OSTRICA (lat. scient. Ostrea)
Genere di Molluschi Lamellibranchi (v.) dell'ordine degli Eulamellibranchia, sottordine Ostreacea, famiglia Ostreidae. Il genere è definito dai seguenti caratteri: conchiglia poco regolare, lamellosa; valva inferiore (sinistra) più grossa e concava, aderente a corpi sommersi; valva superiore più pianeggiante. La chiusura della conchiglia avviene a mezzo di un solo muscolo adduttore (fig. 1); mancano il piede ed il bisso. Il mantello è fornito di papille; le branchie, in numero di quattro, sono lamellari e finemente pieghettate.
La specie tipo, l'Ostrea edulis L., è comune nell'Atlantico e nei mari del nord. Secondo il parere di parecchi zoologi essa mancherebbe nel Mediterraneo, ove sarebbe rappresentata da specie molto affini, che alcuni considerano come sue varietà, e cioè l'Ostrea tarentina Issel (figura 2, in basso a sin., e fig. 4), allevata a Taranto; l'O. adriatica Lm., che si presenta sovente più incurvata verso uno dei lati e ha lamelle foggiate a pieghe assai sensibili sulla valva inferiore (fig. 2, in basso a destra); l'O. tyrrhena Issel, che si presenta schiacciata e ha lamelle più fragili. Altra specie ben distinta è l'O. plicata Chemn., nota anche col nome di ostrichella, e a Napoli di ostrica del castello (figura 2, in alto a destra).
L'ostrica è ermafrodita insufficiente. Le uova fecondate rimangono fra le pieghe del mantello e delle branchie, e dànno origine a larve (embrioni) che formano, nel loro insieme, una massa granulare: il cosiddetto "latte". Questo ultimo, di colore biancastro quando le larve sono giovani, diviene in seguito cenerognolo, e infine nero. Le larve in tale stadio sono espulse ed iniziano un periodo di vita libera, pelagica. Sono fornite (fig. 5) di una sottile conchiglia e di un organo (velum) munito di ciglia vibratili, che, col loro movimento, permettono alle larve di nuotare velocemente. Dopo un periodo di tempo variabile, a seconda delle specie e delle condizioni di ambiente, le larve, se trovano corpi sommersi, si fissano e si metamorfosano in piccole ostriche. Enorme è il numero delle larve emesse da un'ostrica adulta (oltre il milione), ma del pari numerosissime sono le cause che concorrono a distruggerle. La durata del periodo riproduttivo è in rapporto con la temperatura dei varî mari: in quelli freddi della Norvegia è di circa un paio di mesi, ma nei mari caldi può, sebbene con intensità differente, durare quasi tutto l'anno.
Le larve, sviluppatesi su fondali adatti, creano talvolta dei veri banchi, facilmente sfruttabili. L'industria della molluschicoltura, avendo bisogno di grandissime quantità di giovani ostriche, ha escogitato varî sistemi per la raccolta delle larve adattandoli alle varie condizioni.
Ostricoltura. - A Taranto, il maggior centro ostricolo italiano, dove sembra che l'ostricoltura sia stata iniziata circa due secoli e mezzo fa, la raccolta ha luogo principalmente durante la primavera e l'estate, a mezzo di speciali collettori (fig. 3) formati con fascine di lentisco, private delle foglie e chiamate "macchie". Queste ultime, legate a intervalli di circa tre metri a corde lunghe talora varie centinaia di metri, vengono immesse sui fondali adatti del Mar Grande, a profondità comprese fra i 20 e 30 metri.
