MOSSOTTI, Ottaviano Fabrizio
– Figlio di Giovanni, ingegnere, e di Rosa Gola, nacque a Novara il 18 aprile 1791.
Conseguì la laurea nella facoltà di fisica-matematica dell’Università di Pavia il 6 giugno 1811, a pieni voti e con lode, assumendo il titolo di ingegnere-architetto. Tra il 1811 e il 1813 restò in qualità di uditore all’Università di Pavia, seguendo i corsi di specializzazione di Vincenzo Brunacci (membro, tra le altre cose, della commissione che preparò il progetto del naviglio Pavese a Milano). Al termine dei corsi pubblicò il suo primo articolo: Nota sopra un problema nella teorica dell’ariete idraulico (in Trattato dell’ariete idraulico, a cura di V. Brunacci, 2a ed., Milano 1810, pp. 70-73), su un tipo di una pompa idraulica che sfruttava la forza cinetica del flusso di liquido entrante, inventato nel 1772 e brevettato nel 1797, oggetto a quei tempi di un grande interesse dato che non aveva bisogno di alcun intervento di forze esterne.
Nel 1813 fu assunto all’Osservatorio astronomico di Brera a Milano, in qualità di ‘terzo allievo’, e partecipò alla redazione delle effemeridi annuali. Sperava in una cattedra all’Università di Pavia, ma nonostante il parere favorevole della facoltà, la Commissione reale negò il permesso per via delle sue origini straniere (proveniva dal Regno di Sardegna); malgrado le proteste, in particolare di Brunacci, i suoi colleghi di Pavia non riuscirono a rendere la sua nomina effettiva. Nel 1816 pubblicò un metodo innovativo per determinare le orbite dei corpi celesti (Nuova analisi del problema di determinare le orbite dei corpi celesti, in Effemeridi, a cura di F. Carlini - E. Brambilla, Milano 1817): l’articolo ebbe un’importante diffusione internazionale, tanto che anche Carl Friedrich Gauss ne diede un esteso riassunto (Gauss, 1817).
Mentre i metodi precedenti per calcolare la posizione dei corpi celesti si basavano su tre osservazioni sufficientemente vicine (affinché l’approssimazione di un angolo al suo seno fosse valida), ma ottenevano comunque equazioni di grado elevato non risolubili analiticamente, il metodo proposto da Mossotti, consistente in quattro osservazioni vicine, mediante l’aggiunta di un’osservazione permetteva di ottenere equazioni di primo grado.
Nel 1817 fu promosso ‘secondo allievo’ e nel 1819 ‘primo allievo’ ma con salario ridotto. Altri suoi articoli apparvero nelle effemeridi di Milano e alcuni di essi ebbero un impatto notevole: il barone Franz Xaver von Zach, che essendo in contatto epistolare con i maggiori studiosi dell’epoca manteneva unita la comunità astronomica europea, li recensì infatti nella sua Correspondance astronomique. La sua fama gli valse la nomina all’Accademia italiana delle scienze (detta anche dei XL), con sede in Modena, il 31 agosto 1822.
Venne a contatto con gli ambienti liberali e anti-austriaci milanesi probabilmente attraverso la partecipazione alla redazione del giornale scientifico letterario Il Conciliatore, per il quale scrisse quattro articoli divulgativi sull’astronomia. Nel 1823 fu contattato da Alexandre Andryane, emissario di Filippo Buonarroti (capo della società segreta dei Filadelfi esiliato a Ginevra) e incaricato di ritessere le fila della società in Italia. I due si incontrarono almeno tre volte, tra l’inizio di gennaio 1823 e il 18 (data in cui Andryane fu arrestato): alla trattoria Viellard, nel salotto letterario di Adelaide Calderara e all’Osservatorio di Brera, dove Mossotti mostrò ad Andryane gli strumenti astronomici. Tra le carte di Andryane, insieme a varie chiavi di codici segreti, la polizia austriaca trovò un biglietto recante nomi di persone che avrebbero potuto essere interessate a divenire Filadelfi, tra i quali quello di Mossotti. È dunque lecito pensare che Andryane avesse cercato di sondare Mossotti sotto quest’aspetto. Egli, tuttavia, negò sempre l’effettiva affiliazione di Mossotti alla setta, dicendo anzi che il suo nome era stato inserito tra le sue carte da qualcuno dei rifugiati italiani e non da lui stesso (Mémoires d’un prisonnier d’état, Paris 1850, p. 134). L’arresto di Andryane e la confisca delle sue carte portarono la polizia austriaca a interessarsi a Mossotti, che fu convocato per un interrogatorio il 24 marzo 1823. Quando la convocazione giunse all’Osservatorio, egli era in vacanza nella casa avita di Carpignano Sesia; al suo ritorno, su consiglio di Barnaba Oriani, direttore dell’Osservatorio, fuggì in Svizzera attraverso il Piemonte e raggiunse Londra, passando per Parigi. Nel 1826 rassegnò le dimissioni dall’Osservatorio: la lettera reca il timbro postale di Orpington, una località a sud-est di Londra.
