PERUZZI, Osvaldo
PERUZZI, Osvaldo. – Nacque a Milano il 25 maggio 1907 da Guido e da Melania Rinaldi, entrambi originari di Colle di Val d’Elsa. Nel 1908 i genitori si trasferirono a Livorno, dove Peruzzi si diplomò all’Istituto tecnico industriale (1924). Tornò a Milano per frequentare il Politecnico e lì strinse amicizia con lo scrittore e giornalista Armando Silvestri.
Iniziò a dedicarsi da autodidatta alla pittura, accogliendo sin dal 1928 le novità del lessico futurista. Nel 1929 conobbe Filippo Tommaso Marinetti, Enrico Prampolini, Bruno Munari e, alla fine del 1931, espose al bar Taveggia tredici pastelli ispirati al cinema americano e al jazz. Laureatosi in ingegneria (1932), fece ritorno a Livorno per dirigere la vetreria di famiglia. Aderì ai Gruppi futuristi di iniziative fondati nel 1932 da Antonio Marasco, partecipando alla Mostra d’arte futurista di palazzo Ferroni a Firenze (Bombardamento aereo) e organizzando a Livorno la IV Mostra sindacale alla Bottega d’arte, dove espose tre pastelli (Diga sull’Appennino, Sotto la finestra di lei, 1931, distrutti, ripr. in Osvaldo Peruzzi, 1998, pp. 10, 14; Ritmi di saxofoni e di riflettori, 1932, Livorno, coll. Fernandez-Pacella) caratterizzati da campiture piatte debitrici delle coeve esperienze con il collage (copertina per L’Ala d’Italia, 1932-33, ripr. in Pinottini, 1981, tav. 1). Nel 1933 inviò Donnapaesaggio (1933, Eredi Peruzzi), garbata sintesi figura-ambiente, alla Primavera fiorentina e due opere alla Mostra-conferenza «Omaggio futurista a Umberto Boccioni» alla galleria Pesaro di Milano. Tra queste era Cantiere navale di Livorno (1933; Rovereto, Mart, deposito a lungo termine), poi ripresentata alla I Mostra nazionale d’arte futurista in piazza Adriana a Roma accanto a Trasvolata atlantica (o Squadriglia sui grattacieli, 1933, Eredi Peruzzi) che, impostata su un essenziale contrasto di linee ortogonali e forme curve, rappresentò l’artista alla Mostra futurista italiana di aeropittura «Luft und Flugmalerei» alla Kunstverein di Amburgo del 1934 (con conferenza di apertura di Ruggero Vasari). Sempre nel 1933 Peruzzi si distinse alla V Sindacale livornese (si ricorda L’Italia fascista (Bonifica integrale), Milano, Museo del Novecento), tanto che alla Mostra nazionale d’arte futurista, allestita alla Bottega d’arte di Livorno alla fine dell’anno, fu l’unico toscano ad avere una personale accanto a Fillia (Luigi Colombo), Pippo Oriani e Mino Rosso.
Tra le opere esposte era Ring (coll priv., ripr. in Osvaldo Peruzzi, 1998, p. 16) che, insieme a Greta Garbo (1933, disperso) e Aerovisione del Golfo (1933, Milano, coll. priv.) − realizzato per la prima edizione del premio Golfo della Spezia (1933) − figurò nella collettiva «Les aéropeintres futuristes italiens» inaugurata da Marinetti nel 1934 all’hotel Negresco di Nizza (le opere, rimaste in un magazzino di Lione per 50 anni, furono ritrovate nel 1984, cfr. Osvaldo Peruzzi, 1987, p. 11).
