ORTE (etr. *Hurta, lat. Horta)
Centro dell'Etruria tiberina, al confine del territorio volsiniese con l'agro falisco e con l'Umbria, da localizzare nella stessa posizione strategica occupata dal centro romano e ancora oggi dai nuclei medievale e moderno, sulla sommità pianeggiante di una rupe vulcanica che, all'incrocio di vie di transito per la maggior parte obbligate, si protende con fianchi scoscesi sulla destra del Tevere dominandone per ampio tratto la valle insieme a quelle del Nera e di altri affluenti minori.
Sebbene non manchino nel territorio tracce di frequentazione di epoca preistorica (strumenti litici del Paleolitico e del Neolitico; resti di grotticelle e ripari in prossimità del Tevere), i frammentarî dati archeologici fino a ora disponibili fanno risalire l'origine dell'abitato a età tardo-arcaica, documentandone poi la massima fioritura nel IV-III sec. a.C., nonché gli intensi rapporti commerciali e culturali non solo con l'area orvietana e con gli altri centri del Viterbese, ma anche con l'agro falisco, l'Umbria e il Latium vetus.
Se Virgilio (Aen., VII, 716) annovera le Hortinae classes fra gli aiuti inviati a Turno, le fonti letterarie non ricordano la città etrusca, ma solo il lago Vadimone, nella piana subito a NO, teatro della battaglia che nel 283 a.C. segna la definitiva penetrazione romana nell'Etruria tiberina. Probabilmente municipio dopo la guerra sociale, figura con il nome Hortanum fra le città della Regio VII augustea elencate da Plinio (Nat. hist., III, 52), ma soprattutto si conferma importante nodo di comunicazioni e di traffici, al centro di un territorio densamente popolato e almeno fin dalla media e tarda età repubblicana percorso da una fitta rete di vie. Fra i tracciati principali si evidenzia la Via Amerina, che passava il Tevere poco a monte di O. (raggiunta invece dalle sue derivazioni e da quelle della Via Flaminia), in corrispondenza di un vicus con porto fluviale, molto probabilmente da identificare con il Castellum Amerinum della Tabula Peutingeriana. Né il quadro si diversifica troppo con la fine del mondo antico. Le testimonianze dell'antico abitato, scarsissime per la continuità ininterrotta d'insediamento, non consentono di ricostruire una topografia urbanistica antecedente l'impianto medievale; si riducono quasi esclusivamente a una rete di cunicoli, pozzi e cisterne ipogee solo in parte riconoscibili nei rimaneggiamenti dovuti alle riutilizzazioni posteriori, nonché a pavimentazioni in mosaico e frammenti architettonici o sculture che vanno dall'età repubblicana a quella tardo-imperiale e all'Alto Medioevo, spesso reimpiegati in varî edifici, altri depositati nel Palazzo Comunale assieme a diverse iscrizioni e ad altro materiale dalla necropoli Le Piane.
Questa necropoli, rimasta in uso dalla metà del VI sec. a.C. fino in età imperiale avanzata, è situata al piede meridionale della rupe, lungo uno dei principali accessi alla città. Cancellata dalle opere di urbanizzazione, è nota solo da scoperte occasionali di tombe in genere a fossa e a cassa (spesso con loculo ugualmente rivestito di lastre), sarcofagi e cippi. Scavate entrambe nella prima metà del 1800, altre due importanti necropoli si estendevano l'una sull'altura dei Cappuccini, a o dell'abitato, l'altra sul colle di S. Bernardino, a S; solo in quest'ultima si conservano in parte tombe a camera con breve dròmos ricavate a varî livelli nel tufo, per lo più caratterizzate da un «vestibolo» con una o due finte porte in corrispondenza delle sottostanti camere sepolcrali (materiali databili dal V-IV sec. in poi, in parte al Museo Gregoriano, per il resto dispersi).
Scavi recenti - oltre a esplorare le strutture di alcune delle ville romane sorte numerose nel territorio fra la tarda età repubblicana e la prima età imperiale - hanno riportato alla luce i resti del porto fluviale sulla sinistra del Tevere, con banchine su tre livelli e ambienti in laterizio e travertino articolati su due strade ortogonali. I materiali rinvenuti (fra cui molti bronzetti nei pressi di un piccolo edificio termale) ne/indicano una frequentazione che dalla metà del I sec. a.C. circa perdura almeno fino al V d.C.
Bibl.: G. Nardi, Le antichità di Orte. Esame del territorio e dei materiali archeologici, Roma 1980 (con bibl. prec.); G. Colonna, in StEtr, XLIX, 1981, pp. 273-278, nn. 43-60; G. Nardi, Le antichità di Orte, in Archeologia nella Tuscia, Roma 1982, pp. 49-52; ead., in StEtr, L, 1982, pp. 331-332; AA.VV., Tevere, un'antica via per il Mediterraneo (cat.), Roma 1986, pp. 180, 184 ss.; J. Raspi Serra, C. Laganara Fabiano, Economia e territorio. Il Patrimonium Beati Petri nella Tuscia, Napoli 1987, p. 87 s.; I. Magini Carella Prada, CIE, III, 2, 1987, pp. 89-92, nn. 10932-1095o; M. A. De Lucia Brolli, L'agro jalisco, Roma 1991, in part. pp. 72-80.