ORTODONZIA.
– Morfostruttura cranio-facciale. Morfostruttura del volto. Gnatologia. Postura e occlusione. Terapia ortodontica in senso stretto. Bibliografia
L’o. (nota anche come ortognatodonzia) si interessa della riabilitazione estetica e funzionale delle arcate dentarie nel rispetto delle articolazioni temporomandibolari, dei tessuti gengivali e delle funzioni masticatorie, fonatorie e della deglutizione. A questo scopo si avvale di dispositivi di vario tipo, mobili o fissi, per creare un allineamento, coerente con le funzioni individuali, dei denti e delle arcate dentarie. I primi apparecchi ortodontici risalgono all’Ottocento e nel 2015, grazie alla sua evoluzione, la disciplina si avvale di nuove tecnologie e scienze dei materiali per cui il trattamento ortodontico attuale, in mani esperte, consente di ottenere risultati rapidi e poco invasivi per il paziente.
La difficoltà principale dell’o. è la pianificazione terapeutica, che a sua volta nasce da un attento studio dell’antropologia del paziente, delle sue funzioni, del suo aspetto esteriore. Essa si avvale dello studio radiografico dello scheletro cranio-facciale e dei denti, mediante l’ortopanoramica, la teleradiografia del cranio, la tomografia computerizzata cone beam o a fascio conico. Lo studio antropologico del volto viene condotto tramite fotografie tradizionali in varie proiezioni sulle quali si misurano parametri di armonia; ci si può avvalere anche di strumenti per la stereo-fotogrammetria 3D che consente una visualizzazione più realistica e, tramite software sofisticati, di misurare, sovrapporre o duplicare il volto e le sue porzioni. Anche lo studio delle arcate dentarie può essere eseguito con foto-camere 3D, oltre che con i tradizionali modelli in gesso.
Pur con l’ausilio di questi mezzi moderni, lo studio antropometrico del volto e con esso la diagnosi di malocclusione prevedono un complesso processo intellettuale per cui, con buona ragione, si considera l’o. la branca odontoiatrica più ‘medica’. La necessità di conoscenza dei meccanismi biologici, della scienza dei materiali e delle patologie, fa sì che in tutto il mondo esistano dei corsi di specializzazione o master specifici postlaurea per raggiungere il titolo di ortognatodontista.
Morfostruttura cranio-facciale. – L’antica classificazione (1928) di Edward Hartley Angle parlava di I, II e III classe in funzione del rapporto anteroposteriore tra mascella e mandibola e, più propriamente, nella I classe (normo-occlusione) la cuspide mesiovestibolare del primo molare superiore occlude nel solco centrale del primo molare inferiore; nella II classe la mandibola è più piccola o distoposizionata rispetto al mascellare superiore, nel quale gli incisivi superiori spesso appaiono più protrusi; al contrario, nella III classe la mandibola protrude e comporta il tipico aspetto progenico (R.E. Moyers, Handbook of orthodontics, 1988).
Con l’avvento delle radiazioni ionizzanti e la diffusione della radiografia latero-laterale del cranio, è nata la cefalometria (Deli, Saccomanno 2010). Lo studio dei rapporti delle componenti craniali e dentali ha impegnato e continua a impegnare ortodontisti e antropologi, al fine di meglio identificare sia criteri di normalità sia indicazioni più precise sull’eventuale trattamento ortodontico (o ortodonticochirurgico) da eseguire e sulla previsione della crescita. Molti ortodontisti hanno focalizzato la loro attenzione sulla ricerca dei valori cefalometrici normali, a volte non considerando le variazioni individuali, che, pur discostandosi da valori assoluti, risultano comunque in equilibrio biofunzionale ed estetico. Da questa evoluzione del concetto di normalità individuale sono derivati gli studi di Asbjörn Hasund e Olav E. Böe (Floating norms as guidance for the position of the lower incisors, «The Angle orthodontist», 1980, 50, 3, pp. 165-68), che hanno ideato le floating norms, e più tardi le ricerche di Alexandre Petrovic, Jean Lavergne e Nicole Gasson, che hanno permesso di distribuire la popolazione in 33 tipologie facciali. L’intento della Scuola di Strasburgo è stato quello di confrontare la morfologia scheletrica con le potenzialità biologiche di ciascuno, geneticamente determinate. È da questo momento che il concetto di individualità anatomica prende piede e conduce alla moderna o., nella quale il trattamento terapeutico deve essere adeguato allo specifico paziente.
