Valenti, Osvaldo
Attore cinematografico, nato a Istanbul il 17 febbraio 1906 e morto a Milano il 30 aprile 1945. Interprete efficace di personaggi ambigui e tenebrosi, divo tra i più noti della neonata Cinecittà, intrecciò costantemente la sua storia professionale e personale con quella di Luisa Ferida, l'attrice con cui formò una coppia popolarissima anche sul set e che morì con lui in una strada di Milano, entrambi fucilati dai partigiani che li ritenevano colpevoli di avere collaborato con un torturatore fascista.
Prima dell'incontro con la Ferida V., figlio di un nobile siciliano mercante di tappeti in Turchia rimpatriato agli inizi del secolo, compì i suoi studi in Italia e condusse una intensa vita di viaggi in tutta Europa. A Parigi cominciò a fare del teatro, ma fu il produttore Erich Pommer a scoprirlo e a inserirlo nel cinema tedesco, uno dei più importanti dell'epoca. Fu Ungarische Rapsodie (1929; Rapsodia ungherese) di Hanns Schwarz il film più noto che interpretò in Germania. Tornò quindi in Italia, dove Mario Bonnard, ex attore diventato regista, gli affidò un ruolo di rilievo in Cinque a zero (1932), un film sul calcio. Ma V. piacque in particolare ad Alessandro Blasetti, che lo volle per diverse sue opere: Contessa di Parma (1937), Ettore Fieramosca (1938), Un'avventura di Salvator Rosa (1939), La corona di ferro (1941), La cena delle beffe (1942). L'attore era a suo agio nei ruoli di personaggi subdoli, maliziosi, se non addirittura maligni: in Ettore Fieramosca, per es., indossa i panni di Guy de La Motte, arrogante e raffinato rivale del protagonista. Fu Blasetti a fare incontrare V. con la Ferida in Un'avventura di Salvator Rosa, dando così avvio a un sodalizio artistico subito ripetuto in La corona di ferro, La cena delle beffe e in numerosi altri film. Dopo Blasetti infatti, anche Luigi Chiarini volle la coppia per La bella addormentata (1942) e La locandiera (1944). Il successo dei due attori era ormai diventato larghissimo: V. si confermò interprete di qualità, anche se troppo schiacciato dal cliché di eroe negativo, in Harlem (1943) di Carmine Gallone, e recitò in maniera assai convincente in Enrico IV (1943) di Giorgio Pàstina, il personaggio pirandelliano che si finge pazzo per conoscere meglio le persone che lo circondano. Ma la sua carriera ebbe una svolta a causa degli sviluppi della Seconda guerra mondiale e la fine irreversibile del fascismo: con la proclamazione della Repubblica sociale italiana e la fondazione del Cinevillaggio a Venezia, V. (che si era intanto arruolato nella X Mas) e la Ferida parteciparono al tentativo di rilanciare il cinema del nuovo regime interpretando Un fatto di cronaca (1945) diretto da Piero Ballerini. Successivamente si trasferirono a Milano, dove furono catturati e uccisi dai partigiani subito dopo la Liberazione.
R. Bracalini, Celebri e dannati. Osvaldo Valenti e Luisa Ferida. Storia e tragedia di due divi del regime, Milano 1985; O. Reggiani, Luisa Ferida, Osvaldo Valenti: ascesa e caduta di due stelle del cinema, Milano 2001.