ORZOCCO
(Torchitorio). – Non si conosce la data di nascita di questo giudice (o re) di Cagliari dell’XI secolo, appartenente alla casata ‘de Gunale’, figlio di Mariano Salusio (I) e di Giorgia ‘de Setzale’.
Divenne sovrano alla morte del padre a partire dal 1058, con il nome dinastico di Torchitorio (I). Sposato con Vera, ebbe molti figli (forse nove) tra cui Costantino, suo successore col nome di Salusio (II). Nel 1066, si autodefinì «rex Sardinee de loco Callari» (Saba, 1927, pp. 135 s.), riecheggiando il ruolo dell’archon Sardenías che esercitava poteri sovrani su tutta l’isola. Questa in realtà era già divisa in quattro piccoli regni, la cui prima attestazione certa è fornita proprio da una lettera di Gregorio VII a Orzocco e agli altri tre giudici (ottobre 1073).
Orzocco è forse il personaggio sardo dell’XI secolo sul quale si hanno maggiori informazioni, essendo autore di due donazioni e destinatario di quattro lettere papali. Ulteriori notizie provengono da documenti successivi alla sua morte: nel Registrum di Pietro Diacono (prima metà del XII secolo) è rappresentato in un disegno a penna. Date le fonti, si possono ricostruire soprattutto i suoi rapporti con le istituzioni ecclesiastiche e l’applicazione nel suo giudicato della riforma della Chiesa.
Nel 1065 il papa Alessandro II lo rimproverò poiché coniunctus con una consanguinea in terzo grado, facendogli presente che l’eventuale prole non avrebbe potuto accedere all’episcopato, né ereditare legittimamente il trono (Epistolae pontificum..., 1885, pp. 52 s.). Il termine lascia un margine di incertezza sulla natura dell’unione e non si può escludere che il pontefice si riferisse non a un matrimonio ma a una convivenza more uxorio. In tal caso, poiché l’argomento non fu più ripreso, Orzocco dovette desistere subito. Oppure, si deve pensare che la situazione fosse stata regolarizzata: l’anno dopo, infatti, il giudice fece una donazione a Montecassino, «una cum uxor sua domina Veri et filius eius dompno Constantino», a condizione che l’abate inviasse subito almeno un monaco «cum codicibus et omnis argumentum ad monasterium facere» (Saba, 1927, pp. 135 s.). Difficile pensare a una sostituzione della moglie e alla nascita di un erede già associato al trono nell’arco di un anno. Non è da escludere che la stessa promessa di donazione abbia avuto qualche importanza nell’eventuale regolarizzazione matrimoniale. Comunque, in questa iniziativa di Orzocco, il papa ebbe probabilmente un ruolo rilevante, dato che il giudice aveva deciso la fondazione di un monastero dove far vivere «fratres qui Deo servirent honeste» come accettazione di una penitenza per i «multa homicidia» compiuti (Dormeier, 1979, p. 257) e di certo non ignorava l’amicizia tra Alessandro II e l’abate Desiderio e il ruolo che Montecassino rivestiva per l’affermazione della riforma della Chiesa.
Nella scelta di Orzocco deve aver pesato anche il suo incontro con i monaci cassinesi giunti in Sardegna: infatti le relazioni che da qualche tempo Barisone I di Torres, suo omologo logudorese, intratteneva con i cassinesi erano sfociate nel 1065 nella donazione a Montecassino delle due chiese di S. Maria di Bubalis e S. Elia di Montesanto con tutte le loro pertinenze, ponendo così le premesse per quell’importante penetrazione cassinese nel nordovest dell’isola che avrebbe raggiunto il suo culmine entro i primi due decenni del XII secolo. In realtà i cassinesi si sarebbero presentati nel giudicato di Cagliari solo dopo 52 anni (portando con sé un falso che ricalcava la donazione di Barisone I di Torres), facendo scoppiare una querelle con la Chiesa cagliaritana, ma senza ottenere alcunché, in quanto, dopo oltre mezzo secolo, la dinastia giudicale aveva ormai scelto i vittorini di Marsiglia come punto di riferimento monastico. Non è da escludere che il ritardo cassinese si giustificasse in parte con il fatto che il primo insediamento nel giudicato di Torres non pare avesse dato i risultati sperati: solo all’inizio del XII secolo si svilupparono nuove e notevoli fondazioni, e nelle conferme papali dei privilegi cassinesi nell’isola non compaiono le due chiese citate di S. Elia di Montesanto e S. Maria di Bubalis, che sembra fossero state abbandonate.
