, GH, Prl, TSH), di NO ipotalamici (per es.: TRH, somatostatina, ossitocina, vasopressina, LHRH), di o. gastrointestinali (per es.: colecistochinina, enteroglucagone, neurotensina, ecc.) sono stati localizzati nel SNC extraipotalamico (v. tab. 3). Si è ipotizzato che tali sostanze possano giungere all'encefalo, attraverso un flusso ematico retrogrado dall'ipofisi, per ciò che concerne le tropine anteroipofisarie; oppure possano attraversare la barriera ematoencefalica: è verosimile, infine, che vengano sintetizzati localmente nell'encefalo a opera di specifici neuroni in determinate zone. Tali neuropeptidi interagiscono e con l'attività informazionale del SNC e con i sistemi di regolazione dei SE. Svolgono, anche, un ruolo importante sul comportamento dell'individuo. Per es., ACTH e suoi frammenti, ossitocina, vasopressina, endorfine anche privi delle loro classiche proprietà endocrine, intervengono attivamente sui processi motivazionali, sull'apprendimento, sulla memorizzazione, sullo sviluppo della tolleranza e della dipendenza ai narcotici, analgesici, ecc. (Marrama e altri 1987; v. anche neuroendocrinologia, in questa Appendice).
Ormoni e sistema immunitario. − Le ricerche sulle interazioni tra o., sistema neuroendocrino e sistema immunitario si sono moltiplicate negli ultimi anni, sulla scorta, anche, di osservazioni comuni basate sull'ipotizzato rilievo di associazione tra ''personalità'' e malattie. H. Seyel, del resto, aveva documentato sin dal 1936 che nel corso di situazioni stressanti è rilevabile un'involuzione del timo (Blalock e Bost 1988). J.E. Blalock (1988) ha sottolineato recentemente che la corticotropina (ACTH) è stato uno dei primi o. polipeptidici descritti e anche il primo o. identificato nel sistema immune. Gli esempi che confermano le strette interrelazioni tra o. e sistema immune sono ormai molteplici: sia nell'animale che nell'uomo è documentato che stati emozionali intensi e prolungati, o una depressione endogena, possono sia modificare il quadro endocrino, sia condizionare le risposte immuni, rendendo l'individuo più vulnerabile nei confronti di varie patologie; l'ACTH (tramite la stimolazione della secrezione del cortisolo da parte del corticosurrene) e l'o. della crescita interferiscono, rispettivamente, sui processi infiammatori e sull'immunocompetenza; i linfociti circolanti nel sangue periferico, attivati da infezioni virali, sono in grado di sintetizzare ACTH ed endorfine; il TSH, l'arginina-vasopressina sono stati identificati nel sistema immune; il NO che stimola la secrezione di ACTH (CRF) ipofisario è in grado di stimolare la sintesi de novo dell'ACTH leucocitario.
In particolare l'interleuchina 1 (IL-1) alfa e beta e l'interleuchina 2 (IL-2), appartenenti alla famiglia delle citochine, peptidi prodotti dalle cellule immunocompetenti, svolgono tutta una serie di effetti extraimmunologici: nell'animale, la somministrazione di IL-1, e in misura minore di IL-2, determina un aumento della secrezione ipofisaria di ACTH. L'azione stimolante la secrezione del citotipo ipofisario corticotropo secondo alcuni autori è di tipo diretto, secondo altri è mediata dalla stimolazione ipotalamica nei neuroni CRH localizzati nel nucleo paraventricolare e nell'eminenza mediana che comunica con l'ipofisi attraverso i vasi del sistema portale. D'altro canto citodine vengono sintetizzate nel SNC e recettori per l'IL-1 sono presenti in particolare nell'ipotalamo. L'aumento dei glicocorticoidi che si verifica durante la risposta immunitaria potrebbe essere, almeno in parte, determinato dall'IL-1 e dell'IL-2. Per converso, i glicocorticoidi sembrano essere in grado di sopprimere le sintesi dell'IL-1 e dell'IL-2 (v. fig. 1).
In sintesi, secondo il modello proposto recentemente da Blalock, stimoli ''cognitivi'' (emozionali, sensoriali) investono in prima istanza il SNC che, con meccanismo a cascata, coinvolge il SE e quindi il SI; stimoli ''non cognitivi'' (tossine batteriche, virus, ecc.) agiscono dapprima sul SI, il quale, dal canto suo, da un lato attiva il SE, dall'altro informa il SNC dei processi in atto (fig. 2).