Di solito dopo un paio di mesi, o poco più, le macchie vengono salpate e trasportate nel Mar Piccolo, ove si trovano le speciali coltivazioni chiamate in dialetto "sciaie". Queste (fig. 6) sono formate da un numero variabile, normalmente da quattro a sei, di file di pali lunghe alcune centinaia di metri. I pali infissi sul fondo e sporgenti alquanto dalla superficie sono collegati, poco al disotto del livello del mare, sia nel senso longitudinale che in quello trasverso, da robuste corde vegetali, "libàni" o "zoche". Nelle sciaie gli spazî quadrati, o leggermente trapezoidali, che vengono delimitati da quattro pali, sono detti "camere"; "ventie" sono chiamate le corde che limitano i quattro lati della camera e "crociere" quelle che collegano, secondo le diagonali, i pali opposti di una camera. Quando le giovani ostriche hanno raggiunta una certa grandezza (fig. 7) le fascine vengono scomposte e i rami sono tagliati in pezzi - detti "zipoli" - i quali sono di lunghezza varia a seconda della maggiore o minore quantità di ostriche presenti su di un tratto (fig. 8). In seguito si formano i "pergolari" introducendo gli zipoli fra i trefoli di un adatto libano, successivamente e alla distanza di pochi centimetri fra loro (fig. 11). Si lascia poi un tratto di corda senza zipoli e con esso si sospende il pergolaro alle ventie o alle crociera. Il pergolaro messo a posto deve rimanere distante dal fondo almeno un metro.
In tali condizioni le ostriche, che si nutrono di alghe microscopiche, trovano condizioni favorevoli al loro sviluppo. Dopo alcuni mesi occorre disfare i pergolari, ripulire le ostriche dagli animali e dalle alghe che vi aderiscono e riformare nuovi pergolari con lo stesso metodo al quale si è accennato. Le ostriche che si staccano dagli zipoli vengono allevate ponendole sul fondo del mare o a mezzo di altri sistemi. Dopo diciotto mesi le ostriche dei pergolari sono smerciabili; sono però preferite quelle di due o più anni, aventi dimensioni maggiori.
Celebri sono pure le ostriche del lago Fusaro (provincia di Napoli) nel quale l'ostricoltura venne introdotta nel 1764, per ordine del re Ferdinando IV di Borbone. Le piccole ostriche vi venivano raccolte per mezzo di fascine, ma l'allevamento era praticato principalmente depositando le ostriche, staccate dai rami, su speciali cumuli subacquei di grosse pietre, detti "rocchie", allo scopo di evitare che venissero danneggiate dal fango. Attualmente al Fusaro, che, al pari delle zone demaniali del Mar Piccolo di Taranto, fa parte della R. Azienda demaniale del Mar Piccolo, l'allevamento viene praticato col metodo tarantino.
In Francia, sulle coste atlantiche, si sfruttano i banchi naturali, usando speciali draghe; ma l'allevamento è praticato su larga scala raccogliendo le larve per mezzo di collettori di natura varia e talvolta a struttura complicata. La raccolta viene effettuata specialmente in alcune località (Arcachon, Auray) e l'allevamento e l'ingrassamento anche in altre.
Molto usate per la formazione dei collettori sono le tegole, che vengono rivestite, prima dell'uso, d'uno strato di calce e sabbia. Ad Arcachon le tegole vengono poste, su varî piani, in speciali gabbie di legno (collecteurs à ruches) nelle quali l'acqua di mare circola liberamente. Alcuni mesi dopo l'avvenuta fissazione delle larve, si procede al loro distacco dalle tegole (détroquage), operazione che è molto facilitata dallo strato di calce e sabbia al quale si è accennato. Le giovani ostriche isolate, e spesso lese, vengono poi messe per qualche tempo in speciali casse, lunghe, basse e strette, con pareti di rete metallica (caisses ostréophiles); indi sono deposte nei parchi d'allevamento (fig. 9) costruiti su tipi alquanto differenti, e nei quali l'acqua viene ricambiata dal giuoco delle maree. Prima della spedizione le ostriche vengono fatte soggiornare talora in appositi bacini (fig. 10).
A Marennes i bacini d'ingrassamento (claires) sono poco profondi, scavati nell'argilla e situati in modo che il ricambio dell'acqua avvenga solo durante le grandi maree. In tali bacini si sviluppa in grande quantità un'alga microscopica - la Navicula ostrearia - che presenta una speciale colorazione verde bluastra. L'alga viene ingerita in grandi quantità dalle ostriche e comunica loro un caratteristico colore verdastro, specie alle branchie e al mantello, e un sapore speciale che le fa molto apprezzare.
