Oscar
La storia dell'Academy Award, più noto come Oscar, il premio più ambito del cinema, inizia il 16 maggio 1929, quando il presidente dell'Academy of Motion Picture Arts and Sciences (AMPAS), Douglas Fairbanks, e il direttore William C. DeMille, assegnarono, in un party privato per 270 invitati, le prime statuette per la produzione della stagione 1927-28 nella Blossom Room del Roosevelt Hotel di Hollywood. Gente elegante, artisti, cineasti, menu sofisticato e addirittura una riproduzione in zucchero della statuetta, non ancora divenuta celebre, disegnata da Cedric Gibbons, realizzata in bronzo dallo scultore George Stanley, rivestita in oro a 10 carati da Alex Smith e raffigurante un uomo con in mano una spada da crociato in piedi sulla bobina di un film: ma ancora pochi flash tra le luci soffuse per il premio destinato a diventare il simbolo, morale e materiale, dell'industria hollywoodiana. In quel primo anno le categorie, definite con difficoltà e non senza contrasti e compromessi, erano così suddivise: miglior film, migliore qualità artistica della produzione, migliore regia per film drammatico e per film brillante (rispettivamente premio scomparso e distinzione abolita nell'edizione successiva), migliore attore e migliore attrice, migliore sceneggiatura originale e non originale, migliore fotografia, migliore scenografia, migliori effetti tecnici e migliori didascalie (anche queste due ultime categorie furono presenti solo in questa edizione). Riflettendo i mutamenti espressivi e tecnici del cinema, le categorie di premiazione avrebbero subito numerosi aggiustamenti nel corso degli anni. Anche il procedimento per la designazione dei candidati e dei vincitori stabilito in quella prima edizione sarebbe stato presto sostituito. Le majors avevano inviato una lista di film particolarmente meritevoli; tra quelli che avevano ricevuto il maggior numero di preferenze, ciascuna delle cinque branche professionali dell'AMPAS aveva selezionato tre finalisti (titoli o nominativi) per ogni categoria, le cosiddette nominations; il verdetto finale spettò a una giuria composta da Alec Francis (settore attori), Frank Lloyd (settore registi), Sid Grauman (settore produttori), Tom Geraghty (settore sceneggiatori) e A. George Volck (settore tecnico). Il primo film premiato fu Wings (1927; Ali) di William A. Wellman, un'espressiva, potente storia di guerra e di un'intensa amicizia virile (con Gary Cooper agli esordi), capostipite di quel genere bellico che avrebbe ottenuto numerosi riconoscimenti anche in seguito. Per la qualità artistica vinse Sunrise ‒ A song of two humans (1927; Aurora) di Friedrich W. Murnau; i migliori attori furono Janet Gaynor ed Emil Jannings, i registi Frank Borzage per la regia drammatica e Lewis Milestone per la commedia. A inaugurare la lunga storia dei 'grandi esclusi' fu, invece, quasi simbolicamente, Charlie Chaplin, che ottenne un consolatorio premio speciale per The circus (1928; Il circo). All'epoca ancora nessuna risonanza riscuotevano le nominations, che invece sarebbero poi divenute in un certo senso il vero e proprio riconoscimento professionale, in quanto assegnate da 'addetti ai lavori' dello stesso settore dei candidati. Il giudizio professionale 'tra pari', che costituisce proprio il principio ispiratore degli O., venne enunciato per la prima volta alla cerimonia dell'anno successivo dal nuovo presidente dell'Academy, W.C. DeMille; tuttavia gli O., sin dalle origini, risultarono caratterizzati anche da una precisa logica commerciale e industriale: un riconoscimento che Hol-lywood dà a sé stessa, privilegiando i kolossal e il box office, e accorgendosi talvolta in ritardo dei suoi talenti. I primi anni furono contraddistinti da una fortissima ingerenza da parte delle majors e dei produttori per iniziativa dei quali l'Academy era stata istituita (e, tra di essi, soprattutto di Louis B. Mayer): la Metro Goldwyn Mayer nella stagione 1928-29 vinse tre premi, assegnati rispettivamente al film The Broadway melody (1929; La canzone di Broadway) di Harry Beaumont, alla fotografia di Clyde De Vinna per White shadows in the South seas (1928; Ombre bianche) di W.S. Van Dyke e alla scenografia di Cedric Gibbons per The bridge of San Luis Rey (1929; La danzatrice madedetta) di Charles Brabin, mentre i vincitori erano in assoluta maggioranza iscritti all'Academy. Ma questa fu anche l'edizione del trionfo dei film sonori (esclusi da quella precedente), che favorì la candidatura dei musical (tre, incluso il vincitore), un