SALOMONIO (Salamonio, Salomone), Ottaviano
SALOMONIO (Salamonio, Salomone), Ottaviano. – Nacque presumibilmente nella prima metà del XV secolo (dal momento che già nel 1478 operava in qualità di tipografo a Cosenza) a Manfredonia in Puglia (come si ricava dal colophon di un’edizione di Gregorio Dati in cui si legge: «Octavianus Salamonius de Manfridonia»).
Il cognome è probabilmente la latinizzazione di un originale nome ebraico, forse Shalomon, frequente agli inizi della storia tipografica. In Puglia, in particolare proprio a Manfredonia, esisteva, infatti, una nutrita colonia ebraica, che fu favorita dalla monarchia aragonese, come del resto la comunità ebraica calabrese che aveva, tra l’altro, sperimentato già prima del 1478 l’attività tipografica: precisamente il 18 febbraio 1475 uscì a Reggio Calabria un’edizione del Commento al Pentateuco di Salomon ben Isaac, primo libro stampato interamente in caratteri ebraici, a opera del tipografo ebreo Abraham ben Isaac ben Garton.
Salomonio fu uno dei pochi tipografi non forestieri attivi nel Regno di Napoli, dove, così come altrove, la stampa, introdotta da tipografi tedeschi, fu praticata in genere da stranieri. Incerto è il luogo dove egli apprese l’arte. Si ipotizza al riguardo Roma, dal momento che il carattere che egli usò nella stampa delle sue edizioni (un carattere particolare, minuscole in gran parte gotiche e maiuscole romane) ricorda nell’aspetto generale il carattere G 92 usato a Roma da Georg Lauer e in qualche modo anche il carattere usato dai prototipografi Conrad Sweynheym e Arnold Pannartz a Subiaco (Veneziani, 1973, p. 168); anche il fatto che il formato dei suoi libri fosse sempre in quarto piccolo avvicinerebbe la sua produzione all’ambiente romano, dove questa dimensione era largamente adottata soprattutto per opere di genere simile a quelle stampate da Salomonio. Ma anche Napoli era ricca di officine tipografiche che avrebbero potuto fornirgli i rudimenti dell’attività tipografica, sicché non si può escludere l’ipotesi che egli potesse essersi formato in questa città presso una delle molte officine che vi si stabilirono tra il 1471 e il 1478.
Non si conoscono esattamente i motivi della scelta di Cosenza come sede della sua attività, ma è certo che Cosenza, la più florida città della Calabria, era allora un centro culturale di una qualche importanza e anche in seguito avrebbe mantenuto un livello elevato. Inoltre, in quegli anni vi era presente l’Ordine domenicano che, con il suo Studio e la sua biblioteca, esercitava una significativa influenza: tutti elementi che potrebbero avere contribuito alla decisione da parte di Salomonio di iniziare in questa città un’attività tipografica in proprio. Né si può escludere la possibilità che egli fosse stato convinto a iniziare la sua attività a Cosenza dall’umanista calabrese Pomponio Leto, tra l’altro amico e correttore del tipografo Lauer, che potrebbe avergli illustrato le buone prospettive che la città poteva offrire anche a una piccola tipografia (Caldora, 1955, p. 177). Si ritiene che la sua tipografia potesse essere ubicata in uno di questi tre rioni: Massa, nel luogo dove sarebbe in seguito sorto il complesso cinquecentesco di S. Agostino, Rivocati o Santo Spirito, a ridosso del rione Cafarone, ritenuto al tempo la Giudecca di Cosenza.
Fino a tutta la prima metà del XX secolo agli studiosi di storia della tipografia erano noti solo cinque incunaboli stampati a Cosenza da Salomonio e precisamente: le Favole di Esopo (I.G.I., n. 83); Dell’immortalità dell’anima di Giacomo Campora (n. 2395); La Sfera di Gregorio Dati (n. 3324); Canzoni in morte di Enrico d’Aragona composte da Giovanni Maurelli (n. 6298) e Piramo e Tisbe (n. 7794); di queste solo due, La Sfera di Dati e l’opera di Campora, hanno la data espressa: 1478; ma anche le altre edizioni sono concordemente datate al 1478, ritenuto l’unico anno in cui fu attiva la tipografia. Alcuni (Traniello, 1988, p. 71), tuttavia, pensano che la stampa delle Canzoni in morte di Enrico d’Aragona dovrebbe essere posticipata di circa un anno, dal momento che Enrico d’Aragona morì nel maggio del 1478 e sembra difficile che in pochi mesi possano essere state composte e pubblicate le Canzoni. Delle opere edite da Salomonio, una, Dell’immortalità dell’anima del domenicano Iacopo Campora, ebbe nel XV secolo grande diffusione in manoscritti e stampe: una prima edizione si ebbe a Roma nel 1472 per i tipi di Giovanni Filippo De Lignanime (sembra che l’edizione di Salomonio venisse ristampata proprio da questa), cui fecero seguito altre due (Milano 1475 e Vicenza 1477), mentre altre cinque seguirono quella di Salomonio (una nel 1494, due nel 1497 e due nel 1498). La filigrana della carta utilizzata per l’edizione di Campora, una losanga sormontata da una corona, riconduce a Napoli. Ma anche l’opera di Dati, La Sfera, fu stampata nel XV secolo numerose volte: ebbe ben tredici edizioni, di cui cinque precedettero quella di Salomonio.