Ormoni e cronobiologia. − Le regioni dello spettro dei ritmi biologici (v. App. IV, ii, p. 683) vengono espresse con termini mutuati dalla fisica: per es., ritmi ultradiani, ritmi con periodo inferiore alle 20 ore, la cui importanza è immediatamente evidente quando si pensi alla secrezione pulsatile delle gonadotropine, fondamentale per il raggiungimento e il mantenimento della funzione riproduttiva; ritmi circadiani, con un periodo di 24±4 ore, tipici del cortisolo; ritmi circatrigintani (circamensili), caratteristici degli o. che modulano il ciclo mestruale.
L'analisi dei ritmi può essere effettuata con tecniche analitiche di tipo macroscopico (semplice rilievo dei dati rilevati posti in grafico in funzione del tempo); di tipo microscopico, la cui tecnica maggiormente in uso è costituita dalla definizione cosinusoidale che meglio approssima i dati ottenuti con la rilevazione seriata: tecnica del cosinor. I termini cronobiologici che consentono l'analisi del cosinor sono: periodo (durata completa del ciclo di una variabile ritmica che viene espresso in unità di tempo: minuti, ore, giorni, anni); frequenza (numero dei cicli nell'unità di tempo); mesor (valore medio della funzione); ampiezza (metà dell'estensione totale della funzione); acrofase (distanza espressa in unità di tempo o in gradi da un punto di riferimento al picco della curva della funzione).
È verosimile che il modulatore essenziale delle secrezioni ritmiche ormonali risieda, nella maggior parte dei casi, nel SNC laddove le variazioni dell'ambiente esterno assumerebbero il ruolo di ''sincronizzatori''. In altri termini, i segnali provenienti dall'esterno, in veste di sincronizzatori, non sono in grado d'indurre la comparsa di bioritmi, ma ne condizionano le caratteristiche.
Sintesi, secrezione, trasporto e meccanismo d'azione degli ormoni. − I meccanismi di biosintesi degli o. polipeptidici sono regolati dai principi della biologia molecolare propri della sintesi proteica: essendo tali o. costituiti da un numero variabile di residui aminoacidici, la loro sintesi è indotta dall'attivazione di uno o più geni. Il dogma centrale della biologia molecolare sancisce il principio di un flusso unidirezionale dell'informazione genetica: DNA→RNA→proteine.
L'espressione del gene avviene a livello di due diversi compartimenti cellulari: nucleo e citoplasma. A livello del nucleo una prima fase è costituita dal processo di trascrizione del messaggio codificato nel DNA in una molecola di RNA messaggero precursore (pre-RNAm). La fase successiva, maturazione, è caratterizzata da un riarrangiamento molecolare dei trascritti primari che contempla l'eliminazione (splicing) degli introni (porzioni più o meno lunghe del DNA che non codificano per la sintesi proteica), la saldatura degli esoni (porzioni che codificano per la proteina), l'aggiunta di una sequenza di residui adenilici (poli-A), l'aggancio di un cappuccio (CAP): il 7-metilguanosina-5-trifosfato. L'RNA ''maturo'' inizia il processo di traduzione a livello dei ribosomi: determina, cioè, la sequenza degli aminoacidi nella proteina neosintetizzata, sulla base dello specifico ordine con cui si susseguono i vari nucleotidi. Le proteine di presecrezione si trasferiscono nel complesso di Golgi, ove avviene la maturazione dell'o. e si formano i granuli di secrezione, che vengono liberati per stimolazione da parte di specifici segnali nei fluidi extracellulari attraverso un processo di secrezione mediante esocitosi.