genere invece poco apprezzato nella storia degli O.; e, per la prima volta, la cerimonia, tenuta nel prestigioso Ambassador Hotel di Los Angeles, venne trasmessa da una radio locale.La categoria della migliore registrazione sonora venne introdotta nella terza edizione (stagione 1929-30), anno in cui, inoltre, non fu una giuria speciale ad attribuire gli O. ma tutti i componenti dell'Academy: venne premiato All quiet on the western front (1930; All'Ovest niente di nuovo), capolavoro radicalmente antibellicista del cinema di guerra, tratto dal famoso romanzo di E.M. Remarque, e il suo autore Milestone, mentre Carl Laemmle, fondatore della Universal che lo aveva prodotto, per quest'opera era stato addirittura candidato al Nobel per la pace. Non ricevette alcun premio, invece, Greta Garbo, per la sua prima interpretazione 'parlante': la 'divina' non avrebbe mai ottenuto la statuetta.Gli anni Trenta. ‒ Oltre ad assumere, nel 1931, il ben noto nome di Oscar (secondo il leggendario aneddoto, per una certa somiglianza della statuetta con lo zio della bibliotecaria dell'AMPAS, che si chiamava appunto in tal modo), negli anni Trenta l'Academy Award si arricchì di numerose nuove categorie: nel 1932 venne istituita quella del miglior cortometraggio; nel 1934 quelle del montaggio e della colonna sonora; gli attori non protagonisti cominciarono a essere presi in considerazione dal 1936; nel 1939 si divise il colore dal bianco e nero. Da segnalare, nella quarta edizione (1930-31), la vittoria di uno dei rarissimi western premiati in tutta la storia degli O., ossia Cimarron (1931; I pionieri del West) di Wesley Ruggles e, nella sesta (1932-33), la vittoria, per la prima volta, di un'attrice la cui carriera era iniziata con il cinema sonoro, Katharine Hepburn. Ma gli anni Trenta furono soprattutto segnati dalla crisi economica, che avrebbe cominciato a farsi sentire a Hollywood a partire dal 1932 circa, con il crollo del numero degli spettatori e dei profitti degli studios. Per fronteggiare tale situazione l'AMPAS fu costretta a ridurre radicalmente gli stipendi: ne conseguì una serie di violenti scontri sindacali che portò a una netta riduzione dei suoi iscritti e a mettere in pericolo più di un'edizione del premio. Il sesto anno degli O. venne celebrato con un ritardo di diversi mesi rispetto al precedente; fu inoltre stabilita per le edizioni successive la scansione annuale e non più stagionale per l'ammissione dei film al premio: i film dovevano essere usciti tra il 1° gennaio e il 31 dicembre (non più tra il 1° agosto e il 31 luglio), e dovevano essere stati proiettati per almeno una settimana in una sala di Los Angeles; per i film stranieri, invece, il periodo di eleggibilità andava dal 1° novembre al 31 ottobre. La figura principale di questi anni fu quella di Frank Capra, l'autore dell'ottimismo e dell'happy end, che, dopo il trionfo della 'commedia New deal' It happened one night (1934; Accadde una notte) nella settima edizione (1933-34), che assommò ben cinque O., sarebbe divenuto presidente dell'Academy dal 1935 al 1939, nell'epoca forse più difficile della storia di questa istituzione. Nel 1936 Capra, anche nel tentativo di mediare tra l'eccesso di potere da parte dei produttori e gli attori, i registi, gli sceneggiatori, che sempre più numerosi abbandonavano l'AMPAS per confluire nei sindacati, disertando in alcuni casi anche l'O., riformò completamente il meccanismo di selezione dei vincitori, che sarebbe poi rimasto pressoché immutato: si stabilì che le nominations fossero designate da una commissione composta da cinquanta membri per ciascuno dei cinque settori professionali, e che i vincitori fossero, invece, eletti da tutti gli iscritti all'AMPAS. Nel 1935, inoltre, le votazioni vennero controllate dalla Price Waterhouse & Co.: anche questa una trasformazione che sarebbe rimasta permanente. Infine, nel 1937, venne istituito l'Irving G. Thalberg Memorial Award per i produttori, il premio collaterale più importante, dedicato al geniale produttore prematuramente scomparso in quell'anno. Capra riuscì a salvare l'Academy e a dare a quella che sarebbe divenuta la sua manifestazione più importante l'assetto definitivo. Gli anni Trenta si chiusero con il trionfo di Gone with the wind (Via col vento) di Victor Fleming, che ottenne tredici nominations e otto O. e che, in risposta alle critiche di razzismo che aveva sollevato, consentì per la prima volta a un'attrice nera, Hattie McDaniel, di ottenere il premio come attrice non protagonista.
