Vedi OROPOS dell'anno: 1963 - 1996
OROPOS (᾿Ωρωπός, Orōpus)
Antica città greca al confine fra la Beozia e l'Attica situata alla foce dell'Asopos sul canale dell'Euripo.
Presso l'odierno villaggio di Scala Oropos si riconoscono scarsi resti di un antico molo parallelo alla costa (gli unici avanzi del sacro porto di Delphinion) e delle mura che collegavano la città bassa con l'acropoli. Sebbene menzionata nel Catalogo delle Navi (Iliade) come prima sede dei Grai, O. non ha tracce di abitati preistorici. Originariamente appartenente al territorio beotico fu poi alternativamente dominio di Atene, Tebe ed anche di Eretria e conobbe brevi periodi di libertà ai quali corrispose il massimo fiore del santuario che la rendeva famosa; ebbe in età romana, grazie alla devozione di Silla, che fece instaurare con nuovo grande fasto le feste quinquennali di Anfiarao ed esonerò la città dal tributo, una rinnovata importanza. Il santuario di Anfiarao o Amphiareion sorge a qualche chilometro nell'interno, in una vallata boscosa, presso una fonte famosa per le sue qualità terapeutiche e poiché entro di essa la leggenda voleva si fosse inabissato Anfiarao. Intorno alla fonte si organizzò il culto di questo eroe, originariamente indovino e membro del pantheon infernale, e sorse un santuario - luogo di cura, simile a molti altri del mondo greco (ad esempio Asklepieion di Atene e di Epidauro) che onoravano divinità della medicina.
I monumenti del tèmenos sono distribuiti sulla riva del torrente Kleimaros lungo una strada sacra che si terminava davanti al grande altare.
Nella parte più meridionale del recinto è il tempio di Anfiarao, in pòros, databile alla prima metà del IV secolo. Esso è orientato a N-E e ne resta solo la metà N-O poiché l'altra è stata portata via dalle acque. La fronte si presenta con un profondo pronao con 6 colonne doriche fra due semicolonne pure doriche che occupano la testata dei muri della cella. La cella è tripartita da due file di cinque colonne ioniche non scanalate con la navata centrale doppia di quelle laterali. Tracce di scanalature più antiche in qualcuna delle colonne fa supporre l'uso di pezzi reimpiegati. Nel fondo della cella si apre una porta da cui si accede ad un piccolo àdyton con due colonne doriche non scanalate sul retro. Dell'alzato restano qualche blocco di architrave, dei triglifi, delle metope e qualche frammento del gèison. L'epistilio e il fregio delle colonne interne erano probabilmente lignei. Nell'interno sono resti di una tràpeza, ed è stato trovato un braccio appartenente ad una colossale statua di culto. Dinanzi alla fronte del tempio è un grande altare, di m 8,60 × 4 circa, costruito su due altari più piccoli ed ove, secondo Pausania e secondo quanto ha confermato in parte un iscrizione, si sacrificava a cinque dèi differenti. A N, di fronte all'altare sono alcuni gradini arcuati, in pòros e a S dietro di esso è la fonte sacra. A partire dal tempio, parallelamente al peribolo, su una terrazza limitata da un muro di sostegno, si allineava una lunga fila di basi votive per la massima parte romane, davanti alle quali era un lungo banco in pietra. Le basi si estendono fino ad un grande portico che occupa la parte orientale del tèmenos, contemporaneo al tempio e sorto probabilmente in sostituzione di un edificio più antico ancora citato in un iscrizione del 411-402 o 387-77, adibito a enkoimetèrion o portico di incubazione, ove i devoti si raccoglievano in attesa del sogno che, durante il sonno, avrebbe portato loro la guarigione. Il portico lungo 110 metri e profondo 11, è aperto a S con 41 colonne doriche e presenta alle due estremità O ed E due ambienti chiusi, per gli uomini quello orientale e per le donne quello occidentale, diviso dalla parte centrale con due colonne ioniche e due ante sporgenti fra i lati lunghi e forse sulla fronte ornati di semicolonne. (Analogie con il portico dell'Asklepieion e col Brauronion di Atene e con l'àbaton di Epidauro). La parte centrale era divisa in due navate da 17 colonne ioniche e lungo i muri correva un banco sorretto da piedi di marmo.
Immediatamente al disopra del portico e a circa due miglia dal santuario, su una terrazza parzialmente artificiale, sorge il teatro costruito nella prima metà del III sec., con proscenio probabilmente in legno, ma che subì dei rifacimenti nella metà del II sec. (sostituzione di un proscenio in marmo decorato da 8 semicolonne doriche fra cui erano inseriti dei pannelli lignei e architrave ornato di triglifi, metope e gèison rampante e con un iscrizione che menziona il costruttore) e in età romana (porta delle pàrodoi, muro mediano del proscenio, ecc.). Nell'orchestra, che aveva un diametro di circa 12 m, restano ancora cinque sedili marmorei con rilievi e iscrizioni al sacerdote di Anfiarao.
All'estremità N del portico sono state scoperte le Terme, λουτρὰ ᾿Αμϕιαρεία, alimentate da un acquedotto che risulta ancora progettato in un'iscrizione del IV sec. a. C.
Sulla riva opposta del torrente gli scavi più recenti, condotti come gli altri dai Greci, hanno messo in luce un vasto complesso di edifici fra cui un portico dorico con 14 ambienti eguali, da cui si accede, mediante una scala ad O, ad una costruzione di 12 ambienti, evidentemente ospizi per pellegrini, e molte altre costruzioni di uso analogo.
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