SCAGLIETTI, Oscar
– Nacque il 24 novembre 1906 da Sante e Rosa Erminia Origgi a San José di Costa Rica, dove il padre si era trasferito nel 1880.
La numerosa famiglia, sette figli, sei femmine e Oscar, rientrò in Italia nel 1908, prima a Novellara, paese di origine di Sante, poi a Bologna. Qui Scaglietti frequentò le scuole dell’infanzia presso il collegio delle sorelle domenicane, poi dalle elementari alla quarta ginnasio fu al collegio S. Luigi dei padri barnabiti, per passare infine al liceo ginnasio Minghetti. Sostenne, però, l’esame di maturità classica presso il liceo ginnasio Galvani, nell’anno scolastico 1923-24.
Nell’ottobre 1924 si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Bologna, frequentando durante il secondo anno (1925-26) l’istituto di istologia ed embriologia generale diretto da Angelo Ruffini, e dal terzo l’Istituto ortopedico Rizzoli, diretto da Vittorio Putti. Sotto la guida di Putti, si laureò brillantemente il 3 luglio 1930 discutendo una tesi su Ricerche anatomiche sulla sacralizzazione dolorosa della 5a vertebra lombare, per la quale gli fu assegnato il prestigioso premio Vittorio Emanuele II.
Conseguita la laurea, Scaglietti venne nominato assistente volontario presso la clinica ortopedica dell’università, poi dal 1° novembre 1931 aiuto incaricato e dall’anno successivo, in seguito a concorso, aiuto effettivo, ruolo che ricoprì per quindici anni sino al 31 ottobre 1947. Su consiglio del suo maestro visitò tra il 1932 e il 1933 le principali cliniche chirurgiche e ortopediche d’Europa. Nel 1936 conseguì la libera docenza in clinica ortopedica. Dall’anno accademico 1936-37 all’anno accademico 1938-39 ebbe l’incarico di insegnamento della disciplina presso la facoltà di medicina e chirurgia di Modena e dall’anno accademico 1939-40 a quello 1945-46 in quella di Padova. Nel novembre 1940, a seguito dell’improvvisa morte di Putti, fu mobilitato dalla direzione militare della Sanità come consulente ortopedico, nonché come direttore del Centro ortopedico e mutilati Vittorio Putti, istituito per le contingenze belliche nella sede del seminario arcivescovile di Bologna. Il Centro, specie dopo il settembre 1943, svolse una capillare assistenza medica anche ai civili, divenendo prezioso rifugio per ricercati dalle truppe repubblicane o germaniche.
Il 1° novembre 1947 Scaglietti fu chiamato a ricoprire l’incarico di insegnamento della disciplina nell’Università di Firenze. Nel 1952 gli fu assegnata, in qualità di primario, la direzione dell’Istituto ortopedico toscano. Il 1° novembre 1956 divenne professore ordinario di clinica ortopedica nell’Università di Firenze. Nell’anno accademico 1967-68 ricoprì l’incarico di insegnamento della disciplina presso l’Università di Bologna. Fu posto in quiescenza il 31 ottobre 1982 e l’anno successivo fu nominato professore emerito.
Molteplici sono i contributi scientifici di Scaglietti alla disciplina. Fra questi, uno dei più importanti fu quello di inquadrare l’etiopatogenesi delle lombosciatalgie, attribuendo la causa dell’intenso dolore presente in questa patologia alla compressione sui nervi spinali esercitata dall’ernia del nucleo polposo della cartilagine intervertebrale, in un’epoca in cui poco o nulla si sapeva dei rapporti fra dischi intervertebrali e radici dei nervi spinali (Considerazioni cliniche e chirurgiche sulle lombosciatalgie da ernia del disco, in Acta orthopedica belgica, 1961, vol. 27, pp. 350-360). Un altro tema da lui affrontato, coltivato per oltre quindici anni di studio, fu quello delle lesioni ostetriche dell’arto superiore, che lo portò a proporre diverse metodiche chirurgiche originali. Conscio della complessità del problema, Scaglietti si rese incessantemente fautore di revisioni interpretative sull’argomento e conseguentemente di indicazioni terapeutiche, che lo indussero a una graduale modifica delle impostazioni patogenetiche presenti nelle sue prime ricerche (Le lesioni ostetriche della spalla, Bologna 1941).