A Londra, molto stimato da Thomas Young e da altri scienziati, astronomi e ingegneri, lavorò per l’Ammiragliato e per il Board of Longitude; le causali dei pagamenti a Mossotti dal conto bancario dell’Ammiragliato presso Coutts menzionano un «lavoro editoriale nelle osservazioni del prof. Mayer» (che si presume riferito a Tobias Mayer, astronomo tedesco del ’700). Fu associato alla Royal Astronomical Society of London e nel 1826 pubblicò On the variation in the mean motion of the comet of Encke, produced by the resistance of an ether (in Memoirs of the Astronomical Society of London, II,1, pp. 55-62).
Zach lo raccomandò al console argentino di Genova; l’astronomo Paolo Frisiani e altre personalità londinesi rafforzarono la raccomandazione. Così, nel 1827 salpò da Falmouth verso l’Argentina, dove restò sette anni, prima in qualità di ingegnere astronomo e primo consigliere al dipartimento topografico, e poi, dal 1834, come professore di fisica sperimentale all’Università di Buenos Aires. Da lì pubblicò diverse osservazioni astronomiche, perlopiù nei Memoirs of the Royal Astronomical Society. Nei Comptes-rendus de l’Académie des Sciences (1835, 1, p. 283) comparve una memoria sul clima della città di Buenos Aires, comunicata all’Accademia da François Arago, con cui Mossotti aveva intrattenuto contatti epistolari fin dai tempi di Londra.
Nel 1834 l’Università di Bologna gli offrì la cattedra di astronomia, vacante dall’anno precedente. Mossotti lasciò l’Argentina nel 1835, ma le alte sfere pontificie, quando vennero a sapere della sua fuga dalla polizia austriaca, revocarono la nomina. In cambio della cattedra che gli era stata negata, Mossotti accettò un indennizzo monetario. Ottenne poi un incarico come professore all’università inglese di Corfù, dove arrivò nel 1836. A questo periodo risale la pubblicazione di uno dei suoi lavori più importanti, già concepito durante i corsi universitari tenuti in Argentina: Sur les forces qui régissent la constitution intérieur des corps, aperçu pour servir à la détermination de la cause et des lois de l’action moléculaire (Torino 1836).
Mossotti pensava che le forze responsabili dell’aggregazione delle molecole in liquidi e solidi fossero spiegabili ipotizzando un fluido distribuito attorno alle molecole, un ‘etere’ soggetto esclusivamente a due forze centrali di repulsione e attrazione, dove l’autorepulsione dell’etere controbilanciava l’attrazione tra l’etere e la materia. Michael Faraday, che il 13 dicembre 1836 scrisse a William Whewell di essere rimasto fortemente colpito da questo scritto, lo fece tradurre e lo trasmise alla Royal Institution di Londra nel 1837.
A Corfù, Mossotti si dedicò all’insegnamento e nel 1843 scrisse un testo didattico, Lezioni elementari di fisica matematica (Firenze 1843-45) che a detta di Giovanni Codazza (1863) soddisfece un bisogno sentito sia in Italia sia all’estero.
Nominato socio dell’Accademia delle Scienze di Torino nel 1840, l’anno successivo fu chiamato alla cattedra di fisica matematica e meccanica celeste dell’Università di Pisa, dove restò fino alla morte. Appena prima di lasciare Corfù si era sposato con Anna Sutter, che morì di parto due anni dopo.
Attivo durante i moti del 1848, Mossotti comandò il battaglione universitario toscano alla battaglia di Curtatone. Il 20 gennaio 1861 diventò uno dei primi senatori del Regno d’Italia.
Diversi lavori importanti risalgono al periodo pisano. In Discussione analitica sull’influenza che l’azione di un mezzo dielettrico ha sulla distribuzione dell’elettricità alla superficie di più corpi elettrici disseminati in esso (in Memorie della Società italiana delle scienze, XXIV [1850], 2, pp. 49-74), Mossotti diede un’analisi dettagliata delle condizioni di un mezzo dielettrico soggetto ad azione elettrica e, utilizzando un metodo analitico dovuto a Siméon-Denis Poisson per spiegare l’azione di molecole magnetiche, ottenne espressioni matematiche esplicite per la forza di un elemento infinitesimale del mezzo dielettrico risultante dalla distribuzione delle molecole al suo interno (formula di Clausius-Mossotti). Mostrò anche che l’azione di un mezzo dielettrico polarizzato può essere rappresentata da una distribuzione immaginaria di etere sulla sua superficie, e quindi che «il corpo dielettrico per mezzo della polarizzazione delle atmosfere delle sue molecole non fa altro che trasmettere dall’uno all’altro l’azione fra i corpi conduttori, neutralizzando l’azione sull’uno e trasportando sull’altro un’azione eguale a quella che avrebbe esercitato, in distanza, direttamente il primo». L’idea che Mossotti aveva dei mezzi dielettrici era di uno spostamento locale di elettricità sotto l’azione di forze elettromotive.