L'ostricoltura è anche sviluppata nel Belgio, nell'Olanda, in Inghilterra, ecc.
Le ostriche hanno molti nemici: i murici, le stelle di mare, alcuni crostacei, molti pesci (teleostei e selaci), alcuni uccelli, e sono soggette a varie malattie, alcune dovute ad alterate condizioni di ambiente (p. es. a notevole diminuzione o ad eecessivo aumento della salsedine, ad acque impure, ecc.), altre a parassiti vegetali o animali (schizomiceti, spugne, anellidi, ecc.).
Le ostriche sono accusate, non sempre a ragione, di trasmettere alcune malattie e specialmente la febbre tifoidea. Si sono quindi escogitati varî metodi per porre sui mercati ostriche d'indubbia purezza. I metodi sono fondati sul fatto che ostriche eventualmente infette, se vengono tenute per parecchi giorni in acque di mare pure e mosse, ritornano perfettamente sane. La purificazione può quindi avere luogo ponendo le ostriche in appositi bacini - detti bacini di stabulazione - nei quali sia fatta circolare, e venga spesso rinnovata, acqua priva di microrganismi patogeni. Tale acqua si può ottenere con varî metodi: filtrandola attraverso filtri a sabbia non sommersa, trattandola con ozono, con cloro ottenuto dagl'ipocloriti, ecc.
Le ostriche sono apprezzate dovunque come ottimo cibo, e sono più gustate durante i mesi freddi dell'anno; durante quelli caldi hanno sovente il "latte" e sono allora magre e non buone. Le analisi chimiche indicano per le ostriche eduli un contenuto medio, in acqua, dell'85%, e del 15% di sostanze solide, composte da sostanze organiche azotate o no e da circa il 2% di sali inorganici, fra i quali importanti i fosfati. Recenti indagini hanno messo in evidenza nelle ostriche la presenza delle vitamine A, B e C.
Si distinguono dalle vere ostriche le Grifee (Gryphaea) che appartegono pure alla famiglia delle Ostreidae, ma che hanno la valva inferiore (sinistra) più lunga e differente da quella superiore che è operculiforme. L'apice della conchiglia è ben marcato. Gli esemplari adulti sono talora liberi.
Specie eduli sono la Gryphaea angulata Lam. nota col nome di "ostrica portoghese", molto robusta e prolifica, che viene allevata su larga scala in Francia (fig. 2) e la Gryphaea virginica Lam. o ostrica americana (fig. 12) coltivata in enormi quantità nell'America Settentrionale.
Le ostriche perlifere (Meleagrine) comuni nei mari caldi e coltivate al Giappone su larga scala, specie per la produzione delle cosiddette perle giapponesi, secondo il metodo Mikimoto, non appartengono alla famiglia delle ostriche (vedi perle).
Bibl.: G. Borne e F. Diénert, Le contrôle sanitaire de l'ostréiculture, Parigi 1921; C. Boubés, L'ostréiculture à Arcachon, Parigi 1909; D. Carazzi, Ostricultura e mitilicoltura, Milano 1893; A. Cerruti, Molluschicultura, Roma; J.-J. Coste, Voyage d'exploration sur le littoral de la France et de l'Italie, 2ª ed., Parigi 1861; L. Dantan, La biologie des huîtres et l'industrie ostréicole, Monaco 1918; R. P. Dolfus, Résumé de nos principales connaissances pratiques sur les maladies et les ennemis de l'huître, Parigi 1922; T. C. Eyton, A history of the oyster and the oyster fisheries, Londra 1858; B. Helland-Hansen, Die Austernbassins in Norwegen, Lipsia 1908; P. Hoek, Rapport sur les recherches concernant l'huître et l'ostréiculture, Leida 1884; A. Issel, Istruzioni pratiche per l'ostricultura e la mitilicultura, Genova 1882; L. Moebius, Die Auster und die Austerwirtschaft, Berlino 1877; A. Monterosato, Ostreae ed Anomiae del Mediterraneo, Genova 1915.