Al contrario di molti chirurghi a lui contemporanei, Scaglietti non si lasciò mai travolgere dal tecnicismo, né dalla sperimentazione di metodi che prescindessero dalla biologia. L’artrosi d’anca fu uno di quegli argomenti in cui l’anatomia e l’istologia patologica prevalsero su tutto nel condizionare l’operosità clinica e chirurgica di Scaglietti: ecco perché fu sempre contrario all’artroplastica. Dopo aver sperimentato varie tecniche chirurgiche, scelse come intervento di elezione quello detto di ‘osteotomia di traslazione’.
La valutazione dei risultati terapeutici si dimostrò altamente positiva a distanza di anni: il sintomo dominante, il dolore, era scomparso o fortemente ridotto nell’88% dei casi e pure l’atteggiamento viziato dell’arto rimaneva corretto stabilmente in quasi tutti i casi. Egualmente l’appoggio era ritornato valido in più dell’80% dei pazienti, parimenti al miglioramento della funzione articolare.
Altre due patologie dell’anca, la coxa vara e la lussazione congenita, furono da lui ampiamente studiate (Indirizzi odierni nel trattamento della lussazione congenita dell’anca, in La chirurgia degli organi di movimento, 1939-1940, vol. 25, pp. 308-320).
Grazie alla grande esperienza acquisita durante il secondo conflitto mondiale, Scaglietti si avventurò in un ambito, quello della chirurgia delle lesioni vasali traumatiche, che non era mai stato appannaggio degli ortopedici. Egualmente importante fu il suo contributo al trattamento delle lesioni traumatiche del sistema nervoso centrale e periferico (Trattamento delle lesioni del sistema nervoso centrale e periferico, in Atti del I Congresso nazionale di chirurgia di guerra... 1942, Roma 1943, pp. 881-950) e quello per la cura chirurgica del torcicollo spastico, in base alle osservazioni compiute su ferite di guerra. Un altro grande merito di Scaglietti fu quello di avere, primo in Italia, sistematizzato in maniera moderna il problema del trattamento delle deformità vertebrali e in particolare delle scoliosi. Realizzò, fra l’altro, un nuovo tipo di letto per la confezione degli apparecchi gessati, ideò un nuovo strumentario per l’esecuzione delle artrodesi vertebrali e perfezionò le tecniche chirurgiche in uso. L’esperienza acquisita nelle migliaia di interventi eseguiti per le ernie del disco lo indusse a proporre nuove tecniche per gli interventi chirurgici nelle forme di spondilite tubercolare. Nelle fratture del collo del femore adottò nuovi tipi di vite.
Socio di numerosissime e prestigiose accademie e società scientifiche, fu fondatore della Società latino-americana di ortopedia e della Società italiana di chirurgia della mano. Diresse a lungo una delle riviste più qualificate nel settore: l’Archivio Putti di chirurgia degli organi di movimento. Ancora in vita Scaglietti e ancor prima della quiescenza, i suoi allievi, nel 1972, fondarono un club con lo scopo di riunirsi ogni anno, prima per verificare con il maestro gli avanzamenti della disciplina, poi per ricordarne le tante intuizioni.
Morì a Bologna il 26 ottobre 1993.
Fonti e Bibl.: O. S. Vita e opere, Bologna 1983; G. Moscato, Morto S., “chirurgo dei calciatori”, in Il Corriere della sera, 28 ottobre 1993; N. Spina, Il Centro ortopedico e mutilati “V. Putti”: prodezze e stratagemmi del prof. O. S., in Giornale italiano di ortopedia e traumatologia, 2009, vol. 35, n. 6, pp. 209-218; M. Gandofi, O. S., ibid., 2011, vol. 37, p. 226.