OSIMO (A. T., 24-25-26 bis)
Città delle Marche, in provincia di Ancona, posta sopra uno dei fastigi (m. 265) della catena delle colline plioceniche osimane, compresa tra le vallate parallele del Musone e dell'Aspio, suo affluente. Òsimo si presenta pianeggiante nel versante solatio di S. e O., con belle e ampie strade, piazze e monumentali edifizî; in ripido declivio, nel versante N., ove sono i poderosi resti delle mura romane, e nel versante E.
Il territorio comunale (kmq. 105,40) è costituito di colline subappenniniche o plioceniche (sabbioni e argille), e di piane alluvionali quaternarie e recenti del Musone e dell'Aspio, con quote estreme di m. 360 e m. 20. Il suolo agrario è di ha. 10.047, intensivamente coltivati, così da rendere Osimo centro agricolo di prim'ordine per la produzione del bestiame, dei bozzoli, dei cereali, della vite, dell'olivo, dei frutti, del tabacco.
La popolazione del comune, dal 1881 (ab. 17.307), ha avuto i seguenti incrementi: ab. 18.475 nel 1901; 19.803 nel 1921; 20.544 nel 1931, di cui meno che 7000 agglomerati, e i restanti in 9 frazioni e sparsi (densità 196 ab. per kmq.).
Le industrie principali sono quelle dei laterizî, dei cementi, dei saponi, dei lavori o confezioni in tela, della molitura del grano e delle olive, delle paste alimentari e delle segherie. Industria d'eccezionale importanza era già quella della seta e dei cascami (con 18 filande e 1000 operaie) e il mercato annuale dei bozzoli era tra i primi d'Italia; ora, vi sono 506 filande attive, con poco più di 300 filandaie. Industria pure già fiorente era quella delle armoniche. Industria affatto caratteristica è quella delle scopette (spazzole), con carattere di lavoro casalingo o di artigianato.
Vi sono un antico ospedale e molte opere pie, una ricca biblioteca (1667), archivî, tra i quali quello del duomo, ove è il "libro rosso", importante fonte per la storia regionale. Di storica antica fama è il collegio Campana, entrato nel terzo secolo di vita, che ha avuto maestri celebri di lettere umane e volgari; vi studiarono Leone XII e Pio VIII, Aurelio Saffi, Adolfo De Bosis, ecc.
La stazione ferroviaria, Osimo-Castelfidardo, è a 7 km. dal centro, sulla linea litoranea adriatica; vi sono regolari autolinee per essa e per Ancona (15 km.), Macerata, Iesi, Recanati, Offagna, ecc.
Nei dintorni, a S., nei piani del Musone è il monumentale santuario della Madonna di Campocavallo; a N., sono le sorgenti minerali purgative dell'Aspio.
Monumenti. - Del municipio romano di Auximum, oltre a un tratto delle mura antiche, si conservano nell'atrio e nel portico del palazzo municipale varî frammenti, iscrizioni, cippi funerarî e dieci statue marmoree, acefale, che decoravano il foro. Il monumento medievale più cospicuo è il duomo, dedicato al primo vescovo osimano S. Leopardo, dal quale, secondo tradizione non confermata, sarebbe stato fondato nel sec. IV. Di un suo successivo ampliamento, operato nel sec. VIII da S. Vitaliano, si ritiene prova la foggia di taluni capitelli della cripta, oltre all'epitaffio del santo su lastra decorata di bordura in bassorilievo; ma verso la metà del sec. XIII la fabbrica assunse l'attuale carattere romanico e s'adornò di interessanti decorazioni scolpite, nell'abside, nel rosone del transetto e soprattutto nel portico d'ingresso sul fianco sinistro, a tre arcate e corrispondenti portali; mezzo secolo più tardi fu completato l'interno a tre navate, con archi di valico a sesto acuto, a sostegno delle vòlte a crociera, poi rifatte nel sec. XVI. Notevoli nella stessa chiesa l'ambone romanico in marmo e nella sagrestia una croce in rame dorato dell'ascolano Pietro Vanini (sec. XV), la lamina argentea di S. Leopardo, che il Toesca suppone del sec. IX, un interessante polittico firmato da Pietro da Montepulciano (1418) e varî pannelli dipinti da Battista Franco detto Semolei.
