OSTEOMALACIA (dal gr. ὀστέον "osso" e μαλακία "mollezza"; ted. Knochenerweicherung)
Affezione piuttosto rara, che porta al rammollimento per decalcificazione delle ossa del tronco e degli arti e ha un decorso generalmente cronico, con esacerbazioni e remissioni; colpisce principalmente la donna in età adulta. Va tenuta distinta dal rachitismo (v.) e dall'osteoporosi senile. L'osteomalacia ha una sua propria distribuzione geografica, non però ancora nettamente stabilita. La malattia per lo più interviene nelle donne gestanti o in puerperio (osteomalacia gravidica e puerperale), presentandosi in forma sempre più grave a ogni successiva gravidanza. La decalcificazione predilige il bacino e la colonna vertebrale, senza risparmiare altri segmenti dello scheletro, e soprattutto i più importanti per la statica del corpo. Le ossa diventano abnormemente cedevoli e perciò si deformano sotto il loro carico normale; ne conseguono abnormi incurvamenti della colonna vertebrale, gravi deformità del bacino. La malattia s'inizia con dolori muscolari e nevralgici che finiscono col rendere difficile il cammino e la stazione eretta. L'andatura diviene stentata; la statura diminuisce in conseguenza delle inflessioni della colonna vertebrale. Intervengono il dimagramento e l'insonnia. Le deformazioni del bacino creano gravi difficoltà al parto. Alcune forme, lievi, volgono a guarigione; altre sono gravissime.
Le cause e il meccanismo di produzione della malattia sono tuttora discusse e in parte oscure malgrado le numerosissime ricerche cliniche e sperimentali condotte dagli studiosi d'ogni paese. Fu sostenuta la natura infettiva dell'affezione in base ai risultati di alcune esperienze sugli animali e alla sua comparsa in forma talora endemica in certe regioni. D'altra parte, in base alle ricerche anatomiche, all'antica ipotesi della sottrazione del calcio con successiva scomparsa dell'osso, fu sostituita quella del riassorbimento del tessuto osseo, seguita dall'apposizione di sostanza priva di calce. Fu anche data importanza a un difetto alimentare, e precisamente al venir meno, nell'alimentazione, di un principio vitaminico deputato alla regolazione del ricambio del calcio. Altri studiosi hanno dato rilievo al fatto dell'aumentata produzione di sostanze acide nell'organismo, a cui seguirebbe la decalcificazione dell'osso. Da altri fu ritenuto che l'osteomalacia provenga da alterazioni del sistema nervoso e che l'ipereccitabilità nervosa rappresenti uno dei momenti che predispongono alla malattia, forse per meccanismi indiretti (endocrini). Altre interpretazioni patogenetiche traggono origine dalla osservazione di casi di osteomalacia venuti a guarigione in seguito all'asportazione dell'ovaio e la malattia fu pertanto attribuita a un'alterazione funzionale ovarica, che determinerebbe, attraverso il sistema nervoso vegetativo, un'abnorme condizione circolatoria delle ossa, e precisamente uno stato iperemico, che a sua volta sarebbe la causa principale della decalcificazione. La disfunzione ovarica potrebbe d'altronde intervenire modificando il ricambio del calcio non solamente per via nervosa, ma anche ingenerando alterazioni umorali, come si dovrebbe ammettere in base all'osservazione di recidive di osteomalacia occorse dopo l'innesto ovarico in soggetti che erano stati sottoposti alla castrazione e che guarirono definitivamente con l'asportazione dell'ovaio innestato. Oltre all'ovaio, fu data importanza anche ad altre ghiandole endocrine, fra cui la tiroide, e ciò in base alla distribuzione geografica dell'osteomalacia, in parte simile a quella del morbo di Basedow e in base ad altre analogie esistenti fra le due affezioni. Da altre osservazioni e ricerche furono tratte in campo, specie negli ultimi anni, le paratiroidi, ghiandole che in qualche caso di osteomalacia si dimostrano alterate (iperplasia, adenoma); così pure il timo, alla cui deficienza funzionale sarebbero da attribuirsi le alterazioni osteomalaciche; e ancora altre ghiandole endocrine (ipofisi, surreni), così che l'affezione fu anche interpretata come risultante da un disordine complesso delle secrezioni interne, predominando ora le alterazioni di una data ghiandola, ora quelle di un'altra, e avendosene, come conseguenza, quel profondo turbamento del ricambio del calcio che è caratteristico dell'affezione e che è scatenato frequentemente dalla gravidanza, ma anche da altre cause (osteomalacia maschile, infantile, senile, degli alienati).