Gli o. proteici originano generalmente da un precursore di dimensioni maggiori, a struttura più complessa, talvolta ad attività biologica debole nei confronti dell'o. fisiologico che rappresenta il prodotto finale. La sintesi degli o. derivati da aminoacidi aromatici (per es.: adrenalina, melatonina, ecc.) è regolata da una sequenza di reazioni enzimatiche che, progressivamente, convertono l'aminoacido di origine nel composto ormonale definitivo. Anche la produzione degli enzimi specifici deputati alla formazione di tali o. è frutto di un'espressione genica la quale ricalca sostanzialmente i meccanismi responsabili della sintesi proteica. La peculiarità della sintesi degli o. tiroidei è costituita dalla presenza, nella molecola ormonale, di jodio che viene utilizzato come jodio libero. La biosintesi degli o. steroidei è legata anch'essa all'attività di una lunga sequenza di enzimi preposti alla loro produzione. La molecola di origine degli steroidi, siano essi di derivazione corticosurrenalica o di derivazione dalle gonadi (testicolo, ovaio), è stata identificata nel colesterolo.
Riguardo al trasporto degli o. dalla sede di produzione ai tessuti periferici (tessuti o cellule bersaglio) si può precisare che le specifiche proteine che in gran parte veicolano gli o. steroidei e gli o. tiroidei nel circolo ematico posseggono un'alta affinità e una bassa capacità di legame. Gli o. idrosolubili vengono trasportati in circolo in soluzione e quindi non necessitano di uno specifico vettore di trasporto; gli o. liposolubili, per altro verso, richiedono un veicolo proteico per essere trasportati nel sistema circolatorio. Tipiche proteine di trasporto sono: la globulina che lega la tiroxina (Thyroxine Binding Globulin, TBG), la globulina che lega gli o. gonadici-sessuali (testosterone, estradiolo: Sex-Hormone Binding Globulin, SHBG), la globulina che lega il cortisolo (Cortisol Binding Globulin, CBG). In carenza o in assenza di tali proteine specifiche gli o. liposolubili possono essere trasportati dall'albumina e dalla prealbumina.
Tappa fondamentale per la trasmissione dell'informazione ormonale è costituita dai meccanismi che presiedono alla determinazione dell'effetto biologico degli ormoni. È da sottolineare, anzitutto, che, a questo proposito, gli effetti degli o. sono complessi: un singolo o. può sviluppare effetti biologici diversi in vari tessuti e, nello stesso tessuto, in differenti periodi della vita: peraltro, alcuni processi biologici sono sotto il controllo di un singolo o., laddove altri richiedono interazioni complesse tra diversi o. (Wilson e Foster 1985). Il testosterone, per es., è in grado di determinare tutta una serie di effetti biologici: differenziazione maschile dei dotti di Wolff, induzione della spermatogenesi, crescita del sistema pilifero, attività anabolica con ritenzione di azoto, ecc. In base alle attuali cognizioni acquisite da ricerche genetiche e dalla biologia molecolare siamo oggi in grado di affermare, come verrà specificato successivamente, che i diversi effetti biologici del testosterone sono riconducibili a un unico meccanismo d'azione. Per altro verso, la regolazione dei livelli ematici di glucosio è modulata dall'azione congiunta e coordinata di tutta una serie di o.: insulina, glucagone, adrenalina, noradrenalina, cortisolo, GH. Condizione essenziale per avviare la serie di processi biologici che determinano l'azione ormonale, è che gli o., inviati dalle ghiandole e dai sistemi cellulari endocrini, trovino a livello di determinate cellule di organi e tessuti ''bersaglio'' una struttura specifica in grado di codificare il messaggio ormonale e di amplificarlo e tradurlo in determinate sequenze biochimico-metaboliche (v. App. IV, ii, p. 684).
Le cellule bersaglio sono programmate geneticamente per sintetizzare recettori specifici per un determinato o. e per dotarsi dell'equipaggiamento enzimatico in grado di realizzare l'effetto biologico cellulare dell'ormone. La struttura del recettore, che ha dimensioni maggiori e maggiore complessità stereo-chimica dell'o., è di natura proteica e ha una costituzione spaziale in grado di favorire al massimo il legame di carattere sterico o elettrico con l'o.; si forma, in tal modo, il complesso o.-recettore (H-R):
ormone+recettore⇆complesso ormone-recettore.