Elementi decorativi si conservano nella base della torre civica. L'ex-chiesa di S. Nicolò ha un portale di forma ancora romanica ma con intagli gotici, e all'interno, a ornamento di un'edicola gotica, un notevole gruppo di affreschi dello scorcio del Trecento, avvicinabili alla corrente bolognese. Allo stesso periodo appartiene quanto resta (abside, fianco destro, sagrestia, torre) della primitiva costruzione ogivale della chiesa di S. Francesco (poi S. Giuseppe da Copertino), nel cui interno, rinnovato nel Settecento, si conserva una grande pala di Antonio da Solario.
Del rinascimento è la Rocca che si vuol disegnata da Baccio Pontelli; ma ne restano poche tracce. Nel battistero, annesso all'episcopio e adorno di modeste pitture di Antonio Sarti da Iesi (1629), è un magnifico fonte battesimale in bronzo, opera di P. Paolo e Tarquinio Jacometti (1627; v. jacometti, XVIII, p. 632). Nel palazzo comunale si conserva un polittico della bottega di B. Vivarini, in bella cornice coeva. Nella chiesa di S. Marco un affresco di Arcangelo di Cola da Camerino e un quadro del Guercino.
Tra i varî nobili palazzi del periodo barocco va ricordato quello, attualmente sede della Cassa di Risparmio, del sec. XVII, adorno nelle sale del primo piano di interessanti decorazioni pittoriche del Pomarancio. Nei dintorni della città sono varie ville patrizie specialmente settecentesche.
Storia. - L'antica Auximum (gr. Αὔξιμον con la var. Αὔξουμοξ) fu, secondo Velleio Patercolo, sede di una colonia romana dedottavi nel 157 a. C.; però le testimonianze degli Annali, che ricordano varî edifici pubblici costruiti sul foro di Osimo intorno al 173, inducono ad arretrare la data di Velleio. Osimo ebbe una notevole importanza durante le guerre civili del secolo I, dovuta alla sua felice posizione. Appartenne alla tribù Velina; ebbe come magistrati dei pretori, e fu in origine, colonia e non municipio. Nel sec. VI d. C. Osimo crebbe d'importanza e dominò sul mare per mezzo del porto di Ancona: allora Procopio poté a ragione chiamarla capitale del Piceno.
Occupata dai Goti, ne costituì la piazza forte a difesa del loro regno contro Belisario, che riuscì però ad espugnarla con uno stratagemma. Passò una prima volta dall'impero d'Oriente ai Longobardi (575-625) e poi ancora nel 728 fino al 774, quando fu compresa nella donazione di Carlo Magno alla Chiesa, e si vuole che avesse un proprio duca. Cominciò allora un'alternativa di alto dominio tra il papa e l'imperatore, mentre si veniva formando il comune, al quale si aggregarono molti dei feudatarî e degli abitanti dei castelli circonvicini. Ebbe frequenti conflitti coi uoghi confinanti e nell'interno feroci lotte di parte; più spesso prevalse il partito ghibellino o imperiale e la troviamo ad aiutare l'arcivescovo di Magonza nell'assedio di Ancona del 1172. Perché aderente a re Manfredi, il papa la privò nel 1240 della sede vescovile, che riebbe nel 1264, per perderla di nuovo ed essere scomunicata nel 1320, perché i fratelli Lippaccio ed Andrea Guzzolini se ne erano impadroniti nel 1316 dominandovi da signori assoluti fino al 1329; in quell'anno, avversati dal popolo, sobillato dai guelfi, abbandonarono la città. Vi tornarono poco dopo per esserne cacciati di nuovo dalle armi di Malatesta