Fu negli anni Quaranta che l'O. iniziò ad acquisire una visibilità maggiore, quel carattere di grande evento nazionale, di show spettacolare destinato al vasto pubblico. Da party privato riservato ai soli vincitori, si trasformò in una celebrazione grandiosa, cui vennero invitati a partecipare i candidati, poi i membri e infine tutti i soci dell'Academy: nel gigantesco Chinese Auditorium, nel 1947, furono fatti entrare anche i passanti. Nel 1945, con la prima radiocronaca integrale, gli O. si avviarono ad assumere il loro carattere di grande evento mediatico. Gli anni Quaranta vennero inoltre segnati dagli eventi bellici, nonostante il decennio si fosse aperto paradossalmente proprio con la mancata vittoria di The great dictator (Il grande dittatore) di Chaplin, al quale venne preferito Rebecca (Rebecca, la prima moglie) di Alfred Hitchcock, mentre James Stewart fu premiato come migliore attore per The Philadelphia story (Scandalo a Filadelfia), di George Cukor, l'altra categoria per la quale Chaplin era stato candidato; il 1940 fu anche l'anno in cui vennero celebrati i fasti del Technicolor (nell'edizione precedente la fotografia era stata divisa in due categorie: bianco e nero e colore) premiando il sontuoso The thief of Bagdad (Il ladro di Bagdad) di Ludwig Berger, Michael Powell, Tim Whelan e dei non accreditati Alexander e Zoltan Korda e William Cameron Menzies (il film ottenne il premio anche per gli effetti speciali e la scenografia). Fu nel 1941, l'anno dell'attacco a Pearl Harbor, che il clima di guerra investì anche l'Academy: le danze furono vietate, la statuetta divenne di gesso, e iniziò una lunga stagione di riconoscimenti a film bellici. Il primo vero e proprio film di propaganda venne premiato nella quindicesima edizione (1942) e fu Mrs. Miniver (La signora Miniver) di William Wyler, storia di una donna inglese che affronta con coraggio i bombardamenti e i sacrifici della vita di guerra: oltre al film, alla sceneggiatura non originale, alla fotografia in bianco in nero, vinsero il regista, l'attrice protagonista (Greer Garson) e quella non protagonista (Teresa Wright). La sedicesima (1943) premiò Casablanca di Michael Curtiz e il tema della guerra, o meglio delle sue conseguenze sulla vita dei reduci, tornò nuovamente nell'edizione del 1946 con The best years of our lives (I migliori anni della nostra vita) di William Wyler che ottenne gli O. per il film, la sceneggiatura non originale, la colonna sonora, il montaggio, la regia, l'attore protagonista (Fredric March) e quello non protagonista (Harold Russell) e, infine, il Thalberg Memorial Award per il produttore Samuel Goldwyn. Nell'edizione del 1947 numerosi riconoscimenti andarono a un film che affrontava il dramma dell'antisemitismo: Gentleman's agreement (Barriera invisibile) di Elia Kazan. Negli stessi anni l'Academy venne inoltre conquistata dal Neorealismo: Roma città aperta di Roberto Rossellini ottenne una nomination per la sceneggiatura nell'edizione del 1946, e Sciuscià e Ladri di biciclette di Vittorio De Sica ottennero un premio speciale come migliori film stranieri rispettivamente nelle edizioni del 1947 e del 1949 (l'O. speciale dato a film stranieri si sarebbe trasformato in una vera e propria categoria nell'edizione del 1956). Tuttavia, più in generale, questi furono gli anni in cui numerosissimi furono i film stranieri premiati all'Academy, suscitando non poche preoccupazioni da parte dei produttori statunitensi, già pressati dalla crisi dello studio system e dalle nuove regolamentazioni anti-trust imposte dal governo, che vedevano sfumare i potenziali, enormi guadagni conseguenti alle vittorie. Il cinema inglese fu ai primi posti di questa 'invasione', con film quali Great expectations (Grandi speranza) di David Lean (1947) e Hamlet (Amleto) di Laurence Olivier (1948). In questo stesso anno venne introdotto il premio per i costumi (sdoppiato in costumi per opere in bianco e nero e per quelle a colori), mentre nello stesso periodo fu fissato definitivamente a cinque il numero dei finalisti, che fino ad allora era stato assai variabile.
