OTTAVIA (Octavia)
Figlia dell'imperatore Claudio e di Messalina. Nata circa il 42 d. C., fu fidanzata ancora bambina con il senatore L. Giunio Silano Torquato, figlio di Emilia Lepida, una pronipote di Augusto. Morta Messalina, Agrippina, che Claudio aveva sposato nel 49, cercò di spezzare questo vincolo sia per impedire che eventuali diritti al trono passassero a Silano, sia per dare in isposa invece O. al figlio Nerone, assicurando così a questo un forte titolo per la successione a Claudio. Infatti ella riuscì ad accusare Silano di incesto e a farlo radiare dal Senato, sicché Silano disonorato dovette uccidersi. Nel 53, O. era data in matrimonio a Nerone. Per poterlo sposare, essendo egli suo fratellastro, O. dovette essere adottata da un'altra famiglia. Nel 54 Nerone succedeva a Claudio. Ma tra O., troppo giovane, e suo marito non vi era alcuna affinità: ella, estremamente seria e riservata, cresciuta nella tristezza dopo la tragica scomparsa della madre; egli esuberante, violento, immorale. Senza figli, O. dovette sopportare i molteplici tradimenti del marito, guadagnandosi per la sua rassegnazione le simpatie di tutti i Romani e in specie della suocera Agrippina. Per molti anni Nerone non osò divorziare, ma infine nel 62 fu persuaso da Poppea a questo passo. Egli cercò dapprima di accusare O. di adulterio, ma, non riuscendo, si accontentò di far proclamare il divorzio per la sterilità di O. e pochi giorni dopo sposò Poppea. La voce stranamente sparsasi poco dopo che Nerone avesse richiamato O. provocò delle affettuose dimostrazioni popolari verso di lei, che intimorirono l'imperatore. Egli aprì un nuovo processo verso la ex-moglie, accusandola di adulterio con Aniceto, il liberto capo della flotta di Miseno, che aveva organizzato l'assassinio di Agrippina. Per quanto le fonti vogliano far credere che Aniceto si offrì gentilmente a Nerone per farsi accusare, è ovvio che Nerone cercò con l'occasione di togliere da una delle cariche più importanti il testimone assai scomodo di una delle maggiori sue nefandità.
Così Aniceto fu esiliato in Sardegna, O. invece nell'isola Pandataria, tristamente famosa nella famiglia Giulia, e là venne barbaramente uccisa (62 d. C.).
Un ignoto poeta, poco dopo la morte di Nerone, compose una tragedia dal titolo Octavia sulla disgraziata, purissima donna: questa tragedia è stata erroneamente attribuita a Seneca.
Bibl.: V. le opere generali su Nerone citate alla voce nerone. Cfr. U. Silvagni, Le donne dei Cesari, 3ª ed., Torino 1927, p. 290 segg.