Nella frammentarietà dei dati, a quell’epoca la Sardegna tutta appare integrata nel sistema della cristianità latina e nel processo di riorganizzazione della Chiesa di XI secolo, come dimostrano la lettera citata di Alessandro II, ma anche il nome del coevo arcivescovo di Cagliari, Alfredo, chiaramente di provenienza ‘italiana’, e le stesse donazioni di Barisone I di Torres e Orzocco a Montecassino. Ciò non era del tutto scontato, dato che se già alla fine del X secolo l’isola era ormai politicamente autonoma da Bisanzio, le era tuttavia ancora legata culturalmente: ne sono prova la titolatura dei sovrani (che si definivano arconti), le iscrizioni spesso in greco, i documenti in volgare sardo ma in lettere greche, le chiese che presentano ancora ai primi decenni dell’XI secolo forti influenze campane dove i Bizantini dominavano politicamente.
Sicuramente prima del 1073, Orzocco ricevette la visita di un legato di Alessandro II, inviato per esaminare la situazione della Chiesa. Nell’occasione, a margine del sinodo presieduto dal legato, il giudice e l’arcivescovo cagliaritano chiesero l’istituzione delle sedi suffraganee allora mancanti; tra queste quella di Sulci, che ottenne in dotazione anche alcune chiese già destinate a Montecassino.
Si può anche ritenere che la tripartizione ecclesiastica dell’isola nelle province di Cagliari, Oristano e Torres, che meglio rispecchiava la quadripartizione istituzionale, sia stata istituita in un periodo non successivo al pontificato di Alessandro II (nel giudicato di Gallura invece non si istituì mai un’arcidiocesi; soprattutto, è da pensare, per le sue ridotte dimensioni e per motivi demografici).
L’interesse del giudice a che le Chiese del Regno avessero una cospicua dotazione economica è testimoniato anche dalla sua donazione – tra il 1066 e il 1073-74 – a favore dell’arcivescovo di Cagliari di alcune ville con privilegi, in particolare con i diritti sui cosiddetti «liberos de paniliu» (si ritiene che il termine indicasse un tipo condizionato di libertà; Solmi 1905, pp. 281-283).
Forse a causa dei suoi trascorsi non irreprensibili, Orzocco Torchitorio, più degli altri sovrani dell’isola, fu oggetto delle attenzioni di Gregorio VII (che volle allineare i giudici alla sua politica di riforma ecclesiastica, pur senza aver pensato a esercitare una sua sovranità feudale sulla Sardegna). Perciò, se il primo dei tre documenti sardi del papa era rivolto a tutti i giudici, gli altri due furono indirizzati al solo Orzocco. Nell’ottobre 1073, il papa prese contatto con l’establishment politico istituzionale dell’isola in modo piuttosto rude: oltre a lamentare come in Sardegna la «Christiana religio» fosse giunta «ad maximum detrimentum», fece velate minacce ai giudici a proposito della «salvatione patriae vestrae», in mancanza di un riconoscimento della ‘madre’ Chiesa romana «sicut legitimi filii» (Das Register Gregors VII., 1920, pp. 46 s.). Avvisò i quattro sovrani del prossimo arrivo dell’arcivescovo turritano Costantino con una prima informativa sulle sue volontà, che poi sarebbero state loro spiegate nel dettaglio da un legato inviato «in proximo» (ma l’unica visita legatizia di cui si abbia notizia fu nel 1080). Nelle comunicazioni dell’arcivescovo turritano dovette esserci qualcosa di preoccupante per Orzocco, forse ancora a proposito della penitenza incompiuta per i «multa homicidia» accennati: il giudice scrisse subito al papa, manifestando la volontà di recarsi presso la Sede apostolica. Nel gennaio successivo Gregorio si disse disponibile a riceverlo, garantendogli la sicurezza del viaggio. In più, lo esortò a parlare al più presto con gli altri giudici delle questioni sottoposte loro da Costantino di Torres e dare una risposta entro l’anno, poiché non intendeva lasciare «ulterius ius et honorem Sancti Petri inrequisitum» (ibid., pp. 63 s.).