Il numero dei recettori (R) di una cellula bersaglio per un certo o. è limitato ed è determinato dalla velocità della sintesi del R in rapporto alla velocità di degradazione del R stesso: il rapporto è regolato dall'o. omologo o, talvolta, da altri ormoni. Un o. che determina un aumento del numero dei R esprime un fenomeno definibile up-regulation (regolazione a rialzo). Al contrario, l'azione di un o. (in genere o. proteici o peptidici) su di una cellula bersaglio può determinare, in certe situazioni, una diminuzione notevole della sensibilizzazione della cellula di un determinato o., per una rimozione e per una inattivazione dei R: fenomeno denominato down-regulation ("regolazione al ribasso"). Anche a livello dei recettori, pertanto, esistono meccanismi in grado di modulare l'attività biologica dell'ormone.
L'interazione tra o. e cellule bersaglio può verificarsi con duplice modalità.
O. peptidici e catecolamine, o. idrosolubili, svolgono generalmente la loro azione a livello della membrana cellulare nel cui contesto è collocato il sito recettore (R), senza passare all'interno della cellula. Una sostanza, 3′5′adenosin monofosfato ciclico (cAMF), svolge in questo ambito un ruolo importante: l'o. circolante, ''primo messaggero'', interagisce con il R della membrana cellulare (complesso H-R) attivando un enzima: l'adenilato ciclasi. L'enzima catalizza la formazione di cAMP, ''secondo messaggero'' dall'adenosin trifosfato (ATP). Il ''secondo messaggero'' (cAMP) traduce e trasmette l'informazione ormonale ai meccanismi intracellulari. In realtà, non è il complesso H-R che stimola direttamente l'enzima adenilato ciclasi, ma l'azione è mediata da una proteina complessa, situata nella membrana cellulare vicino al R: la proteina G. Il segnale esterno degli o. polipeptidi e delle catecolamine può essere trasmesso a livello intracellulare anche utilizzando un insieme di secondi messaggeri, costituiti da ioni calcio (Ca++) e inositolo trifosfato e diacilglicerolo. Queste due ultime sostanze sono derivate dai fosfolipidi di membrana (Roth e Grunfeld 1985).
La ricezione del ''messaggio'' degli o. steroidei, costituiti da molecole piccole e liposolubili, avviene all'interno della cellula, potendo tali sostanze attraversare la membrana cellulare. Nella cellula esistono recettori specifici che legano gli o. con alta affinità e con bassa capacità.
Negli anni Sessanta è stato ipotizzato un meccanismo a due tappe (two steps hypothesis: ipotesi delle due tappe) che prevedeva un modello d'azione per gli o. steroidei (per es. estradiolo) rimasto immodificato per circa 20 anni: 1) l'o. steroideo attraversa la membrana plasmatica della cellula bersaglio, si lega ai R specifici per l'o. presenti nel citoplasma formando un complesso H-R che si associa a un cambiamento conformazionale del R che diviene attivato; 2) il complesso H-R si trasferisce nel nucleo della cellula, interagisce con il genoma determinando una modificazione dell'espressione genica della cellula. Negli anni Ottanta tale modello è stato modificato alla luce di recenti acquisizioni: il R per gli o. steroidei non ha localizzazione citoplasmatica, ma è situato a livello del nucleo della cellula; la tappa del meccanismo è dunque unica, anche se ciò non modifica il punto cruciale dell'azione ormonale, che è costituita da un'interazione diretta con la cromatina nucleare e dal controllo dell'espressione genica (Fiorelli 1988).
Il meccanismo d'azione degli o. tiroidei è simile a quello che è stato descritto per gli o. steroidei: tiroxina e triiodotironina sono molecole piccole e liposolubili; esse sono in grado perciò di attraversare la membrana plasmatica e formare un complesso H-R direttamente con la cromatina nucleare, in modo da regolare l'espressione genica.
Da un punto di vista generale, in conclusione, gli o. inviano informazioni che consentono all'organismo di controllare tutta una serie di fenomeni vitali essenziali: l'accrescimento somatico, la differenziazione di tessuti e organi, l'attività riproduttiva, processi metabolici, reazione di difesa nei confronti di aggressioni esterne (stress, per es.), strutturazione cronobiologica dell'organismo (Marrama e Angeli 1989).