Tra il 1933 e il 1935 collaborò alle riviste La città nuova (III (1934), 1, 2, 9) fondata da Fillia, e Stile futurista (II (1935), 8-9), fondata da Fillia e Prampolini; nel 1934 prese parte alla I Mostra nazionale di plastica murale per l’edilizia fascista in palazzo ducale a Genova con due bozzetti, Fascismo alato e Aeroplastica. L’iconografia aeropittorica, predominante per tutto il decennio, fu sviluppata da Peruzzi in chiave sia lirico-evocativa sia drammatica, come testimoniano l’incantato Aeroarmonie (1934, Eredi Peruzzi), inviato alla XIX Biennale di Venezia del 1934; Splendore geometrico aereo e terrestre (1934, Eredi Peruzzi), presentato alla II Quadriennale d’arte nazionale (Roma 1935) e non estraneo alla ricerca cosmica prampoliniana; Volo sui grattacieli (1934, Milano, coll. Tivioli), ispirato alla trasvolata di Italo Balbo e inviato a Parigi per l’Esposizione universale del 1937; Aeropittura n. 5 (1934, Roma, Galleria d’arte moderna di Roma Capitale), esposto alla XXI Biennale veneziana del 1938 e alla III Quadriennale del 1939, dove fu acquistato dal Governatorato. Nella stessa rassegna era Battaglia aeronavale (o Simultaneità di battaglia aerea, 1939, Livorno, coll. Frati): trasposizione figurale dell’Aeropoema del Golfo della Spezia di Marinetti, che dava la misura della ricchezza inventiva, del rigore costruttivo, dell’armonia coloristica raggiunti da Peruzzi. Una seconda versione (1941, Milano, coll. priv.), di maggiori dimensioni, comparve alla IV Quadriennale del 1943, esplicitando una personale accentuazione metafisica. Svolta per altro annunciata dalle opere già esposte nel 1940 alla XXII Biennale di Venezia, tra le quali era Siluramento, drammatico nel suo puntuale, ma immaginoso riferimento bellico.
In quegli anni Peruzzi sperimentò diversi registri narrativi: quello introspettivo dell’Autoritratto del 1934 (Eredi Peruzzi, ripr. in Osvaldo Peruzzi, 1998, p. 71 fig. 11) costruito sul centripeto raccogliersi dei piani prospettici intorno alla figura, presentato alla VI Sindacale livornese, dove l’artista espose anche nella sezione Cartellonisti e grafica (Estate livornese, Riduzione per cartellone, Circuito aereo d’Europa); quello celebrativo di Il Duce parla (1936, Latina, coll. priv.; bozzetto, Eredi Peruzzi) comparso alla XX Biennale di Venezia del 1936 e quello religioso di Nostra signora di Montenero (1938, Livorno, Museo civico Giovanni Fattori).
Nel 1938 sposò Irma Ricci, con la quale ebbe due figlie, Stella (1939) e Cristina (1947). Chiamato alle armi (1940) e trasferito al Comando addestramento di Volterra, pubblicò il manifesto Plastica dell’essenza individuale (1941), in cui enucleava i nodi della propria poetica in colore, simultaneità, compenetrazione, splendore geometrico. Nello stesso anno uscì la monografia sulla sua opera a firma di Marinetti. Promosso tenente, fu dislocato presso il 3° reggimento Artiglieria di Firenze (1941) quindi a Lecce e di lì a Bengasi, sul fronte libico. Nel 1942 sue opere figurarono comunque alla III Mostra del Sindacato nazionale fascista di belle arti di Milano (si ricorda Spirito marinaro di Costanzo Ciano, 1939, dispersa, ripr. in Osvlado Peruzzi, 1998, p. 22) e alla XXIII Biennale di Venezia (Aeropittura di un sogno a Firenze, ubicazione ignota). Nel 1943, mentre il suo studio a Livorno veniva bombardato, fu fatto prigioniero ad Hammamet, in Tunisia, e deportato negli Stati Uniti nel campo di prigionia di Weingarten (Missouri), dove riprese a dipingere e allestì due personali (1943-44). Una terza esposizione ebbe luogo nel 1945 al Rotary Club di Bonne Terre (Missouri).
Le opere del periodo di prigionia narrano l’attracco al porto di New York (Crepuscolo d’estate a Manhattan, 1943, Eredi Peruzzi), i luoghi della clausura quotidiana e la malinconia dell’artista con risvolti a volte di chiara presenza simbolica, come nell’autoritratto di fronte al filo spinato intitolato Incubo (1944, Eredi Peruzzi), presentato alla Mostra di pittura artisti prigionieri di guerra (cfr. Osvaldo Peruzzi, 1998, p. 129) presso la Croce Rossa internazionale di Ginevra nel 1945, o Il tempo (1945, Livorno, coll. priv.) di surreale desolazione.