Guastafamiglia che il 13 giugno 1337 fu dagli stessi cittadini chiamato al governo. Vi durò poco perché fu fatto capitano dei Fiorentini, e allora gli Osimani vollero al governo Napoleone Sinibaldi e dopo di lui altri ancora, non volendo assoggettarsi al dominio papale e perdere la propria autonomia. Ma per l'opera pacificatrice dei legati pontifici, specialmente dell'Albornoz, si riconciliarono con la Chiesa e nel 1368 riebbero la sede vescovile e il titolo di città di cui erano stati privati. Non finirono però le vicende dolorose delle fazioni cittadine, per i fuorusciti che cercavano tornarvi e per i Malatesta che ne agognavano il possesso. Lo ebbero infatti con alterna vicenda fino al 1417, quando Martino V li fece cacciare dal vescovo di Ancona e Umana. Nel 1433 cadde in potere di Francesco Sforza che vi stabilì il centro delle sue operazioni militari nelle Marche; ma nel 1443, avvicinandosi Alfonso V col suo esercito per ricuperarle al pontefice, gli osimani si ribellarono allo Sforza il 19 di agosto, giorno che celebrarono come festivo anche negli anni seguenti. Tornarono così alla diretta dipendenza della Chiesa. Questa ebbe una interruzione nel 1486 in cui Boccolino Guzzone, osimano, spalleggiato dalla plebe, uccise il rivale Giacomo Leopardi e si fece padrone della città. Egli ricorse perfino al sultano Baiazet II onde averne aiuto contro il papa il quale mandò a combatterlo un esercito comandato da Gian Giacomo Trivulzio che riuscì a ricuperare la città, entrandovi insieme col cardinale legato il 2 agosto 1487. Da allora Osimo seguì le vicende della provincia pontificia delle Marche fino al 1860, quando entrò col plebiscito del novembre a far parte del regno d'Italia.
Bibl.: G. Cecconi, Carte diplomatiche osimane, in Collezione di documenti storici antichi inediti ed editi rari delle città e terre marchigiane per cura di C. Ciavarini, IV, Ancona 1878; id., Cenni biografici di Boccolino Gozzoni da Osimo capitano di ventura del sec. XIV, ivi; id., I due fratelli Lippaccio ed Andrea Guzzolini da Osimo, Osimo 1873; G. Colucci, Antichità picene, Fermo 1786 segg.; V. P. Compagnoni, Memorie istorico-critiche della Chiesa e dei vescovi di Osimo, Roma 1782; E. Gallo, Breve descrizione dell'antichissima città di Osimo, Ancona 1615; H. Honuphrius, Vetustissimae Auximatis urbis brevis notitia, Macerata 1682; J. Lauro, Breve discorso di Osimo città del Piceno, Roma 1639; F. A. Maroni, Commentarius de ecclesia et episcopis Auximatibus, Osimo 1762; L. Martorelli, Memorie historiche della città di Osimo, Venezia 1705; M. A. Talleoni, Istoria della città di Osimo, ivi 1807-08, voll. 2.
Per i monumenti, v. inoltre: L. Fanciulli, Di alcuni antichi riti della cattedrale di Osimo, Roma 1805; C. Costantini, in Rassegna marchigiana, III (1925), p. 283 segg.; id., ibid., IV (1926), p. 117 segg.; id., in Architettura e arti decorative, VII (1927), p. 5 segg.; O. Sabbadini, La città di Osimo al tempo dei comuni medievali, Osimo 1928; E. Serra, L'arte nelle Marche, Pesaro 1929; Elenco degli edifici monumentali, XL: Provincia di Ancona, Roma 1932. - Per la città antica: E. Hülsen, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., II, col. 2622; H. Nissen, Italische Landeskunde, II, Berlino 1902, p. 418 segg.