Morfostruttura del volto. – Se uno degli obiettivi finali dell’o. è la buona estetica, va posta un’attenzione particolare anche ai tessuti molli che rivestono lo scheletro. Nei decenni passati l’estetica del volto è stata oggetto di grande attenzione e sono state sviluppate numerose analisi, soprattutto del profilo, tra le quali citiamo quelle di G. William Arnett, Leslie G. Farkas, Reed A. Holdaway, Kurt Wilhelm Butow (Deli, Saccomanno 2010), nel rispetto dei paradigmi contemporanei dell’attrattività facciale e dell’etnia dei pazienti (Graber, Rakosi, Petrovic 1998; Ortodonzia, legge e medicina legale, 2012). È stata anche messa a punto un’originale metodica, che, mediante un digitalizzatore elettromagnetico 3D, permette di ottenere la registrazione di coordinate facciali tridimensionali per estrapolare i volumi facciali di ogni volto umano sia nella norma sia di un campione, di ambo i sessi e di tutte le età (bambini, adolescenti e adulti) considerati attraenti (Sforza, Laino, D’Alessio et al. 2008).
Sebbene tutte queste analisi utilizzino sistemi matematici e mezzi fotografici molto avanzati, il loro fondamento non si discosta dal concetto dell’antica suddivisione in quadranti ideata da Leonardo da Vinci o da Albrecht Dürer e fa anche riferimento alla sezione aurea di Johannes Kepler, ovvero la costante 1,618033989, presa come unità di misura.
L’ultima avanguardia dell’antropometria è l’analisi fotogrammetrica 3D del volto (Torsello, Mirigliani, D’Alessio et al. 2010; Deli, Galantucci, Laino et al. 2013), iniziata dall’Università degli studi di Milano, migliorata nella scuola nel Politecnico di Bari e completata con apparecchiature molto avanzate presso l’Università Cattolica di Roma. Concettualmente la fotogrammetria tridimensionale, oltre a dare una valutazione più realistica del volto stesso, permette un esame dei valori ottenuti che, se anche non vanno considerati come termini assoluti, consentono comunque di creare delle curve gaussiane entro le quali può essere posto ciascun individuo. Attraverso questa tecnica è possibile rilevare asimmetrie o difetti volumetrici e valutare le differenze dei tessuti molli prima e dopo qualsiasi terapia. Dal 2011 è in fase di studio la ‘norma’ del volto femminile mediterraneo, anche attraverso l’esame dei volti del le finaliste al concorso per eleggere Miss Italia (Deli, Di Gioia, Galantucci et al. 2011).
Gnatologia. – È il settore dell’o. che studia la funzionalità della mandibola e delle articolazioni temporomandibolari, o meglio il complesso ossa, articolazione, muscoli, denti. La mancata o deficiente funzionalità del complesso potrebbe determinare manifestazioni patologiche a carico di almeno uno dei componenti, dando luogo a dolori, malesseri, clicks articolari, parafunzioni come il bruxismo e il serramento, abrasione dentale, oppure facilitare la parodontopatia. La cura dei disordini temporomandibolari (DTM) segue molte strade: terapie sintomatiche come i miorilassanti, placche (bites), terapie ortodontiche e protesiche nonché terapie psicologiche comportamentali. Anche in questo campo devono governare i principi dell’individualità e della sistematica diagnostica e terapeutica.
Postura e occlusione. – Una cattiva occlusione, con conseguente errata funzione della mandibola, può dar luogo a una disfunzione in altri distretti, soprattutto quelli legati ai muscoli scheletrici. Non si può affermare l’esistenza di una relazione diretta tra occlusione e postura, ma più cause concorrono alla genesi del disturbo posturale. Nel 2015 possediamo ormai strumenti sofisticati e molto sensibili per monitorare sia la posizione statica sia la dinamica del passo: le pedane baropodometriche che, in sinergia con gli esami elettromiografici e morfostrutturali del cranio e dell’occlusione, consentono di mettere in evidenza anche le disfunzioni degli arti inferiori.
