osteoporosi
Disordine del tessuto scheletrico risultante dall’alterazione della microarchitettura legata a una perdita di massa ossea che eccede il fisiologico processo di riassorbimento legato all’età. Inficiando la resistenza dell’osso stesso, il processo ne aumenta la fragilità e lo predispone alle fratture.
Le fratture sono da fragilità o patologiche perché occorrono spontaneamente o senza che vi sia stato un traumatismo valido (è il caso di caduta dalla stazione eretta). Le fratture possono essere gli unici sintomi dell’o. ma risultano in grado di influenzare, in modo determinante, non solo la qualità della vita del soggetto, ma anche la prognosi. Le regioni scheletriche statisticamente più colpite sono: il collo del femore, la colonna vertebrale nel tratto dorso-lombare, il polso e l’omero. Le fratture del femore e quelle vertebrali influenzano negativamente la prognosi essendo associate a un aumento della mortalità. Il fatto che tali sedi siano le più frequentemente colpite invece, è legato alla presenza di un più alto rapporto tra la componente trabecolare (più coinvolta dal processo di riassorbimento osseo e di deterioramento della microarchitettura) e la componente corticale.
L’o. si distingue in primaria e secondaria. L’o. primaria è a sua volta distinta in o. di tipo I, II , e o. idiopatica. Quest’ultima è esclusiva dell’età giovanile o dei bambini ed è molto rara. L’o. di tipo I colpisce gli individui tra i 51 e 75 anni (sei volte più comune nelle donne) ed è correlata alla perdita della funzione gonadica a livello degli ormoni sessuali. L’o. di tipo II colpisce le persone con più di 60 anni e risulta espressione dei normali processi di invecchiamento, con riduzione della produzione di osso da parte degli osteoblasti. A questo processo sembra essere legata anche la riduzione della sintesi della vitamina D o una sua perdita di efficacia. L’o. di tipo II rappresenta circa il 5% dei casi totali. Varie sono le condizioni che possono generarla: patologie (ipersurrenalismo, iperpartiroidismo, ipertiroidismo, ipogonadismo, diabete, ecc.), farmaci (corticosteroidi, ecc.), e altro (tabagismo, alcolismo, immobilizzazione, prolungata assenza di gravità, come nel caso particolare dei voli spaziali).
La classificazione della gravità dell’o. e di conseguenza la scelta del trattamento viene effettuata in base alla relazione tra BMD (Bone Mass Density) del soggetto in esame con quella della popolazione generale, (T-Score), e con quello della popolazione di pari età e peso (Z-Score), come indicato dall’OMS, nonostante l’evidenza che non sia tanto la quantità ma la qualità di massa ossea a essere predittiva del rischio di frattura. Il trattamento prevede quindi la terapia medica (con diverse classi di farmaci: bifosfonati, modulatori selettivi degli estrogeni, ranelato di stronzio e paratormone), allo scopo di scongiurare il rischio di fratture e il trattamento chirurgico delle fratture occorse.