Bibl.: J.D. Wilson, D.W. Foster, Introduction a Williams textbook of endocrinology, a cura di J. Wilson e D.W. Foster, Londra 1985, pp. 2 ss.; J. Roth, C. Grunfeld, Mechanism of action of peptide hormones and cathecolamines, ibid., pp. 33 ss.; P. Marrama, C. Carani, D. Piccinini, Il piacere e le sue basi biologiche, in Psiconeuroendocrinologia del piacere, a cura di G. Abraham, P. Marrama, C. Carani, J.-M. Gaillard, Milano 1986; J.B. Martin, S. Reichlin, Clinical neuroendocrinology, Filadelfia 1987, pp. 87 ss.; J.E. Blalock, K.L. Bost, Introduction a Neuroimmunoendocrinology, Basilea e altri luoghi 1988, p. ix; J.E. Blalock, Production of neuroendocrine peptide hormones by the immune system, ibid., pp. 1 ss.; G. Fiorelli, Recettori degli ormoni, in Endocrinologia, a cura di G. Giusti e M. Serio, Firenze 1988, pp. 9 ss.; P. Marrama, A. Angeli, Manuale di endocrinologia, Milano 1989.
Ormoni vegetali. - Uno dei settori più vivaci e promettenti della fisiologia vegetale negli anni recenti è stato quello dell'analisi ormonale dell'accrescimento delle piante, sul quale la letteratura scientifica si è arricchita di un numero molto elevato di contributi (v. anche accrescimento: Botanica, in questa Appendice).
Cinque sono i tipi riconosciuti di o. vegetali (o fitormoni), intesi quali sostanze attive, sintetizzate in un sito della pianta e capaci di diffondersi verso altre regioni di essa, dove esplicano i loro effetti, agendo a concentrazioni molto basse (10−6÷10−8M), e dove determinati tessuti e organi rispondono ai messaggi chimici ricevuti con risposte caratteristiche e manifeste. Dapprima furono studiate le sostanze attive nel determinare l'aumento di dimensione delle cellule per distensione della parete cellulare (auxine, gibberelline: 1926-34); quindi altre che in gruppi di cellule in coltura in vitro promuovono la divisione cellulare (citochinine: 1954).
L'etilene (CH2=CH2) fu riconosciuto verso il 1962 come importante o. vegetale: esso, che è il più semplice idrocarburo insaturo e la cui via di biosintesi parte dalla metionina, ha funzione prevalentemente inibitoria e agisce come fattore d'invecchiamento nella maturazione dei frutti, ma può essere collegato a vari effetti delle auxine. V'è uno spiccato antagonismo tra alcune azioni dell'auxina e dell'etilene: per es., per l'abscissione e per il risveglio delle gemme dormienti stimolati dall'etilene e inibiti dall'auxina. L'etilene interagisce anche con altri o. vegetali e con la luce rossa ed estremo-rossa delle lunghezze d'onda attive nel fotoperiodismo.
Una fase più recente delle scoperte sui fitormoni ha riguardato sostanze con funzione inibitoria dell'accrescimento, che intervengono nel controllo della dormienza (letargo), nella regolazione della caduta delle foglie e del riposo dei semi e delle gemme (dormine o abscissine: 1964). A proposito della fioritura è stato ipotizzato un o. finora non isolato né identificato, detto florigeno, nel tentativo d'interpretare esperimenti in cui, in piante fotoperiodicamente sensibili, la foglia invia un segnale al germoglio apicale e avvia la transizione dalla fase vegetativa a quella riproduttiva, inducendo l'inizio della fioritura.
F.W. Went fu il primo a dare la dimostrazione quantitativa di un o. vegetale, isolando su blocchetti di agar l'auxina, agente diffusibile prodotto nei meristemi apicali e identificato poi come acido indol-3-acetico (IAA), che è forse l'unica auxina naturale (fig. 3). Gli o. auxinici in alcuni tessuti controllano la crescita per estensione delle cellule, accelerano la velocità di divisione delle cellule, regolano la morfogenesi nei calli di coltura, stimolano la formazione delle radici (radicazione delle talee) e dei frutti, controllano la dominanza apicale, lo sviluppo di getti laterali, l'attività del cambio, la caduta delle foglie, provocano la formazione di frutti partenocarpici e differiscono la maturazione dei frutti e i processi di senescenza.
