RAGGI, Ottaviano
RAGGI, Ottaviano. – Nacque a Genova il 31 dicembre 1592 da Girolama di Negro e da Giacomo, eletto nel Senato della Repubblica il 20 novembre 1625.
Conseguita la laurea in utroque iure, Ottaviano si trasferì in corte di Roma. Fu nominato il 19 novembre 1617 protonotario apostolico e due anni più tardi referendario della Segnatura di grazia e della Segnatura di giustizia. Nel 1622 acquistò un posto di chierico della Camera apostolica per 36.000 scudi. Gli fu affidato il guardaroba pontificio in occasione della sede vacante di Gregorio XV, morto l’8 luglio 1623. Ne diede «minutissimo conto ad Urbano 8° creato poi, riportandone principio d’affettione» (Roma, Biblioteca Casanatense, mss. 4319, c. 5v). Fu quindi impegnato ai più alti livelli nell’amministrazione dello Stato della Chiesa: tra il 1624 e il 1625 fu nominato commissario per soprintendere alla manutenzione degli assi viari dello Stato ecclesiastico. Nell’autunno del 1625, a Ceprano, sistemò una questione di confine tra i sudditi ecclesiastici e quelli dei feudi di casa Colonna. Assunse infine nel 1626 la prefettura della Grascia e della Dogana e, dal 1629, quella dell’Annona, competente sull’approvvigionamento e sulla regolazione del commercio dei cereali.
In questa veste, Raggi seppe fare fronte alla grave carestia del 1630. Egli prendeva spesso informazioni sull’andamento del commercio cerealicolo nel Nord Italia e in particolare a Genova, dove la sua famiglia aveva forti interessi e numerosi contatti. Assicurò scorte molto ingenti (45.000 rubbia di grano solo per Roma e la provincia di Campagna) ed estese la sua azione anche ad altre province dello Stato della Chiesa, come l’Umbria e la Marca. L’attività in questo campo portava a stretto contatto con il pontefice: il 1° luglio 1631 fu ricevuto in udienza e illustrò a Urbano VIII tutti i provvedimenti presi.
Presto Raggi diventò promotore di un ricco flusso di informazioni fra la Dominante e Roma, inviando al Senato di Genova dispacci con notizie sugli affari della corte pontificia e scrivendo ai Barberini riguardo agli affari di Genova e del Nord Italia, dove nell’autunno 1635 si era aperto il conflitto tra gli spagnoli e i francesi, sostenuti dal duca di Savoia Vittorio Amedeo I e dal duca di Parma Odoardo Farnese. Dal fratello Tommaso, che sedeva in Senato, riceveva altresì notizie riservate, come quella del dicembre 1635, quando la Spagna richiese alla Repubblica un esplicito schieramento a suo favore nel conflitto in corso. Il ruolo di informatore si trasformò progressivamente in quello di mediatore: intervenne, ad esempio, per bloccare un decreto della congregazione del Cerimoniale che colpiva «le pretensioni della Repubblica circa l’esser trattata come Re» (c. 9v) e, nel marzo 1641, richiese al cardinal nipote di intervenire presso il nuovo nunzio a Parigi, Girolamo Grimaldi, «dubitando grandemente che li francesi non piglino pretesti d’attaccar la nostra Riviera» (Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat. 8942, c. 25r).
Raggi continuò comunque a operare come prefetto dell’Annona e, dopo la promozione cardinalizia di Marcantonio Franciotti, nel 1637 acquistò la carica da questi tenuta, ovvero quella di Auditor Camerae. Ebbe così la presidenza della corte che aveva competenza sui membri della Curia romana per i casi di giustizia ecclesiastica, civile e penale: una giurisdizione molto estesa, capace all’occorrenza di dilatarsi al di là dei confini dello Stato della Chiesa. Raggi in questa veste si distinse soprattutto per le misure di ambito repressivo: i suoi sbirri eseguirono arresti fin nella Marca e nei feudi del duca di Ceri; emanò inoltre bandi di taglia per la ricerca dei criminali e per il premio di chi collaborasse con la giustizia. A suo nome uscirono anche i primi provvedimenti presi da Urbano VIII contro il duca di Parma Odoardo Farnese che – in conflitto con la Camera apostolica per il mancato pagamento degli interessi ai contraenti del Monte Farnese – aveva iniziato preparativi militari nei suoi feudi del Lazio settentrionale. Raggi firmò il ‘monitorio’ del 20 agosto che intimava il licenziamento dei soldati arruolati e la demolizione delle nuove fortificazioni di Castro, l’editto del 26 settembre affinché nessuno prestasse assistenza al duca di Parma, l’editto del 25 ottobre con un nuovo ultimatum che gli ordinava di comparire a Roma.
Come scrisse al Senato genovese, egli era peraltro convinto che il contenzioso in atto si sarebbe ricomposto. La realtà era molto diversa, ma Raggi non fu ulteriormente impegnato direttamente su questo fronte. Promosso infatti cardinale il 16 dicembre 1641, lasciò l’ufficio di Auditor Camerae.
Ebbe la berretta rossa e il titolo di S. Agostino in Campo Marzio il 10 febbraio 1642. Entrò nell’organico di diverse congregazioni: quella della Consulta, quella per la Fabbrica di S. Pietro, quella delle Strade, quella dei Vescovi e regolari.