Nel 1973 Paolo Veneziani aggiunse a queste cinque edizioni altre due, fino ad allora completamente sconosciute: i Disticha Catonis e i Miracoli della Vergine Maria. I Disticha hanno il nome del tipografo espresso nel colophon e la data completa: 23 febbraio 1478; i Miracoli sono invece attribuiti a Salomonio in base all’esame dei caratteri tipografici. Anche di queste due edizioni, come di tutte le altre di Salomonio, si conservano oggi solo pochissime copie: un esemplare dei Disticha è conservato alla Biblioteca Ambrosiana di Milano e un esemplare dei Miracoli (mutilo) alla Biblioteca Fardelliana di Trapani.
I Disticha – una raccolta di massime morali, erroneamente attribuite a un certo Dionisio Catone – costituirono uno strumento essenziale per l’insegnamento della grammatica latina nelle scuole ed ebbero un grande successo per tutto il XV secolo, anche grazie al loro intento didascalico e moraleggiante; ma l’edizione di Salomonio è invero piena di errori (per la scarsa conoscenza del latino da parte del tipografo e l’assenza di un correttore di bozze). Quanto ai Miracoli – in dialetto calabrese, e caratterizzati da un tono e uno stile prettamente popolari, come altre edizioni di Salomonio –, sono attestati solo da questa stampa, non esistendone manoscritti né altre edizioni.
Caratteristiche diverse hanno infine le Favole di Esopo e il Piramo e Tisbe. Le Favole sono la prima edizione italiana dell’opera di Esopo tradotta da Fazio Caffarelli di Faenza, vissuto alla fine del XIV secolo. Quanto al Piramo e Tisbe, testo rarissimo, editio princeps senza note tipografiche, fu inizialmente datato intorno al 1475 e poi spostato al 1478. Di quest’opera si registra un’altra sola edizione, anch’essa senza note tipografiche, attribuita ai torchi del napoletano Francesco Del Tuppo (1485).
In due sole edizioni di Salomonio si fa riferimento a possibili committenti o ‘editori’: le Favole furono pubblicate a istanza di un certo «Misere Polidamas dela paglyara de salerno» e nell’edizione dei Miracoli si legge: «ad contemplacioni et instancia de uno gentiluomo milanesi devotu de la Vergine Maria», forse identificabile con l’autorevolissimo funzionario sforzesco Cicco Simonetta, originario di Caccuri – un paese calabrese situato alle pendici della Sila –, che mantenne sempre vive le relazioni con la regione di origine.
Ciò che maggiormente colpisce nel complesso della produzione di Salomonio è il fatto che sia stata tutta in volgare, fatta eccezione per i Disticha Catonis, che d’altra parte sono, sì, un’opera in latino, ma che non appartiene né alla letteratura classica né a quella umanistica in lingua latina.
L’esperienza tipografica di Salomonio fu senz’altro marginale e periferica rispetto ai maggiori centri di sviluppo della stampa nel XV secolo, ma fu comunque contrassegnata da elementi che la rendono, nonostante tutto, originale (Traniello, 1988, p. 79), anche perché l’attività di Salomonio a Cosenza restò unica, sia per i rimanenti anni del XV secolo, sia per il secolo successivo. Bisognerà, infatti, attendere l’ultimo decennio del XVI perché la stampa ritorni in questa città.
Svolta l’attività tipografica nel 1478 o forse fino ai primi mesi del 1479, il nome di Salomonio ricompare solo nel 1483 a Napoli in un documento notarile riguardante la stipulazione di un mutuo della quale fu testimone. In seguito non si hanno più sue notizie.
Fonti e Bibl.: Catalogue of books printed in the XV century now in the British Museum, VII, London 1935, p. 1081, ad ind.; U. Caldora, L’introduzione della stampa in Calabria. O. S. di Manfredonia e la prototipografia di Cosenza, in Calabria nobilissima, IX (1955), pp. 172-193; D.E. Rhodes, Il quinto incunabolo cosentino, ibid., XXI (1967), pp. 51-54; G. Guerrieri, L’arte della stampa in Calabria, in Almanacco calabrese, Roma 1968, pp. 149-164; P. Veneziani, O. S. e la stampa a Cosenza nel secolo XV, in Accademie e biblioteche d’Italia, XLI (1973), pp. 164-168; R. Frattarolo, La stampa in Calabria, in Studi di bibliografia storica ed altri saggi, Roma 1977, pp. 124-131; A. Santoro, L’esperienza tipografica di O. S. a Cosenza nel 1478, tesi di specializzazione, Città del Vaticano 1986-87; P. Traniello, Tra marginalità e sperimentazione. Note sulla prima esperienza tipografica cosentina, in Biblioteche oggi, VI (1988), pp. 67-80; T. Cornacchioli, Nobili, borghesi e intellettuali nella Cosenza del Quattrocento. L’academia parrasiana e l’Umanesimo cosentino, Cosenza 1990, ad ind.; M. Chiodo, L’Accademia Cosentina e la sua biblioteca. Società e cultura in Calabria 1870-1998, Cosenza 2002, pp. 13 s., 226; Le Miracoli de la biata Virgine Maria. Un Mariale del secolo XV, a cura di E. Andricciola, Soveria Mannelli 2005, ad ind.; F. Uccello, Ricerca breve sulle quattrocentine stampate in Calabria, Santa Maria di Catanzaro 2006; Id., Appunti sulla storia della tipografia cosentina dei secoli XV e XVI, in Periferia. Rivista trimestrale di cultura, XXXIV (2012), pp. 32-49; Indice generale degli incunaboli delle biblioteche d’Italia (I.G.I.), ad ind.; http://www.calabriainnova.it/wp-content/ uploads/2013/05/Una_Regione_per_Leggere.pdf (2 luglio 2017).