La Nuova teoria degli stromenti ottici (Pisa 1857), strutturata in quattro parti (Analisi del corso di un raggio di luce che attraversa uno stromento ottico, Prima approssimazione, Seconda approssimazione, Esempi di calcolo di lenti aplanatiche), per l’ampiezza dei contenuti assomiglia più a una monografia che a un articolo scientifico vero e proprio. A proposito di questo lavoro, Codazza (1863, p. 18) commentò: «tutti i lavori sulla teoria degli strumenti ottici prima di Biot e Gauss contenevano restrizioni che ne rendevano meno esatte le deduzioni per le applicazioni pratiche. [...] Mossotti determina quattro copie [sic] di equazioni [...] le quali assegnano le condizioni perché l’immagine prodotta da un sistema di lenti costituisca una rappresentazione simile all’oggetto». Seguendo la teoria di Mossotti, Giovanni Battista Amici costruì un obiettivo da 6 pollici di apertura e un oculare accoppiato capaci di produrre, verso la fine del ’800, effetti molto soddisfacenti.
Appartengono agli anni di Pisa pure le illustrazioni astronomiche alla Divina Commedia (raccolte in Illustrazioni astronomiche a tre luoghi della Divina Commedia, a cura di G.L. Passerini, Città di Castello 1894).
Morì il 20 marzo 1863 e fu seppellito nel camposanto di Pisa.
Da quello che scrissero i colleghi, a cominciare da Brunacci per arrivare, passando dagli astronomi dell’Osservatorio di Brera, fino a Faraday e a Enrico Betti, suo allievo e famoso matematico, si ha l’impressione che Mossotti sia stato un eccezionale matematico, impressione rafforzata dall’attenzione della comunità internazionale (Gauss, Zach). Faraday nella citata lettera a Whewell, si mostrava entusiasta per il risultato ottenuto, ma si diceva incapace di verificare la correttezza formale del processo matematico, chiedendo per l’appunto l’opinione di Whewell. Betti, nel suo elogio funebre (1863), fa capire che se Mossotti si fosse dedicato più all’analisi che alla fisica, avrebbe fatto scoperte importanti: «Prima di Abel e Jacobi, egli aveva avuto l’idea di considerare la funzione inversa degli integrali ellittici di prima specie». Sebbene al giorno d’oggi il suo nome sia legato soltanto alla citata formula di Clausius-Mossotti, rivestì una grande importanza per la scienza del suo tempo. A parte i riconoscimenti scientifici da parte di Gauss e Zach dovuti alle sue scoperte astronomiche, Poincaré scrisse: «è probabile che Maxwell sia stato condotto alla sua teoria grazie alla concezione di Poisson e Mossotti sulla natura dei mezzi dielettrici» (1901, p. 36), precisando anche che matematicamente la teoria di Maxwell è identica a quella di Poisson e Mossotti (ibid., p. 37). Le considerazioni di Poincaré rivestono particolare interesse in quanto James Clerk Maxwell non riconobbe con chiarezza il contributo di Mossotti alle sue teorie.
Opere: L’opera completa di Mossotti è raccolta in O.F. M.: Scritti, a cura di L. Gabba e G. Polvani, Pisa, 1951.
Fonti e Bibl.: la maggior parte dei documenti originali per il periodo che Mossotti passò a Milano (1813-1823) si trova nei fondi dell’Archivio di Stato di Milano. Una biografia moderna, molto dettagliata, è M. Nagari. O.F. M.: scienziato-patriota, Novara 1989, che include anche una bibliografia completa. Altre fonti biografiche: M. Ferrucci, Memoria del senatore O.F. M., scritta su una pergamena chiusa in un tubo di vetro e deposta nella tomba di Mossotti nel camposanto di Pisa (poi inclusa in O.F. Mossotti, Illustrazioni astronomiche, cit.); Z. Bicchierai, Ricordo del prof. O.F. M., in Gazzetta di Firenze, 5 aprile 1863; E. Betti. O.F. M., in Giornale di matematiche ad uso degli studenti delle università italiane, I (1863), p. 92; G. Codazza, Commemorazione di O.F. M. (letta nella seduta del 23 aprile 1863 al Reale Istituto lombardo di scienze e lettere), in Il Politecnico, XVII (1863), pp. 245-266; F. Passerini, Notice biographique sur le professeur M., in Revue des études historiques, III (1863), pp. 91-92; A. Vannucci, I martiri della libertà italiana dal 1794 al 1848: Memorie raccolte, VI ed., Milano 1877, pp. 90-96; Z. Buchwald, M., O.F., in Dictionary of scientific biography, a cura di C.C. Gillespie, IX, New York 1981. Si vedano inoltre: H. Poincaré, Cours de physique mathématique. Leçons sur la théorie mathématique de la lumière professées pendant le premier semestre 1887-1888, Paris 1901; C.F. Gauss, Effemeridi astronomiche di Milano per l’anno 1817 calcolate da Francesco Carlini ed Enrico Brambilla (review), in Göttingische gelehrte Anzeigen, 1917, vol. 144, pp. 1433-1438.