Dopo il ritorno a Livorno, dovette riorganizzare lo studio e la vetreria, che guidò fino al 1971. La Collettiva dei pittori livornesi organizzata a Pisa dall’Art Club (1950) fu la prima occasione di confronto con l’ambiente artistico del dopoguerra, seguita dai premi nazionali Francesco Paolo Michetti di Francavilla al Mare e Amedeo Modigliani a Livorno. Nella città toscana prese a collaborare con la galleria Giraldi, dove tenne nel 1952 una personale dei dipinti futuristi scampati alla distruzione del suo studio (si ricordano: Ritratto drammatico, 1934, Eredi Peruzzi, Conquista dello spazio, 1934, Latina, coll. privata). Le opere esposte nel 1955 alla VII Quadriennale di Roma (Strada di città) e da Giraldi nel 1955 e nel 1956 erano invece tutte recenti e, accanto ai ricordi di guerra riscoprivano con sintesi lineare i paesaggi della costa tirrenica (Capri, Marina Grande, 1954, Fondazione Cassa di risparmio, Livorno) e il nudo femminile (Finestra, 1957, ripr. in Favati, 1958, p. 35), rivelando la ripresa di istanze cubo-futuriste, quasi l’artista ne volesse saggiare l’attualità espressiva in vista di una più complessa strutturazione dell’immagine. Tale ricerca trovò soluzione nei cicli Pineta (1956, ripr. in Osvaldo Peruzzi, 1987, fig. 17) e Atelier (1957, distrutto) e compiuta espressione nelle caleidoscopiche scansioni di Vetreria (1959, Livorno, coll. Danieli), inviata nel 1959 all’VIII Quadriennale romana. Fu il primo avvicinamento alle esperienze aniconiche da parte di Peruzzi che nel 1957 organizzò per il Centro artistico livornese la collettiva Aspetti dell’astrattismo italiano dedicata a Prampolini e Atanasio Soldati. Improntate a una spettacolarizzazione cromatica erano opere come Cantieri navali (1958-59, ripr. in Osvaldo Peruzzi, 1998, pp. 90-93), che chiudevano nel 1959 un’antologica di trentaquattro dipinti (si ricorda: Ricordo della Gorgona, 1958, Livorno, Museo civico Giovanni Fattori,) itinerante negli Istituti italiani di cultura di Grenoble e Colonia e alla galerie Ernst Horn di Lussemburgo grazie al sostegno del collezionista americano William Robertson il quale, più tardi, donò la propria collezione alla Università di Bridgeport (Connecticut; tra le opere: Rimorchiatori, 1962). Dopo la mostra 40 futuristi alla galleria Toninelli di Milano (1962), Gabriel Mandel inserì Peruzzi nel panorama della storia del movimento all’interno del volume da lui curato intitolato La peinture italienne du futurisme à nos jours edito a Milano nel 1967.
Nel 1967 Peruzzi aderì al manifesto Futurismo-oggi di Enzo Benedetto e all’omonima rivista, partecipando alle mostre da questi organizzate. Data agli stessi anni la donazione del dipinto Madonna del mare per la chiesa di S. Giovanni Gualberto (Livorno), in sintonia con l’attività del Cenacolo della Valle Benedetta, di cui Peruzzi faceva parte dagli anni Sessanta.
La riconnessione al linguaggio futurista fu fondamentale per la ricerca di Peruzzi negli anni Settanta-Ottanta, basata sulla compenetrazione di piani trasparenti analogicamente allusivi al tema prescelto, secondo una vocazione narrativa cui non rinunciò mai, neppure nei suoi periodici avvicinamenti all’astrazione geometrica, tanto che Mario Radice lo definì «anello di congiunzione fra astrattismo e futurismo» (La provincia di Como, LXXXVII (1976), 87, p. 4). Enunciazione assai pertinente pensando a opere come Marinetti spaziale (1976, Eredi Peruzzi) o, un decenio più tardi, a Dinamismi simultanei (1987, Eredi Peruzzi).
Nel 1975 Peruzzi pubblicò la monografia dedicata al pittore macchiaiolo Ulisse Pichi ma, soprattutto, divenne punto di riferimento testimoniale sulle vicende del futurismo pubblicando articoli (Futurismo-oggi, VIII (1976), 5-7; ibid., XI (1979), 8-9; ibid., XIII (1981), 1-2; La ballata, VII (1983), 4; Darsena toscana, 6 settembre 1986; Rotary Club Livorno, 1986, n. 46) e curando mostre personali (gallerie Il Narciso, Torino; Il Gianicolo, Perugia) e collettive («Aeropittura futurista», galleria Fonte d’Abisso, Modena, 1985; «La macchina mito futurista», galleria Editalia, Roma 1986; «Futurmostra», Firenze, Palazzo Vecchio, 1987; «Futurism in flight», Accademia italiana d’arte e arti applicate, Londra 1990).