Gli anni Cinquanta si aprirono con l'enorme successo di un film autoreferenziale sul ruolo dell'attore, All about Eve (Eva contro Eva) di Joseph L. Mankiewicz, che ottenne ben sei Oscar. La ventiquattresima edizione (1951) si aprì con l'assegnazione di cinque O. ad An American in Paris (Un americano a Parigi) di Vincente Minnelli: il trionfo di questo musical, con le coreografie di Gene Kelly, rappresentò anche un trionfo del colore che nel corso del decennio si sarebbe imposto definitivamente su larga scala. In questa edizione sono anche da segnalare il premio a Humphrey Bogart e la presenza carismatica, atipica, di Marlon Brando, candidato per A streetcar named desire (Un tram che si chiama desiderio) di Kazan. Il giovane attore rivelò all'Academy un nuovo stile di recitazione, quello appreso all'Actors Studio, che avrebbe dominato interamente il decennio; candidato ancora nelle due edizioni successive, Brando vinse il premio nella ventisettesima (1954), sempre diretto da Kazan in On the waterfront (Fronte del porto). Vinsero anche il film, l'attrice non protagonista (Eva Marie Saint), la fotografia, la sceneggiatura, la scenografia, il montaggio e, infine, il regista, dopo la sua sofferta deposizione di fronte all'HUAC: il frenetico operare della Commissione per le attività antiamericane condizionò le vicende dell'Academy, perseguitando numerosi dei suoi iscritti e costringendone alcuni a un esilio più o meno volontario.Intanto, la cerimonia per l'edizione del 1952, era stata finanziata dalla NBC, che ne aveva acquistato l'esclusiva: assumendo un'importanza economica sempre maggiore, gli O. fecero così il loro primo ingresso nel piccolo schermo che dell'industria hollywoodiana rappresentava al contempo il grande concorrente. Nel 1953, tra le nominations, il primo film in Cinemascope, The robe (La tunica) di Henry Koster: tuttavia i maggiori riconoscimenti andarono a From here to eternity (Da qui all'eternità) di Fred Zinnemann, che ottenne otto Oscar. Dopo i numerosi riconoscimenti nell'edizione del 1955 a un film a basso costo, Marty (Marty, vita di un timido) di Delbert Mann, compreso quello al suo intimista e goffo protagonista (Ernest Borgnine), la seconda metà del decennio fu caratterizzata invece dal trionfo del kolossal: nell'edizione del 1956 Around the world in 80 days (Il giro del mondo in 80 giorni) di Michael Anderson, film molto lungo e costoso, venne premiato con cinque O., mentre George Stevens vinse per la regia di Giant (Il gigante), che valse anche una nomination 'postuma' a James Dean; nell'edizione successiva The bridge on the river Kwai (Il ponte sul fiume Kwai) di David Lean fu premiato con sette O.; nell'edizione del 1959 Ben Hur di William Wyler vinse undici O. su dodici nominations. In questo anno vinse per la prima volta un'attrice straniera per un film non prodotto negli Stati Uniti, Simone Signoret per la sua interpretazione in Room at the top (La strada dei quartieri alti) di Jack Clayton. L'anno successivo l'esclusiva televisiva passò alla ABC.