Non si sa come si svilupparono le relazioni con la Sede apostolica sino al 1080. Di certo, fallito l’approccio con Montecassino, il giudice contattò il monastero di S. Vittore di Marsiglia – il cui abate Riccardo era stimato dal papa – al quale Orzocco donò le chiese di S. Giorgio di Decimo e di S. Genesio «ut perpetuum esset monasterium» (Martène-Durand 1724, coll. 523 s.). Forse senza immaginarne l’esito, aprì così la strada a quella che il figlio e il nipote avrebbero trasformato in una vera ‘cascata’ di donazioni ai monaci marsigliesi comprendenti i santuari martiriali più importanti del giudicato (S. Antioco di Sulci, S. Efisio di Nora e S. Saturno di Cagliari) e moltissime altre chiese. Poiché non si conosce con precisione la data della donazione di Orzocco, è difficile dire se nella sua apertura a S. Vittore di Marsiglia abbia avuto un ruolo il vescovo di Populonia Guglielmo, legato pontificio, che il giudice accolse con «debitum honorem et reverentiam», poco prima dell’ottobre 1080 (Das Register Gregors VII., 1920, pp. 528-530).
Certo Guglielmo era stato l’ispiratore di due donazioni da parte del giudice Mariano I di Torres: della chiesa di S. Michele di Plaiano alla cattedrale di S. Maria di Pisa, il 18 marzo 1082, e del monastero di S. Pietro di Silki a quello di S. Maria di Asca, tra la fine dell’XI e i primi del XII secolo.
Gregorio VII fu soddisfatto dell’accoglienza di Orzocco al legato: nell’ottobre 1080 dichiarò di tenerlo «in mente specialiter». Rassicurato dal suo comportamento (e verosimilmente anche da quello degli altri giudici), il papa gli rivelò che più di una volta normanni, tusci, longobardi e persino ultramontani gli avevano chiesto di poter invadere la Sardegna, mettendone poi metà a sua diretta disposizione e l’altra tenendola in feudo pontificio. Vista la devozione mostrata, finché i giudici avessero perseverato in tale comportamento, il papa garantì non solo che «per nos nulli terram vestram vi ingrediendi licentia dabitur», ma se qualcuno avesse tentato una conquista si sarebbe opposto «seculariter et spiritualiter» (ibid., pp. 528-530). Il pericolo era scampato. È l’ultima informazione su Orzocco da vivo.
Incrociando due documenti seriori, uno del figlio ed erede Costantino Salusio (II) del 1089 e l’altro dell’arcivescovo di Cagliari Guglielmo del 1118, si può affermare che morì nell’agosto 1081.
Fonti e Bibl: E. Martène - U. Durand, Veterum scriptorum et monumentorum ecclesiasticorum et dogmaticorum collectio, I, Paris 1724, coll. 523 s.; Epistolae pontificum Romanorum ineditae, a cura di S. Loewenfeld, Leipzig 1885, n. 106, pp. 52 s.; Ph. Jaffé, Regesta pontificum Romanorum, I, Leipzig 1885, n. 4582, p. 577; A. Solmi, Le carte volgari dell’archivio arcivescovile di Cagliari, in Archivio Storico Italiano, XXXV (1905), pp. 273-330 (in partic. 281-283); XXXVI (1905), pp. 3-65; Das Register Gregors VII., a cura di E. Caspar (Mon. Germ. Hist., Epistolae selectae 2), I, Berlin 1920, doc. 29, pp. 46 s. (Capua, 14 ottobre 1073); 41, pp. 63 s. (Roma, 16 gennaio 1074); doc. 10, pp. 528-530 (Roma, 5 ottobre 1080); A. Saba, Montecassino e la Sardegna medioevale, Badia di Montecassino 1927, doc. 2, pp. 135 s.; P.F. Kehr, Italia pontificia X. Calabria-Insulae, a cura di D. Giergensohn (Regesta Pontificum Romanorum), Zurich 1975, doc. 1, p. 392; H. Dormeier, Montecassino und die Laien im 11. und 12. Jahrhundert, Stuttgart 1979, pp. 256-259; R. Volpini, Documenti nel Sancta Sanctorum del Laterano. I resti dell’«Archivio» di Gelasio II, in Lateranum, LII (1986), pp. 215-264 (con 3 tavv.); M. Dell’Omo, Il Registrum di Pietro Diacono (Montecassino, Archivio dell’Abbazia, Reg. 3). Commentario codicologico, paleografico, diplomatico, Montecassino 2000, doc. 151, p. 79; R. Turtas, Gregorio VII e la Sardegna, in Rivista di Storia della Chiesa in Italia, XLVI (1992), 2, pp. 375-397; Id., Storia della Chiesa in Sardegna. Dalle origini al Duemila, Roma 1999, pp. 179-206; Id., I giudici sardi del secolo XI: da Giovanni Francesco Fara, a Dionigi Scano e alle Genealogie medioevali di Sardegna, in Studi Sardi, XXXIII (2000), pp. 257-260; Id., Monachesimo medievale in Sardegna (tra la metà del secolo XI e quella del XII), in corso di stampa.