orologio
Voce impiegata in Pd X 139 come orologio che ne chiami / ... ch l'una parte e l'altra tira e urge, / tin tin sonando..., in alternativa col più locale (toscano) ‛ oriuolo ' di Pd XXIV 13.
Nell'uno e nell'altro caso si fa riferimento a un congegno meccanico fornito di ruote dentate azionate da pesi e contrappesi o forse anche da molle, conosciuto in Occidente verso la fine del sec. XIII: e i due luoghi danteschi sarebbero appunto tra le prime testimonianze dell'uso di tali o. a rotismi.
Nel nostro caso si allude specificamente a una forma di o. a sveglia, in cui le ruote dentate girando percuotevano coi loro martellini una o più campanelle: " Hanno i religiosi oriuoli e destatori, che chiamano la chiesa, cioè essi sacerdoti... Ed allora in questo oriuolo che suona avviene che una parte delle rote tira quella che le viene dietro, et urge, cioè spigne quella che le va innanzi, e sonando tin tin, che è la voce del campanuzzo del destatoio " (Landino). Come in Pd XXIV 13, l'immagine dell'o. con i suoi ingegnosi meccanismi rotanti è introdotta a illustrare un momento della danza dei beati: ma alla figurazione visiva si aggiunge qui la dimensione acustica (tin tin sonando), in corrispondenza con i due predicati, movimento e canto, che caratterizzano il secondo termine della comparazione. È anche da sottolineare la particolare ricchezza di valori allusivi contenuta nella similitudine, costruita " su un doppio ordine di rapporti analogici: esplicito il primo, fra il movimento ingegnoso e il suono dell'orologio e il moto e il rispondersi delle voci nel coro dei beati; implicito il secondo, fra la liturgia conventuale del mattutino e il canto delle anime " (Sapegno).
Per apprezzare compiutamente l'immagine nel caso di Pd XXIV 13 bisogna pensare appunto a un antico tipo di o., nel quale " il moderatore e rallentatore del movimento era una ruota a palette a cui il movimento si comunicava dal motore dell'orologio (peso o molla), per mezzo di successive ruote dentate moltiplicanti sempre più la velocità; e questa nella detta ruota era tale che la resistenza incontrata nell'aria dalle palette faceva da freno e regolatore del moto. Tanto più in confronto di questa velocità, la prima ruota, mossa direttamente dal motore, pareva ferma, ché essa faceva un giro in dodici o ventiquattro ore " (Porena). Sarà comunque da aggiungere che pur nella precisione dell'osservazione reale, diretta questa volta a un prodotto dell'industria umana, la similitudine va inquadrata nel giro fervido e arioso dell'intera sequenza paradisiaca, e valutata nell'ambito di quel realismo analogico con cui D. riesce a esprimere attraverso il richiamo ad aspetti della realtà terrestre la dimensione della beatitudine.
Per il cosiddetto 'o. dantesco ', cioè per il calcolo delle ore durante le quali si svolge il viaggio ultraterreno di D., v. VIAGGIO.