MEI, Ottaviano (Ottavio)
– Nacque a Lucca intorno al 1550 da Vincenzo e da Felice Bernardini.
Nella difficile congiuntura della prima metà del XVI secolo la Repubblica lucchese, per difendersi dalle ingerenze dell’Inquisizione, provvide all’istituzione di una magistratura, l’offizio sopra la Religione (1545), cui era delegata la gestione del dissenso religioso diffusosi dalla metà degli anni Venti. La situazione si fece più difficile con l’elezione al soglio pontificio di Paolo IV Carafa, che intensificò la persecuzione contro gli eretici. Tra il 1555 e il 1556 si ebbe una prima ondata di emigrazione per motivi religiosi, alla quale partecipò anche la famiglia del M., trasferitasi a Ginevra nell’autunno del 1555.
Il M. studiò teologia alla rinomata Académie ginevrina, dove acquisì una profonda conoscenza delle lingue bibliche; probabilmente, come l’amico Scipione Calandrini, anch’egli emigrato da Lucca per motivi religiosi, trascorse periodi di studio all’estero e collaborò alla conduzione della Chiesa italiana di Ginevra, guidata fino al 1557 da Celso Martinengo, già priore di S. Frediano a Lucca, e negli anni 1561-86 dal lucchese Niccolò Balbani. Nel 1580, le chiese della Valtellina si rivolsero a Ginevra con la richiesta di inviare loro un ministro e il Consiglio incaricò il M., che partì per Teglio il 25 marzo.
La Valtellina, conquistata nel 1512 dalla Lega dei Grigioni, godeva dal 1526 di un’ampia tolleranza religiosa, dal momento che la scelta confessionale era lasciata alle Comunità locali. Tale circostanza aveva permesso lo sviluppo di un intenso dibattito religioso e le valli erano divenute un primo approdo per gli emigrati religionis causa da ogni regione d’Italia, che spesso decidevano di fermarsi a guidare le comunità protestanti sorte a Sondrio, Chiavenna, Teglio, Morbegno Piuro, Tirano.
Nello svolgimento del suo ministero a Teglio, il M. si dimostrò molto attento alla vita spirituale e culturale della valle, in favore della quale promosse collette e donazioni da parte delle comunità dei Grigioni. Senza mai dimenticare Ginevra, dove tornava non appena gli impegni glielo consentivano. Nel 1581 sottoscrisse la cosiddetta Confessio Rhetica, schierandosi decisamente con la Riforma magisteriale contro ogni inclinazione di stampo anabattista o antitrinitario. Nei primi anni Novanta il M. fu trasferito a Chiavenna, come maestro e secondo pastore al fianco di Scipione Lentulo, ormai anziano, al quale succedette nel 1596 alla guida della Chiesa locale e quella restò la sua sede definitiva.
Lodato e apprezzato per la sua eloquenza e cultura, il M. offrì un contributo importante a sostegno delle comunità riformate locali e fu, con Calandrini, il principale protagonista della più famosa delle dispute che contrapposero il clero cattolico ai pastori protestanti, quella svoltasi a Tirano dalla primavera del 1595 all’autunno del 1596.
Innescata dal parroco di Tirano, Salvatore Cabasso, che durante la messa del 1° maggio 1595 aveva accusato Calvino di bestemmia contro la persona divina di Cristo, la disputa coinvolse i pastori della valle e un numero crescente di sacerdoti cattolici, che si confrontarono di persona e per iscritto davanti al pretore in una serie di incontri tra il settembre 1595 e il novembre 1596. Il 15 genn. 1597 fu emessa la sentenza che vedeva Cabasso soccombente e condannato al pagamento delle spese processuali.
Pochi mesi dopo (8-11 marzo), a Piuro, il M. prese parte anche all’ultimo dei confronti di questo tipo, dimostratisi inutili a raggiungere un accordo o a stimolare il dialogo tra le diverse confessioni.
La disputa di Tirano ebbe una vasta risonanza, e gli atti furono pubblicati sia da parte cattolica (N. Rusca, Acta disputationis Tiranensis adversus Calvinum et ministros Calvini defensores, Comi, G. Frova, 1598) sia da parte riformata (Disputationis Tiranensis inter pontificios et ministros verbi Dei in Rhaetia anno 1595 et 1596 habitae partes IV, Basileae 1602). Nell’edizione di Basilea gli scritti del M. sono due: la Oratio (pp. 254-265) e la confutazione delle singole affermazioni di Cabasso: Octaviani Mey calumniarum atque errorum, quos parochi Vultureni in posteriore suo libro in Calvinum, et in pastores Ecclesiarum Evangelicarum universae Rhetiae permiscuerunt, Index (pp. 291-311). Attraverso numerose citazioni bibliche, patristiche e calviniane, il M. dimostra l’inconsistenza delle accuse rivolte a Calvino, rivoltandole a sua volta contro i parroci. Rosio De Porta gli attribuisce un’altra opera sullo stesso argomento: «Laudata in illo fuere cum eruditio theologica solida, cujus specimen egregium juvenis adhuc dederat in Disput. Tiranensi, ac opere Theandricorum in lucem emisso, tum Hebreae ac Graecae originalium linguarum peritia» (Historia Reformationis, III, p. 276), di cui non c’è traccia; nell’Archivio di Stato dei Grigioni a Coira si conserva una sua inedita Canzone per la pace (cit. in Fiume, p. 214 n. 41), datata 1594 e legata al fallito rapimento di Calandrini – dal 1577 pastore a Sondrio – commissionato a tre malviventi (poi condannati a morte) dall’arciprete di Sondrio, N. Rusca. Con quell’impresa Rusca metteva in atto, non è chiaro quanto consapevolmente, il nucleo del progetto per la riconquista cattolica della Valtellina elaborato da un bieco personaggio che aveva seminato zizzania e odio per mezza Europa, Broccardo Borrone.
Il M., rimasto celibe, nonostante l’importanza simbolica che i riformati attribuivano al matrimonio dei pastori, morì a Chiavenna il 17 giugno 1619.
Fonti e Bibl.: Coira, Arch. di Stato dei Grigioni, D.II.a.3, b. 1594: O. Mei, Canzone; P.D. Rosio De Porta, Historia Reformationis Ecclesiarum Raeticarum, III, Curiae Raetorum et Lindoviae 1777, pp. 132-163, 167, 185, 206, 276; A. Pascal, Da Lucca a Ginevra, in Rivista stor. italiana, L (1933), p. 445; ibid., LI (1934), pp. 498-500; P. Rivoire, Contributo per una storia della Riforma in Italia, in Bollettino della Società di studi valdesi, LXVI (1936), pp. 55-88; A. Pastore, Nella Valtellina del tardo Cinquecento: fede, cultura, società, Milano 1975, p. 103; S. Caponetto, La Riforma in Italia, Torino 1992, pp. 276, 350; S. Adorni Braccesi, Una città infetta. La Repubblica di Lucca nella crisi religiosa del ’500, Firenze 1994, ad ind.; S. Adorni Braccesi, L’emigrazione religiosa dei lucchesi in Francia e a Ginevra tra la seconda metà del XVI e gli inizi del XVII secolo, in Eretici, esuli e indemoniati…, a cura di M. Rosa, Firenze 1998, pp. 61-75; M. Berengo, Nobili e mercanti nella Lucca del Cinquecento, Torino 1999, ad ind.; E. Fiume, Scipione Lentolo 1525-1599 «quotidie laborans evangelii causa», Torino 2003, pp. 188, 214, 220, 227.
L. Ronchi De Michelis