Numerose sostanze, analoghi sintetici delle auxine, come gli acidi α−naftalenacetici e fenossiacetici sostituiti (NAA, 2, 4-D, IBA, ecc.), prodotti a partire dagli anni Trenta, simulano vari effetti biologici delle auxine e, a forti concentrazioni, sono tossici e usati come diserbanti. Queste sostanze (che non sono o., in quanto non sintetizzate dalla pianta) sono largamente impiegate in agricoltura per il loro costo contenuto e per il fatto che, essendo molto più attive sulle Dicotiledoni che non sulle Monocotiledoni, permettono la distruzione delle erbe infestanti a foglia larga, nocive alle colture di cereali e ai prati.
La prima gibberellina fu estratta, quasi contemporaneamente alla scoperta dell'auxina, da fitopatologi giapponesi (E. Kurosawa, 1926) nel corso di ricerche sulla malattia crittogamica bakanae, che provoca gigantismo, quindi eccesso di crescita, in piante di riso. Tuttavia, poiché negli anni Venti e Trenta l'interesse dei ricercatori restò concentrato sulle auxine e sui loro analoghi sintetici, l'attenzione scientifica sulle gibberelline, delle quali la più studiata è la gibberellina A3 o acido gibberellico (GA3), venne attratta solo nei primi anni Cinquanta.
Le gibberelline sono un gruppo numeroso, di cui sono note finora oltre 60 sostanze, ben distinto da quello delle auxine, con le quali condividono qualche effetto; non tutte sono attive e alcune sembrano essere precursori dell'acido gibberellico GA3. Sono acidi diterpenici, la cui via biosintetica inizia dall'acetato attivo attraverso il mevalonato, il farnesilpirofosfato e il caurene, e comprende varie ossidazioni catalizzate da enzimi affini ai citocromi.
La sintesi delle gibberelline può avvenire in parti diverse della pianta, e il loro trasporto non appare polare e diretto dagli apici verso la radice come per le auxine, ma piuttosto dalla radice verso le parti aeree della pianta. Le gibberelline stimolano l'allungamento del fusto attraverso l'ingrandimento delle cellule e la moltiplicazione cellulare, che si osserva sia nei tessuti in coltura, sia nelle regioni meristematiche dei fusti di piante intere; in certe piante inducono l'interruzione del letargo dei semi e dei germogli, influiscono sul controllo dell'attività cambiale e della produzione di frutti e sostituiscono l'esigenza che alcune piante hanno di un periodo induttivo di freddo per la fioritura; inoltre, nel processo della fioritura, le gibberelline possono in molte specie sostituire l'esigenza di un fotoperiodo lungo, il che dimostra una loro interazione con la luce delle lunghezze d'onda attive nei fenomeni fotoperiodici. Alcune sostanze in commercio come ritardanti della crescita (Phosphon D, Amo-1618, CCC o Cycocel, ecc.) inibiscono la sintesi delle gibberelline bloccando la conversione del geranilgeranilpirofosfato o la reazione tra caurene e caurenolo lungo la via di biosintesi dal mevalonato.
Tra le citochinine, la prima a essere scoperta fu una sostanza artificiale, la kinetina (6-furfurilaminopurina), isolata dalla parziale scomposizione di DNA di aringa non fresco e autoclavato. Successivamente si trovò che varie altre sostanze ad azione citochininosimile derivano da idrolisi di t-RNA. Nel 1974-75 fu dimostrato che le citochinine più attive erano composti naturali, presenti allo stato libero (quindi non inserite in un RNA) nell'endosperma di mais e già note da alcuni anni con i nomi di zeatina e di zeatinariboside.
Chimicamente, le citochinine (isopenteniladenosina o IPA; benziladenina; diidrozeatina, ecc.) sono un gruppo abbastanza omogeneo di composti caratterizzati da una base eterociclica generalmente purinica, con una catena lipofila legata a un gruppo amminico. Benché siano presenti nei frutti giovani, nei semi e in altre parti della pianta, si ritiene che il sito preferenziale della sintesi delle citochinine sia nelle radici. Il loro effetto più tipico è la stimolazione della divisione cellulare in tessuti isolati, in colture cellulari, in regioni subapicali di coleoptili di Graminacee, ma possono avere una funzione analoga in plantule intere, agendo sinergicamente con auxina e gibberelline. Le citochinine ritardano l'invecchiamento dei tessuti vegetali verdi, inducono lo sviluppo di gemme dormienti e in alcune specie sembra partecipino ai processi di germinazione, sviluppo delle gemme e fruttificazione.