La lunga stagione del kolossal non si chiuse con la vittoria di Ben Hur: il decennio fu interamente segnato da un proliferare di film assai costosi e spettacolari, dal genere bellico a quello biblico, dal western al film di spionaggio, di cui l'espressione più rappresentativa è forse la lunga serie inglese dedicata alle avventure dell'agente 007, inaugurata nel 1962. A vincere furono per lo più kolossal 'd'autore', spesso di produzione straniera, quali Lawrence of Arabia (Lawrence d'Arabia) di Lean nell'edizione del 1962 e Tom Jones di Tony Richardson in quella successiva, che portò il Free Cinema negli Stati Uniti (anche se un grande kolossal d'autore, Spartacus, aveva ottenuto nell'edizione del 1960 solo O. minori, tra i quali quello a Peter Ustinov, l'attore non protagonista: ma il suo regista Stanley Kubrick appartiene alla lunga, per certi versi scandalosa, lista degli 'esclusi'). Dopo i nove O. che erano stati attribuiti a Gigi di Minnelli nell'edizione del 1958, proprio quello musicale fu un altro genere che ebbe molta fortuna negli anni Sessanta: West Side story di Robert Wise e Jerome Robbins ne ottenne dieci nell'edizione del 1961; Mary Poppins di Robert Stevenson vinse in quella del 1964, tra gli altri, gli O. per la migliore attrice protagonista (Julie Andrews), la migliore canzone (Chim chim cher-ee) e la migliore colonna sonora originale (di Richard M. Sherman e Robert B. Sherman); My fair lady di George Cukor nello stesso anno vinse, tra gli altri, l'O. per il miglior film, la regia, l'attore protagonista (Rex Harrison), la colonna sonora non originale; The sound of music (Tutti insieme appassionatamente) di Wise ottenne nell'edizione del 1965 cinque O., tra i quali quelli per il film e la regia; Oliver! di Carol Reed, venne giudicato miglior film e migliore regia del 1968. Delle grandi trasformazioni politiche e culturali che si stavano profilando all'orizzonte, delle nuove correnti artistiche che si stavano imponendo in Europa (il Free Cinema in Inghilterra, la Nouvelle vague in Francia, la Nová Vlna cecoslovacca), e anche dei 'nuovi di Hollywood', l'Academy si accorse molto gradualmente. Anche gli O. agli attori, benché meritatissimi, vennero per lo più assegnati a interpreti della generazione precedente: Burt Lancaster, Gregory Peck, Rex Harrison, Lee Marvin, Paul Scofield, Rod Steiger, Liz Taylor, Shelley Winters, Katharine Hepburn. In particolare, nella prima metà del decennio è infatti soprattutto tra le nominations 'secondarie' che compaiono i nuovi nomi, le opere che esprimono una nuova sensibilità, nonché quei temi politici che sarebbero ben presto divenuti ineludibili. Tra i nuovi registi, si segnalarono Arthur Penn, George Roy Hill, John Frankenheimer, Francis Ford Coppola. Un caso a sé fu quello di Mike Nichols, che dopo il successo nel 1966 di Who's afraid of Virginia Woolf? (Chi ha paura di Virginia Woolf?) segnò quasi una svolta epocale vincendo l'O. alla regia nell'edizione del 1967 per The gradu-ate (Il laureato), che anticipava lo spirito ribelle delle nuove generazioni e che ebbe il merito di portare sullo schermo e valorizzare uno dei più grandi attori degli anni successivi, Dustin Hoffman.Se non molta fortuna ebbe la Nouvelle vague, che ottenne solo alcune candidature secondarie e nessun O., la Nová Vlna vinse due O. per il miglior film straniero nell'edizione del 1965 con Obchod na korze (Il negozio al corso) di Ján Kadár ed Elmar Klos e in quella del 1967 con Ostře sledované vlaky (Treni strettamente sorvegliati) di Jiří Menzel e impose inoltre all'attenzione dell'Acad-emy Milos Forman. Ma fu il Free Cinema a ricevere i maggiori riconoscimenti, con il già citato Tom Jones, con la vittoria di Julie Christie ottenuta nell'edizione del 1965 e con numerose altre nominations. Infine, rilevante fu anche l'attenzione riservata al cinema italiano: infatti, oltre a numerose candidature, vennero premiati Sophia Loren nell'edizione del 1961 come migliore attrice protagonista, e come migliori film stranieri 81/2 di Federico Fellini in quella del 1963 e Ieri oggi domani di Vittorio De Sica nella successiva.