Terapia ortodontica in senso stretto. – Distinguiamo almeno due tipologie di terapie ortodontiche (Graber, Rakosi, Petrovic 1998; Deli 1999; Sforza, Laino, D’Alessio et al. 2008): il primo tipo, la terapia dello sviluppo cranio-facciale, è indirizzata a pazienti che presentano difetti di crescita dello scheletro facciale o della posizione di alcuni denti che potrebbero facilitare una crescita non eugnatica. L’attento studio semiologico deve collegarsi nel bambino in crescita con lo studio del livello di sviluppo somatico. Nei momenti più favorevoli si applicano apparecchiature fisse o rimovibili (chiamate apparecchi funzionali), che stimolano o inibiscono la crescita di specifiche strutture scheletriche. La migliore terapia dello sviluppo cranio-facciale rimane comunque la prevenzione delle cattive abitudini. La seconda tipologia di terapia è quella relativa alla dentatura definitiva del giovane e dell’adulto. In genere consiste in apparecchiature fisse costituite da brackets (vestibolari o linguali) e archi metallici ad alta tecnologia che, grazie alle loro proprietà elastiche, consentono di posizionare i denti correttamente per quanto riguarda sede, asse e rapporto con la gengiva. In alcuni casi limitati possono essere utilizzate apparecchiature rimovibili, ossia gli allineatori trasparenti, che rispondono a particolari esigenze di estetica, sempre più sentite dai pazienti adulti.
Spesso il limite di queste terapie è dettato dalle caratteristiche genetiche peculiari del paziente o dai lunghi tempi a volte richiesti. Sono di attualità importanti studi di genetica e di biologia molecolare che stanno rivoluzionando la materia, per es. quelli riguardanti il gene PTH1 che influenza l’eruzione dentaria. In ogni caso, a prescindere dal tipo di terapia ortodontica scelta, fin dall’inizio è importante essere estremamente chiari con il paziente nell’esporre obiettivi, iter terapeutici, rischi e complicazioni. Il consenso espresso dal paziente deve essere informato e pienamente compreso, per evitare di incorrere in contenziosi medico-legali, o comunque nell’insoddisfazione del paziente (Ortodonzia, legge e medicina legale, 2012). Infine, gli alti costi dell’o. possono precludere le cure ortodontiche, soprattutto se lunghe e mirate alle gravi dismorfosi; per questo motivo è necessario rendere accessibili ai soggetti vulnerabili le cure odontoiatriche e ortodontiche attraverso lo sviluppo di sinergie e di politiche sociali mirate alla creazione di percorsi sostenibili.
Bibliografia: M.T. Graber, T. Rakosi, A.G. Petrovic, Ortopedia dentofacciale con dispositivi funzionali, Milano 1998; R. Deli, La gestione delle informazioni in odontoiatria e ortodonzia, Roma 1999; C. Sforza, A. Laino, R. D’Alessio et al., Soft-tissue facial characteristics of attractive and normal adolescent boys and girls, «The Angle orthodontist», 2008, 78, 5, pp. 799-807; R. Deli, S. Saccomanno, Anatomia radiologica e cefalometrica, Roma 2010; F. Torsello, L. Mirigliani, R. D’Alessio et al., Do the neoclassical canons still describe the beauty of faces? An anthropometric study on 50 Caucasian models, «Progress in orthodontics», 2010, 11,1, pp. 13-19; R. Deli, E. Di Gioia, L.M. Galantucci et al., Accurate facial morphologic measurements using a 3-camera photogrammetric method, «The journal of craniofacial surgery», 2011,22, 1, pp. 54-59; Ortodonzia, legge e medicina legale: la responsabilità odontoiatrica e i rapporti di attività professionale in ortodonzia, a cura di C. Buccelli, P. Di Michele, A. Laino, Bologna 2012; R. Deli, L.M. Galantucci, A. Laino et al., Three-dimensional methodology for photogrammetric acquisition of the soft tissues ofthe face: a new clinical-instrumental protocol, «Progress in ortho dontics», 2013, 14, 32, http://www.progressinorthodontics.com/content/pdf/2196-1042-14-32.pdf.