L'osteomalacia è diminuita di frequenza col miglioramento delle condizioni igieniche e in particolare alimentari delle classi povere. La prevenzione delle ricadute consiste nell'evitare nuove gravidanze, praticando, ove occorra, la castrazione chirurgica o radiologica. I medicamenti più usati sono i preparati a base di fosforo e di calcio, i preparati vitaminici (olio di fegato di merluzzo), i preparati organoterapici, fra i quali gli estratti surrenali, ipofisarî e tiroidei, oltre alle cure generali e ricostituenti intense, le cure climatiche, l'esposizione all'aria libera e alla luce solare.
Patologia veterinaria. - L'osteomalacia può colpire tutti gli animali domestici; frequente nei bovini (specie vacche gravide e in lattazione). G. Finzi ha descritto la malattia nella scimmia.
Domina nelle regioni in cui il suolo e i foraggi sono poveri di calcio e di acido fosforico (limitate zone dell'Italia meridionale, Tonchino, Indie, Giappone, Madagascar, Congo, Camerun, Transvaal), dove nelle annate siccitose può assumere anche diffusione enzootica ed epizootica. Indipendentemente dal contenuto in calcio e acido fosforico degli alimenti, l'osteomalacia può insorgere per alterato rapporto di determinati componenti minerali o del calcio con quelli organici. Fra le varie ipotesi emesse, merita speciale considerazione quella che attribuisce all'osteomalacia un'origine infettiva; però, per quanto sembri fondata la dimostrazione sperimentale apportata da alcuni autori, predomina nel concetto dei più l'azione di una causa di natura chimica. Il tessuto osteoide neoformato, che segue la progressiva decalcificazione e il corrispondente rammollimento delle ossa, viene a costituire gli strati superficiali delle lamelle ossee della sostanza corticale e degli strati interni del sistema lamellare di Havers. La cavità midollare, delle ossa lunghe, è aumentata, la sostanza corticale è assottigliata, spugnosa, friabile, molle. Nelle ossa brevi e piatte, appare più evidente la struttura spugnosa e sono pur esse fragili o pieghevoli. L'atrofia e il rammollimento conduce a deformazioni, evidenti specie nelle ossa del bacino, colonna vertebrale e costole.
Particolarmente nei bovini le manifestazioni cliniche sono precedute da disturbi digestivi, da allotriofagia, da pervertimento del gusto. Seguono fatti di osteodinia, accessi convulsivi, tumefazioni infiammatorie alle articolazioni inferiori delle estremità. Negli stadî più avanzati compaiono fratture (più frequenti nelle ossa del bacino, in quelle lunghe prossimali degli arti, nelle costole), tumefazione delle ossa della testa (eccezionale nei bovini). La malattia evolve in alcuni mesi; mercé un'appropriata terapia può regredire solo quando sullo scheletro non si siano ancora manifestate deformazioni e fratture. Dove i dati epidemiologici e sperimentali fanno pensare a una forma infettiva, si ricorre alle misure igieniche e profilattiche generali. Comunque, nella cura primeggia sempre il criterio dell'alimentazione razionale, perciò, quando non è possibile sostituire completamente la razione, bisogna modificarla sì da portare nel giusto equilibrio i suoi componenti minerali e organici. In ogni caso si ricorrerà ai preparati di calcio e d'acido fosforico o agli uni o agli altri, secondo le circostanze causali. Adatti trattamenti dei terreni prevengono la malattia dove è dominante.