Negli anni Settanta si affermarono gli esponenti della New Hollywood, che nel decennio precedente avevano ricevuto solo candidature minori e che rivitalizzarono profondamente l'industria cinematografica per la capacità di portare sullo schermo opere incentrate sull'attualità (la guerra del Vietnam, lo scandalo Watergate, i rapporti con il potere), di rinnovare i generi tradizionali e, nello stesso tempo, di creare film spettacolari di grande successo di pubblico. Tra i più giovani s'imposero, ottenendo numerose candidature, quei registi che avrebbero dominato l'industria nel corso degli anni Ottanta e Novanta: in particolare Steven Spielberg e George Lucas. Nel 1968 era stato abolito il codice Hays e il decennio si era chiuso con tre O. (film, regia, sceneggiatura) a un film 'scandaloso' come Midnight cowboy (Un uomo da marciapiede) di John Schlesinger, che aveva inoltre imposto Dustin Hoffman e Jon Voight come due dei maggiori attori dell'epoca. Tra le principali nominations e vittorie, è necessario almeno ricordare A clockwork orange (Arancia meccanica) di Kubrick, che provocò numerosissime polemiche e la defezione di alcuni membri dell'Academy, e al quale venne preferito The French connection (Il braccio violento della legge) di William Friedkin, che valse anche un O. a Gene Hackman nell'edizione del 1971; The godfather (Il padrino) e The godfather, part II (Il padrino ‒ Parte seconda) di Coppola, che videro premiati, rispettivamente nelle edizioni del 1972 e del 1974, gli attori Marlon Brando e Robert De Niro come attore protagonista e attore non protagonista; la nomination a Chinatown di Roman Polanski, sempre nel 1974; la vittoria nell'edizione successiva di One flew over the cuckoo's nest (Qualcuno volò sul nido del cuculo) di Forman, edizione in cui erano anche in concorso Nashville di Robert Altman, Barry Lyndon di Kubrick, Dog day afternoon (Quel pomeriggio di un giorno da cani) di Sidney Lumet, nonché Jaws (Lo squalo) di Spielberg; nell'edizione del 1977 Woody Allen vinse con Annie Hall (Io e Annie); in quella seguente The deer hunter (Il cacciatore) di Michael Cimino vinse contro Coming home (Tornando a casa) di Hal Ashby; infine, nell'edizione del 1979, il film sul Vietnam più politicamente rivoluzionario, Apocalypse now di Coppola, perse contro Kramer vs. Kramer (Kramer contro Kramer) di Robert Benton, che aprì un'epoca in cui all'Academy sarebbero stati privilegiati "la narrazione del privato, il racconto crepuscolare o minimale di timori e sentimenti intimi" (Casalini, Ligato 2002, p. 363).
Nel 1981 è stata introdotta, per l'ultima volta, una nuova categoria, quella del trucco. A partire da Kramer vs. Kramer, tra i film candidati e premiati dall'Academy molti sono stati quelli incentrati sui drammi privati: opere commoventi non esenti però dal rischio di cadere in un facile sentimentalismo. Ha inaugurato il decennio Ordinary people (Gente comune) di Robert Redford, seguito dalle nove nominations e dai tre O. (di cui due ai protagonisti Katharine Hepburn e Henry Fonda) di On golden pond (Sul lago dorato) di Mark Rydell; nell'edizione del 1983 Terms of endearment (Voglia di tenerezza) di James L. Brooks ha ottenuto cinque O.; nell'edizione del 1986 Children of a lesser God (Figli di un Dio minore) di Randa Haines ha fatto ottenere un O. all'attrice protagonista (Marlee Matlin); in quella del 1988 Rain man (Rain man ‒ L'uomo della pioggia) di Barry Levinson ha ottenuto quattro O.; nella successiva, infine, My left foot (Il mio piede sinistro) di Jim Sheridan ha ottenuto numerose nominations e due O. (all'attore protagonista Daniel Day-Lewis e all'attrice non protagonista Brenda Fricker). Oltre ai film citati, si devono ricordare alcuni kolossal di enorme successo: Ouf of Africa (La mia Africa) di Sydney Pollack che ha ottenuto sette O. nell'edizione del 1985; The last emperor (L'ultimo imperatore) di Bernardo Bertolucci, che ne ha vinti nove in quella del 1987; e due film biografici: Gandhi di Richard Attenborough, che ne ha ottenuti otto nell'edizione del 1982 e Amadeus di Forman che ne ha ricevuti otto in quella del 1984. Tra le attrici, da segnalare una delle nuove mattatrici drammatiche, Meryl Streep, record di nominations. Tra gli attori, l'affermazione di nuovi interpreti come l'inglese Ben Kingsley, di F. Murray Abraham, William Hurt, Michael Douglas oltre, ancora, alla conferma di Dustin Hoffman e Robert De Niro.