Continuò a mandare ai Barberini notizie su Genova e sulle vicende della guerra civile iniziata nel Ducato di Savoia dopo la morte di Vittorio Amedeo I (1637). I rapporti con il Senato subirono inizialmente un raffreddamento per la sua insistenza ad avere il titolo di ‘Eminenza’ (conformemente al decreto concistoriale De titulis cardinalium del 10 giugno 1630), fino a quel momento apertamente contestato dalla Dominante. A Genova Raggi non poteva più contare nemmeno sul fratello Tommaso, messo al bando per una faida aperta con la famiglia Pallavicino.
Tuttavia, la sua funzione di rappresentante informale presso il pontefice non fu seriamente intaccata da questi incidenti: nel corso del 1642, più volte si fece portavoce del Senato genovese, che spingeva per una composizione pacifica del conflitto con il duca di Parma. Memore del suo impegno diretto nel procedimento in qualità di Auditor Camerae, non mancò d’altro canto di partecipare alla polemica nutrita dalla pubblicazione di scritti da entrambe le parti. In particolare, nell’agosto del 1642 fu impegnato nel confutare argomenti della Vera e sincera relazione delle ragioni del duca di Parma, principale testo di parte farnesiana.
Alla fine dello stesso anno fu creato vescovo di Aleria in Corsica. Fu consacrato il 1° febbraio 1643 nella basilica romana di S. Maria Maggiore e dimostrò subito intenzione di raggiungere la sua residenza. Arrivò a Bastia alla fine di aprile; prese quindi dimora a Campoloro, residenza solita dei vescovi. Sarebbe comunque rientrato dopo la successiva Pentecoste a Bastia «per le poco buone qualità del paese, e per l’evidente pericolo de corsali turchi» (al card. Francesco Barberini, Bastia, 9 maggio 1643, Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat. 8750, c. 86r). Da qui, ove prese residenza grazie a una dispensa del pontefice, in luglio ringraziò per le promozioni di suo fratello a commissario generale delle galere pontificie e, soprattutto, del nipote Lorenzo (della cui formazione si era fatto carico fin dagli anni di istruzione presso il Collegio Romano) a tesoriere generale della Camera apostolica. Anche in sua assenza, così, si era formata ed era costantemente attiva una rete di consanguinei tutti molto vicini al papa e ai Barberini: oltre ai citati Lorenzo e Tommaso, essa comprendeva anche Giovanni Battista, alto ufficiale dell’esercito capace di condurre oculatamente arruolamenti in territorio genovese.
Alla metà di dicembre 1643, dopo una tappa nella città natale, il cardinale Raggi rientrò a Roma, nel suo palazzo di piazza Capranica (affittatogli dall’omonima famiglia nel 1632). Ammalatosi per il viaggio faticoso che aveva compiuto, morì il 31 dicembre dello stesso anno.
Con testamento dell’11 febbraio 1643 aveva dato disposizioni circa la sua collezione di dipinti, che però non è possibile identificare per l’assenza, nell’inventario, di misure e attribuzioni; aveva altresì destinato 300 scudi per il monumento funebre di suor Maria Raggi, domenicana morta a Roma nel 1600, poi effettivamente commissionato dagli eredi a Gian Lorenzo Bernini e realizzato in S. Maria sopra Minerva. Raggi fu sepolto nella chiesa romana del Gesù, anche se aveva chiesto di essere deposto nell’omonima chiesa genovese, dove era presente una cappella di famiglia.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Genova, Archivio Segreto, 1986, 1987, 2352; Roma, Biblioteca Casanatense, Mss. 4319, cc. 1-14v: P.G. Capriata, Notizie intorno alla famiglia Raggio (sec. XVII); Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat. 8750 (lettere di O. R., 1626-1641); Barb. lat. 8942 (lettere di O. R., 1641-1643).
G. Gualdo Priorato, Scena d’huomini illustri d’Italia, Venetia 1659, sub lett. O; M.A. Visceglia, La “Giusta statera de’ porporati”. Sulla composizione del Sacro Collegio nella prima metà del Seicento, in Roma moderna e contemporanea, IV (1996), 1, pp. 167-211 (in partic. pp. 198, 201, 207); Ch. Weber, Genealogien zur Papstgeschichte, II, Stuttgart 1999, p. 791; C. Costantini, Fazione Urbana. Sbandamento e ricomposizione di una grande clientela a metà Seicento, Genova 2004, passim; M.C. Giannini, Note sui tesorieri generali della Camera apostolica e sulle loro carriere tra XVI e XVII secolo, in Offices et Papauté (XIVe-XVIIe siécles). Charges, hommes, destins, a cura di A. Jamme - O. Poncet, Rome 2005, pp. 859-883 (in partic. pp. 878-880); C. Mazzetti di Pietralata, Quadri di casa Raggi. Quattro testamenti e un inventario (1643-1789), in Annali dell’Università di Ferrara. Sezione storia, III (2006), pp. 127-151 (in partic. pp. 128-132); A. Cicerchia, Giustizia di antico regime. Il Tribunale criminale dell’Auditor Camerae (secc. XVI-XVII), tesi di dottorato, Università di Roma 2 Tor Vergata, a.a. 2009-10, pp. 136, 138, 139, 143, 145, 147, https://art.torvergata.it/retrieve/handle/2108/1372/6620/TESI%20DI%20DOTTORATO%20-%20Andrea% 20Cicerchia.pdf (23 febbraio 2016); Roma/Seicento verso il barocco, a cura di G. Leone - D. Porro, Roma 2015, p. 94.