La dormina (o acido abscissico, ABA), o. inibitore, è stata trovata in parecchie piante superiori ed è risultata particolarmente abbondante nei semi e nelle gemme dormienti, dove la concentrazione può raggiungere il mg/kg di peso fresco. Sito di sintesi sembra siano le radici, da dove la dormina sarebbe trasportata alle altre parti della pianta attraverso il sistema conduttore. L'isolamento e la purificazione dell'acido abscissico furono realizzati negli anni Settanta, indipendentemente, dai gruppi di ricerca di F.T. Addicot e di P.F. Wareing; chimicamente la sostanza è risultata essere riconducibile a tre unità isoprenoidi derivate dal mevalonato.
Poiché la capacità di accelerare l'abscissione di piccioli di foglie private del lembo non è costante, e talvolta è nulla, il nome di dormina (e di dormine per gli altri eventuali o. del gruppo) sembrerebbe preferibile a quello di acido abscissico, atteso che la sua funzione precipua consiste nel mantenere la dormienza di semi e gemme. L'effetto inibente ben precisato sulla germinazione induce a ritenere che l'elevato contenuto di dormine nei semi ne garantisca la dormienza, che verrebbe interrotta, promuovendo la germinazione, quando l'aumentata produzione di o. stimolanti (citochinine, gibberelline) raggiunga un livello adeguato per invertire l'azione dei fattori inibenti.
Che l'acido abscissico abbia in comune con le gibberelline e con le citochinine (per queste in relazione alla catena legata al gruppo NH2 della base purinica) la via biosintetica che parte dal mevalonato e giunge agli steroidi (via che nel mondo animale serve alla biosintesi di importanti ormoni) è un fatto di notevole interesse, forse connesso al controllo simultaneo ora sinergico ora antagonistico operato dalla presenza e dall'azione di vari fitormoni in diversi processi della vita della pianta.
Benché ciascun o. vegetale abbia, in certi tessuti e con certi test, determinati effetti fisiologici, l'accrescimento e il differenziamento sono influenzati da tutti gli o. con svariati, complessi e per lo più ancora non chiariti fenomeni d'interazione. Tutti gli o. vegetali si trovano contemporaneamente negli organi della pianta intera e dalla loro compresenza è regolato lo svolgimento dei fenomeni vitali. Mentre si conoscono la natura chimica dei diversi o. vegetali e le linee generali delle vie biosintetiche attraverso le quali sono originati, l'analisi a livello molecolare dei loro meccanismi d'azione ha dato finora risultati limitati e incerti; infatti di nessuno dei fitormoni fin qui noti è stato individuato il recettore primario, né si conoscono le tappe biochimiche intermedie del meccanismo d'azione; e quantunque le proprietà di ciascuno di essi possano essere specificate in particolari sistemi parziali, raramente è possibile predire le risposte della pianta intera.
Alcuni campi d'indagine evolvono tuttavia rapidamente. L'azione degli o. vegetali è collegata alla sintesi degli acidi nucleici e delle proteine e interferisce con la luce, talvolta sostituendosi a essa. La membrana cellulare, la cui struttura è da tempo oggetto di attive ricerche, ha una funzione importante nella regolazione dell'accrescimento mediante i meccanismi che ne controllano la plasticità e la distensione. Gli aspetti terminali del meccanismo d'azione degli o. vegetali, finora studiati soprattutto per l'auxina, indicano che per le piante, come per gli animali superiori, l'osmoregolazione, il controllo del pH e del mezzo intercellulare, le pompe ioniche attive attraverso la membrana costituiscono un tratto essenziale dell'integrazione delle attività funzionali dell'organismo.
Bibl.: A. Lang, Gibberellins: structure and metabolism, in Ann. Rev. Plant. Physiol., 21 (1970), pp. 537-70; F. Skoog, D.J. Armstrong, Cytokinins, ibid., pp. 359-84; F.B. Abeles, Biosynthesis and mechanism of action of ethylene, ibid., 23 (1972), pp. 259-92; D.C. Walton, Biochemistry and physiology of abscisic acid, ibid., 31 (1980), pp. 453-89; F.B. Salisbury, C.W. Ross, Fisiologia vegetale, Bologna 1984; Advanced plant physiology, a cura di M.B. Wilkins, New York 1985.