L'ultima decade del secolo si è aperta con il trionfo di uno dei generi cinematografici tra i meno premiati tradizionalmente dall'Academy: ossia il western Dances with wolves (Balla coi lupi) di Kevin Costner, cui è seguito il thriller The silence of the lambs (Il silenzio degli innocenti) di Jonathan Demme con cinque O. nell'edizione del 1991. La rosa delle candidature e dei premi è stata assai variegata in questi anni: dal western crepuscolare Unforgiven (Gli spietati) di Clint Eastwood nell'edizione del 1992, al commovente Schindler's list (Schindler's list ‒ La lista di Schindler), di Spielberg (sette O. nell'edizione del 1993); al fantastico Forrest Gump di Robert Zemeckis (sei O. in quella del 1994); al popolare ed epico Braveheart (Braveheart ‒ Cuore impavido) di Mel Gibson (cinque O. nell'edizione del 1995); al mélo The English patient (Il paziente inglese) di Anthony Minghella (nove O. in quella del 1996); al kolossal catastrofico Titanic di James Cameron (ben undici O. su quattordici nominations nell'edizione del 1997). E, ancora, il trasgressivo American beauty dell'esordiente Sam Mendes (cinque O. nell'edizione del 1999), nell'edizione del 2000 la vittoria di Gladiator (Il gladiatore) di Ridley Scott e quelle del musical Chicago di Rob Marshall, di Roman Polanski per lo splendido The pianist (Il pianista) e del suo attore protagonista Adrien Brody nell'edizione del 2002, fino al trionfo di The lord of the rings ‒ The return of the king (Il signore degli anelli ‒ Il ritorno del re) di Peter Jackson nell'edizione del 2003. Tra le dive, ha vinto per la seconda volta Jodie Foster, mentre l'inglese Emma Thompson ha ottenuto un O. come protagonista e successivamente uno come sceneggiatrice per Sense and sensibility (Ragione e sentimento) di Ang Lee; si sono poi affermate, tra le altre, Gwyneth Paltrow e Julia Roberts. Tra gli attori premiati, da ricordare Anthony Hopkins, Al Pacino, Jack Nicholson, nonché le affermazioni di Kevin Spacey e Russell Crowe e infine Roberto Benigni, primo italiano a ottenere il riconoscimento come migliore attore per il suo La vita è bella. Nel 2000 il numero dei membri dell'Academy è aumentato notevolmente, comprendendo tutti coloro che hanno ricevuto almeno una nomination.Famosa, e spesso oggetto di molte polemiche, la lunga lista degli esclusi (talvolta omaggiati con un O. alla carriera), tra i quali vanno almeno ricordati tra i registi Chaplin, Kubrick, King Vidor, Howard Hawks, Orson Welles, tra le attrici Greta Garbo, Marlene Dietrich e Marilyn Monroe, tra gli attori Cary Grant, Kirk Douglas. Il regista più premiato è stato invece John Ford con quattro O. (1935, 1940, 1941 e 1952). Per quanto riguarda gli attori, è stata Katharine Hepburn ad avere il maggior numero di O.: quattro su dodici nominations, vinti nel corso di 48 anni della sua brillante carriera (edizioni 1932-33, 1967, 1968, 1981); al secondo posto Ingrid Bergman con tre O., due da protagonista (1944 e 1956) e uno da non protagonista (1974) e Jack Nicholson, anch'egli con due O. da protagonista (1975 e 1997) e uno da non protagonista (1983).
R. Osborne, 70 years of the Oscar , New York-London-Paris 1999; R. Casalini, M.G. Ligato, L'avventurosa storia degli Oscar, Milano 2002.