Come già aveva dimostrato con L’uomo sulla luna del 1969 (Fondazione Cassa di risparmio, Livorno), negli anni Ottanta Peruzzi si rivelò un formidabile navigatore della modernità. Al recupero memoriale delle icone del jazz e dei divi del cinema a lui più cari (La carne e il diavolo,1980, Latina, coll. Marzulli; Omaggio a Duke Ellington, 1986, Eredi Peruzzi), si unirono le star della nuova industria discografica come Madonna in concerto (1987, Eredi Peruzzi), esposto presso la galleria di Lydia Palumbo Scalzi a Latina nel 1989. Alla X Mostra arte e sport, inaugurata a Firenze nel 1982, presentò le prime prove di un tema da lui ampiamente sviluppato e reinterpretato in tutte le sue specialità, lo sport, come mostra Dinamismo di calciatore (1987) inviato nel 1990 a Roma alla collettiva «Football: i domini del calcio». Un posto particolare ebbe l’automobilismo, in cui si può leggere un passaggio di focus dalla raffigurazione della macchina a quella dell’eroe (Formula uno, 1980, ripr. in Pinottini, 1981, n. 32; Nuvolari, 1990, Fondazione Cassa di risparmio, Livorno).
Dopo la litografia (sue litografie sono a Livorno, Museo civico Giovanni Fattori e Genova, Collezione Wolfson), Peruzzi riscoprì il collage, inserendo nelle opere ritagli di giornali, come testimoniano Tempesta nel deserto del 1991 (Genova, Collezione Wolfson) ispirata alla guerra del Golfo o I got a woman crazy for me (1995, Livorno, coll. priv.), esposta nel 1997 a Castiglioncello alla XLVII Mostra del gruppo labronico, associazione cui Peruzzi aveva aderito nel 1987. Nello stesso anno, mentre dava alle stampe l’autobiografia La mia avventura futurista, donò alla Fondazione Primo Conti di Fiesole il proprio archivio, composto di libri, manoscritti, lettere, registrazioni e fotografie. La sua figura ricevette definitiva consacrazione dalle mostre «Futurismo. I grandi temi 1909-1944» (Genova-Milano, 1997-98) e «Futurismo 1909-1944» (Roma, 2001).
Morì a Livorno il 30 dicembre 2004.
Fonti e Bibl.: Fiesole, Fondazione Primo Conti, Fondo Osvaldo Peruzzi; G. Favati, O. P., Livorno 1958; F. Miglietta, Futurismo: linea sino a P., Cosenza 1975 (introduzione di B. Munari, note di G. Selvaggi, N. Frasca).
M. Pinottini, P. futurista. Oli e collages 1932-1981, Milano 1981; F. Donzelli, Pittori livornesi. Secondo Novecento, Bologna 1987, pp. 106, 174-178; O. P. (catal.), a cura di G. Di Genova, Ferrara 1987; O. P.: il Palio del mare (catal.), a cura di G. Guastalla - G. Guastalla, Livorno 1989 (testi e note bio-bibliografiche di F. Venturi); O. P.: opere 1982-1990 (catal., gall. Spazioarte), a cura di M. Duranti, Perugia 1990; S. Ghiberti, Dallo spazio a Madonna, in Arte, XXIII (1993), 237, pp. 72-75; G.L. Gualandi, O. P.: sessant’anni di splendore futurista, in Terzoocchio, XIX (1993), 67, pp. 30-32; P. futurista (catal., gall. Lydia Palumbo Scalzi), Latina 1993 (presentazione di G. Agnese); O. P.: attraverso e dopo il futurismo (catal.), a cura di E. Crispolti, Livorno 1998; O. P. l’ultimo futurista (catal., Latina), a cura di M. Duranti, Milano 2005; G. Bacci Di Capaci, O. P., l’ultimo futurista, in Nuovi studi livornesi, 2007, vol. 14, pp. 327-329; Nuovi archivi del futurismo. Cataloghi di esposizioni, a cura di E. Crispolti, Roma 2011, ad vocem; O. P.: opera completa, a cura di D. Matteoni, Milano 2014.