Fregoso, Ottaviano
Discendente di una delle due famiglie dogali di Genova, nacque intorno al 1470. Dopo la morte del padre Agostino nel 1487, F. si trasferì alla corte dello zio materno, Guidubaldo da Montefeltro, duca d’Urbino. Lì trascorse buona parte della giovinezza, a contatto con alcuni dei più importanti artisti e letterati dell’epoca; Baldassarre Castiglione lo scelse come uno dei personaggi centrali del Cortegiano, affidandogli il compito di introdurre il delicato tema dei rapporti tra il principe e i suoi consiglieri. Alla corte di Urbino Ottaviano imparò anche l’arte della guerra: a lui ricorse per la difesa del ducato il nuovo duca Guidubaldo durante lo scontro con Cesare Borgia. Asceso al trono pontificio, Giulio II, nella cui orbita si muovevano i Montefeltro, lo adoperò nel governo di Bologna, così come nei reiterati, ma vani tentativi di liberare Genova dal dominio francese. Nel maggio 1513, grazie al sostegno delle forze spagnole e di Leone X, F. riuscì infine a conquistare la sua città natale e a farsene doge. Piegò, dopo diversi mesi di assedio, la resistenza dei francesi, asserragliati nella fortezza della Briglia, costruita nel 1507 dal re per tenere sotto scacco la città, e si difese dagli assalti della fazione rivale degli Adorno. Dopo una prima fase improntata a una linea diplomatica di autonomia dalle grandi potenze europee e incentrata su un asse tutto italiano con Roma e Urbino, nel 1515 F., considerata l’imminente discesa del temibile esercito francese e l’inaffidabilità dei propri alleati, scelse di venire a patti con Francesco I, rovesciando la situazione delle forze in campo. Nonostante la rinuncia al titolo dogale, conservò il potere, assumendo la carica di governatore regio e ottenendo per sé e per il fratello Federico benefici e onorificenze. La nuova situazione politica, inaugurata dalla vittoria francese a Marignano, garantì a Genova alcuni anni di relativa tranquillità, durante i quali F. tentò di mettere mano a una riforma costituzionale, osteggiata da parte della sua stessa fazione, riuscendo però a rafforzare il controllo della città sul resto della Liguria, a compattare la popolazione, storicamente divisa in fazioni, e a tutelare gli interessi economici dei propri concittadini attraverso una spietata lotta alla pirateria. Il 30 maggio 1522 la città fu saccheggiata dalle truppe imperiali e F. venne imprigionato e condotto in catene nel Regno di Napoli dove, dopo due anni di prigionia, trovò la morte. Dal suo testamento si evince l’attaccamento alla propria città, alla quale lasciò una cospicua eredità per la costruzione delle mura, e la vicinanza agli ambienti del Divino Amore, una confraternita di origine genovese con la quale aveva collaborato per rinnovare la vita religiosa e morale dei propri concittadini.
M. ebbe modo di apprezzarne le doti sia militari, durante le guerre condotte a inizio secolo contro Cesare Borgia (M. ai Dieci, 18 nov. 1503, LCSG, 3° t., p. 371), sia politiche negli anni di governo a Genova. Meritevole di lode fu in particolare la scelta di far abbattere la fortezza della Briglia in nome di una riappacificazione cittadina, «conoscendo che non le fortezze, ma la volontà degli uomini mantenevano i principi in stato» (Discorsi II xxiv 30).
Bibliografia: Testamento di Ottaviano Fregoso, Roma, Archivio della Fondazione Doria Pamphilij, scaffale 79, busta 72, interno 2, cc. 1r-8r.
Per gli studi critici si vedano: E. Pandiani, Genova e Andrea Doria nel primo quarto del Cinquecento, Genova 1949, ad indicem; A. Pacini, I presupposti politici del ‘secolo dei genovesi’, la riforma del 1528, Genova 1990, ad indicem; G. Brunelli, Fregoso Ottaviano, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 50° vol., Roma 1998, ad vocem; C. Taviani, L’esilio dei Fregoso di Genova tra Quattrocento e Cinquecento, in Escludere per governare, a cura di F. Di Giannatale, Perugia 2011, pp. 63-78; G. Alonge, Il giovane Federico Fregoso tra Castiglione e Bembo, «Studi montefeltrani», 2013, 33, pp. 183-227; G. Alonge, Il testamento del doge, «Società e storia», 2013, 142, pp. 617-47.