Riario, Ottaviano
Condottiero, signore di Imola e Forlì, nonché vescovo di Viterbo, nacque a Roma nel settembre 1479 da Caterina Sforza (→) e Girolamo (→), signore di Imola e Forlì, nipote del cardinale Raffaele Riario e di Giuliano Della Rovere, futuro papa Giulio II. Dopo l’uccisione del padre (14 apr. 1488) per mano di congiurati, venne proclamato signore di Forlì e Imola (29 apr.). Nel luglio dello stesso anno ottenne da papa Innocenzo VIII l’investitura dei due principati, sotto la reggenza della madre Caterina. Nel 1495 R. convinse alcuni nobili forlivesi a uccidere l’amante di Caterina, Giacomo Feo, il cui ruolo politico all’interno della corte era divenuto troppo importante. La successiva unione della madre con Giovanni di Pierfrancesco de’ Medici, iniziata nel 1496, non fu osteggiata da R., non solo per il prestigio della casata cui apparteneva, un ramo laterale dei Medici che appoggiava il regime repubblicano, ma anche per questioni d’interesse. Firenze in quegli anni assoldava compagnie di ventura per la riconquista di Pisa. Il 9 giugno 1498 R. stipulò una condotta con Firenze, del valore di 17.000 fiorini, per una compagnia di cento uomini d’arme e di cinquanta balestrieri a cavallo. La condotta era stata favorita da Caterina, che voleva consolidare i rapporti con Firenze. La Repubblica, d’altro canto, aveva bisogno di un avamposto in Romagna per fronteggiare i veneziani:
E perché, se i viniziani, che avevano in protezione il signore di Faenza, facessino dalla parte di Romagna qualche insulto, vi trovassimo resistenza, condussono i fiorentini con cento cinquanta uomini d’arme Ottaviano da Riario signore di Imola e Furlì (F. Guicciadini, Storia d’Italia IV ii).
Il contratto aveva validità di un anno, e prevedeva il rinnovo per un altro anno con il consenso delle parti e con un preavviso di quattro mesi (cfr. S. Bertelli, nota introduttiva a N. Machiavelli, Legazioni e commissarie, 1° vol., 1964, p. 15). La presa di Bibbiena da parte veneziana e, più in generale, l’evoluzione della guerra, spinsero i fiorentini a rinnovare la condotta anche per il 1499, ma R. non accettò la proposta. Nel febbraio 1499 le sorti della guerra volgevano comunque a favore di Firenze; mentre R. dovette constatare quanto la mancata protezione della Repubblica lo indebolisse, di fronte alla minaccia di Venezia, ma anche di nuovi e più temibili nemici: papa Alessandro VI e Luigi XII. R. si ritrovò isolato: non aveva più neanche il sostegno del duca di Milano, che, minacciato dal re di Francia, doveva pensare alla propria difesa. Il 12 luglio 1499 Caterina Sforza chiese a Firenze il rinnovo della condotta per il figlio, soprattutto per ottenere una protezione contro le mire del papa e di Cesare Borgia. M. venne quindi inviato a Forlì per negoziare la condotta per R., nonché per comprare polvere da sparo e assoldare fanti romagnoli (12-25 luglio 1499). Dal carteggio (LCSG, 1° t., pp. 268-98) si evince che la trattativa si svolse direttamente con Caterina, benché R. avesse ormai a pieno titolo la signoria di Forlì. M. ottenne il rinnovo della condotta a condizioni favorevoli per Firenze, la polvere da sparo e i fanti, ma abilmente evitò di prendere impegni precisi per la difesa dei Riario. R. si fortificò a Imola, dove godeva del sostegno della popolazione; nonostante ciò, l’11 dicembre del 1499 la città cadde sotto l’attacco del Valentino. Forlì fu conquistata il 12 gennaio successivo, malgrado la tenace difesa che oppose la contessa Caterina, rinchiusasi con R. nella rocca di Ravaldino.
Nel 1503, dopo la morte di Alessandro VI, R. tentò di recuperare i suoi possedimenti rivolgendosi ai veneziani, dai quali ottenne solo risposte generiche. Tentò quindi, senza successo, di entrare a Imola. Così M. riferisce l’episodio, di cui ha avuta notizia dal Valentino:
ha lettere de’ 4 dì come el Castellano d’Imola non era suto morto ma sì preso, e come la fortezza e la terra si teneva per lui e che ’l Signore Ottaviano s’era presentato a Imola con molta gente e ne era suto ributtato (M. ai Dieci, 7 nov. 1503, LCSG, 3° t., p. 332).
Anche Caterina Sforza si rivolse a Firenze, per evitare che a Forlì si insediasse Antonio degli Ordelaffi, discendente dei signori spodestati da Girolamo Riario nel 1480, ma Firenze non aveva alcun interesse a rispondere positivamente.
La situazione non cambiò neanche nel novembre 1503, quando fu eletto papa Giulio II, zio di R., nonostante l’interessamento del cardinale di S. Giorgio, Raffaello Riario. Nella sua legazione a Roma, M. incontrò più volte il cardinale, che gli esprimeva netta disapprovazione per l’atteggiamento della Repubblica, più favorevole agli Ordelaffi (lettere della Signoria a M., 24 ott. 1503, LCSG, 3° t., p. 296; di M. ai Dieci, 28 e 29 ott. 1503, 3° t., p. 301 e p. 305).
Perduta ogni possibilità di riottenere gli antichi domini, R. si fece prete e nel 1506 fu nominato, su interessamento del cardinale Riario, vescovo di Viterbo. Morì a Bologna nel 1523.
Bibliografia: B. Buonaccorsi, Diario, Firenze 1568; A. Burriel, Vita di Caterina Sforza Riario, contessa d’Imola e signora di Forlì, 3 voll., Bologna 1795; J.C.L. Simonde de Sismondi, Histoire des Républiques italiennes du Moyen-âge, 4 voll., Zurich 1807-1808 (trad. it. Storia delle Repubbliche italiane dei secoli di mezzo, Capolago Mendrisio 1817-1819); P.D. Pasolini, Caterina Sforza, 3 voll., Roma 1893; F. Guicciardini, Storia d’Italia, a cura di S. Seidel Menchi, Torino 1971.