Alberti, Orso
, Membro della famiglia dei conti di Vernio e di Mangona, figlio di quel Napoleone A. (v.) incontrato da D. nella Caina (If XXXII 55-60); in lui si vuol riconoscere il conte Orso di Pg VI 19.
Nell'identificazione del personaggio dantesco con l'A. sono concordi quasi tutti i più antichi commentatori (solo il Buti lo ascrive alla famiglia fiorentina degli A. del Giudice piuttosto che a quella feudale, mentre l'autore delle Chiose Vernon lo dice degli Abati), e ugualmente concordi sono nel ricercare le cause del delitto in motivi d'interesse familiare. Di lui dice Benvenuto che " acerbe fuit interfectus, velut ursus, tractatu comitis Alberti de Mangona consobrini "; l'assassino sarebbe dunque Alberto, figlio dell'Alessandro uccisore di Napoleone (v.): avremmo quindi una faida familiare aggravata dai soliti motivi d'interesse che già avevano provocato la morte dei padri. Il fatto che alcuni (Landino, Vellutello, Venturi) dicano Alberto zio di O. si spiega con la confusione che può esser derivata dalla nota di Benvenuto; infatti questi precisa: " Qui Ursus, quia vir valens ponitur a Poeta in Purg.: et ille proditor debet esse in Inf. in Caina... "; ma in If XXXII 55-60 non troviamo alcun elemento che possa far pensare a questo delitto: i due fratelli sono puniti ugualmente per una colpa reciproca, né vi è motivo di credere che uno abbia commesso più mali dell'altro. Si può con un certo fondamento ritenere che, non essendoci nel poema alcun riferimento all'assassino di O., l'uccisore fosse ancora in vita all'epoca della visione; e questo confermerebbe l'attribuzione del delitto al cugino conte Alberto di Mangona, il quale sappiamo che fu ucciso il 19 agosto del 1325 da un suo nipote bastardo di nome Spinello. Il misfatto comunque deve essere avvenuto prima del 1286; a quella data infatti risale l'atto di pace relativo all'uccisione, stipulato fra i vari membri della famiglia dei conti A., cui parteciparono da una parte Alberto e Guido del defunto conte Napoleone, Alberto, Aghinolfo e Bartolomeo figli del defunto conte O., e dall'altra Alberto e Nerone figli del defunto conte Alessandro.
Come personaggio poetico il conte O. è privo di rilievo e fa parte della galleria di esempi di morti per violenza che questo passo della Commedia ci offre (Pg VI 13-24). " Sono tutte figure di scarso rilievo per noi, oggi vive appena attraverso l'erudizione ", osserva il Pasquazi; " ma esse completano la fosca visione dantesca della tragica storia dei suoi tempi ".
Bibl. - G. Villani, Cronica IX 313; M. Barbi, rec. a P. Toynbee, Dictionary..., in " Bull. " VI (1899) 204-205; Consigli della Repubblica fiorentina, a c. di B. Barbadoro, I, Bologna 1921, 290; S. Pasquazi, Il canto VI del Purgatorio, in Lect. Scaligera II 195.