DOLFIN, Orso
Appartenente al ramo di S. Pantalon della nobile famiglia veneziana, nacque da Nicolò e da Donata Querini da S. Zulian. La prima notizia a noi nota che lo riguardi si trova nel testamento della madre, morta quando egli era ancora bambino: in questo documento, steso nel 1328, si ricorda infatti un viaggio che egli aveva compiuto a Corone in Morea insieme con la nutrice ed i fratelli Marco, Giacomo e Donato. Nel 1343 il D. ricopriva la carica di rettore della chiesa di S. Giacomo di Rialto, dipendente dal capitolo dei canonici castellani: la presenza del solo appellativo dominus accanto al suo nome negli atti di questo periodo fa supporre che egli non avesse ancora ricevuto gli ordini maggiori. Il 5 nov. 1347 Clemente VI lo nominò vescovo di Capodistria, sede che la Repubblica aveva richiesto fosse assegnata ad un veneziano. Il D. non viene però menzionato né nei documenti relativi alla di poco successiva rivolta di questa città contro Venezia (settembre-ottobre 1348), né in quelli relativi alle annose controversie che in quel medesimo arco di tempo videro i cittadini istriani opporsi al vescovo di Trieste. Il 30 marzo 1349 fu promosso alla più prestigiosa sede metropolitica di Candia (Creta).
Uno dei suoi primi atti fu quello di confermare e consacrare vescovo di Mylopotamos Matteo da Pola, tesoriere della diocesi di Arcadia, eletto dal capitolo di quella Chiesa (1349). Tale provvedimento, però, non ebbe effetti duraturi, perché nel frattempo il papa Clemente VI aveva assegnato quella sede a Giacomo Da Ponte (8 luglio 1349), per cui Matteo dovette tornare al suo precedente incarico (1353). Essendo poi da lungo tempo vacante la sede episcopale di Ario, il D. l'affidò al frate eremitano Gerardo da Bologna (io marzo 1357), Poi confermato da Urbano V (8 nov. 1367).
Nel 1356, facendosi sempre più minaccioso il pericolo ottomano, il D., insieme con le autorità politiche di Candia, sollecitò la Serenissima a partecipare alla crociata contro i Turchi auspicata dal papa. Accogliendo una proposta del Senato veneziano, Innocenzo VI nominò il D. legato pontificio per la Romania e gli affidò il governo di Smirne. Il D. conservò tali incarichi per poco tempo: già nel 1359 venne infatti sostituito nell'ufficio di legato da Pietro di Thomas, vescovo di Corone, ed in quello di vicario e capitano di Smirne da Niccolò Benedetti, praeceptor dell'Ordine dell'ospedale a Venosa.
Durante la permanenza del D. a Candia, il Thomas fu chiamato ad inquisire su alcuni eretici, legati alla nobiltà cretese. Fu allora bruciato sul rogo per eresia Langoardo, capo di un gruppo di fraticelli che in seguito (1361) si rifugiarono a Salonicco sotto la guida di Leonardo Gradenigo (questo stesso nome appartiene ad uno dei capi della rivolta antiveneziana di Candia del 1363-1364).
Le fonti non permettono di cogliere con chiarezza il ruolo svolto dal D. nel contesto dei rapporti tra Venezia e Avignone. Certamente dovette pesare sulle sue iniziative sia nel campo religioso-pastorale, sia in quello politico la presenza del nuovo legato pontificio in Oriente. In questa ottica vanno lette le successive vicende della sua vita: il viaggio alla Curia papale, con lettere di raccomandazione della Repubblica, effettuato proprio alla fine del 1359, durante una grave malattia del Thomas; la sua presenza ad Avignone testimoniata ancora nel dicembre dell'anno successivo quando per le navi veneziane chiese, senza però ottenerlo, il permesso di recarsi ad Alessandria; la proposta avanzata nell'agosto del 1361 dal governo della Serenissima di affidargli il patriarcato di Gerusalemme; la sua nomina alla sede metropolita di Grado (5 nov. 1361) contro la candidatura di Giovanni Loredan, primicerio di S. Marco, e di Paolo Loredan, procuratore; l'aver conservato l'amministrazione della Chiesa di Candia fino al 6 marzo 1363, quando fu sostituito dal Thomas; la richiesta - che non fu esaudita da Urbano V - avanzata dal Senato veneziano il 31 dic. 1362 di promuoverlo alla porpora cardinalizia per l'impegno da lui dimostrato a Smirne e ad Avignone (l'istanza, in seguito ripresentata per ben altre due volte il 7 luglio ed il 27 sett. 1367 e mai accolta dal papa, indusse molti storici a ritenere - ma a torto - il D. il primo cardinale veneziano).
Il 6 marzo 1363 Urbano V gli affidò, in cambio dell'amministrazione della diocesi di Candia, quella del vescovado di Modone in Morea. Non sembra che il D., almeno in un primo momento, si sia occupato molto attivamente di questo suo nuovo compito: continuò infatti a risiedere a Venezia. Nel 1363 gli furono chieste dalla Curia papale delucidazioni in merito ad alcune case appartenenti alla chiesa di S. Basso e destinate ad essere demolite per ampliare piazza S. Marco. L'anno successivo fece fare una copia autentica della bolla del 16 ag. 1299 con cui il papa Bonifacio VIII concedeva ai presuli gradensi di risiedere nel loro palazzo veneziano di S. Silvestro, non essendo più Grado sede consona alla dignità patriarcale.
Molto scarse sono le notizie relative all'attività pastorale del D. sino a noi pervenute. Nel 1364 permise l'erezione di un oratorio per l'ospizio della Ca' di Dio, sito nella parrocchia di S. Martino che era sotto la sua giurisdizione. Nel 1365 concesse varie indulgenze alla Scuola della Misericordia. Si schierò inoltre con le autorità laiche di Venezia contro il progetto avanzato nell'agosto del 1364 dal cardinale legato a Bologna Androin de la Roche di ridurre in commenda la diocesi di Castello e di affidarla alle sue cure (il progetto fu proposto di nuovo nel settembre del 1365).
Nell'aprile del 1365 il D. si recò a visitare la Chiesa di Modone, di cui conservò fino alla morte l'amministrazione. Di concerto con il governo della Repubblica risolse allora le controversie che vedevano opporsi su questioni di decime i funzionari veneziani al clero locale. Il 7 luglio 1366 e, di nuovo, il 26 gennaio dell'anno successivo fu autorizzato ad imbarcarsi su una galea di Stato per tornare in patria, il che fa supporre un protrarsi del suo soggiorno in Morea.
La salute del D. doveva essere allora ormai in declino: nell'ottobre del 1367, infatti, non lui, ma un suo vicario fu incaricato delle trattative tra Ig Serenissima ed il patriarca di Aquileia.
Morì circa un mese dopo ed il 5 dic. 1367 il suo corpo fu sepolto nella basilica veneziana di S. Maria Gloriosa dei Frari.
Della tomba del D., distrutta nei successivi rifacimenti della chiesa, non resta ora traccia. Tra i suoi più stretti parenti si annoverano i nipoti Leonardo, vescovo di Castello, e Antonio, vescovo di Corone.
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