UBALDINI, Ottaviano
– Nacque attorno al 1210 da Ugolino di Albizzo (secondo Piattoli, 1970, p. 771, Azzo) Ubaldini della Pila e da una certa Adelaida, in un imprecisato castello nel Mugello.
Nella potente famiglia aristocratica degli Ubaldini, il ramo cui apparteneva Ugolino era denominato dal castello della Pila in Val di Sieve, ubicato sul versante nord-orientale del monte Senario. Dal matrimonio fra Ugolino e Adelaida, esponente a sua volta di una casata aristocratica che deteneva domini nei contadi di Bologna e Firenze, nacque anche un Azzo (dal quale – secondo Piattoli, 1970 – Ugolino jr, detto Ugolino da Senne e forse da identificare nell’«Ugolin d’Azzo» di Purgatorio, XIV, 105; ma secondo altri Ugolino jr. fu fratello di Ottaviano).
Ubaldini studiò legge a Bologna; non esistono tuttavia documenti nei quali sia attestato con il titolo di magister. Suo padre conosceva molto bene il cardinale Ugolino di Ostia, il quale potrebbe aver favorito l’acquisizione da parte di Ottaviano del suo primo beneficio, il canonicato della cattedrale di Bologna. Inoltre, divenuto papa con il nome di Gregorio IX nel 1227, Ugolino chiamò subito Ottaviano presso la Curia romana e lo nominò suddiacono e cappellano papale l’11 maggio 1227. Prima del 15 marzo 1236 (forse nel 1234, secondo Vasina, 1970), fu nominato arcidiacono della stessa diocesi.
Nel giugno del 1240 il capitolo cattedrale di Bologna elesse Ottaviano come nuovo vescovo, dopo le dimissioni di Enrico de Fratta. Tuttavia, non avendo l’età canonica di trent’anni, Ubaldini dovette rinunciare alla cattedra. Il papa decise comunque di nominarlo amministratore della diocesi bolognese in temporalibus et spiritualibus, mantenendo allo stesso tempo l’ufficio di arcidiacono.
La particolare attenzione di Gregorio IX per Ubaldini non passò inosservata ai contemporanei. Salimbene de Adam (Cronica, a cura di G. Scalia, 1966) afferma che «de hoc cardinali dictum fuit, quod esset filius domini papae Gregorii Noni» (p. 557).
Il favore papale per Ottaviano non ebbe soluzione di continuità con la morte del suo mentore. Innocenzo IV promosse infatti Ubaldini cardinale diacono di S. Maria in via Lata il 28 maggio 1244, alla giovane età di trentaquattro anni; l’obiettivo del papa era di ottenere il sostegno della potente famiglia di Ottaviano, che dominava i passi strategici dell’appennino tosco-emiliano. Ubaldini sottoscrisse il suo primo privilegio papale il 27 settembre 1244 a Genova, nel corso del viaggio che lo avrebbe condotto a Lione, sede del concilio indetto da Innocenzo IV.
Nel marzo del 1247 Ubaldini fu nominato dal pontefice legato papale in Lombardia e Romagna con l’obiettivo di guidare un’offensiva militare contro Federico II. Dopo che le truppe da lui raccolte ebbero superato con molte difficoltà le Alpi, fronteggiò l’esercito imperiale nei pressi di Parma, che l’imperatore stava assediando. In tale frangente, egli mancò di decisione e rapidità nelle manovre militari e a metà dicembre del 1247 si ritirò, ignorando le richieste di aiuto dei Parmensi. Tale comportamento destò dure critiche negli ambienti romani, tanto da favorire il proliferare di voci circa le sue simpatie verso Federico II.
In realtà insieme alla sua famiglia, dopo che Federico II fu sconfitto nel suo accampamento a Vittoria (presso Parma) nel febbraio del 1248 dall’esercito parmense guidato da Gregorio di Montelongo, Ubaldini si impegnò a fondo per recuperare i beni persi dalla S. Sede nei territori di Modena e Parma, nonché per riportare dalla parte del Papato varie città romagnole. Nel 1250 operò ancora nell’Italia settentrionale, contro Ezzelino III da Romano, e a difesa di Parma e Piacenza. Nel 1251 fu bersaglio di un piano ordito da Pietro di Vico, Manfredi e Brancaleone degli Andalò che mirava a rovesciare il regime filopapale (detto del Primo popolo) che aveva da poco preso il controllo del Comune di Firenze.
Dopo la morte di Federico II (dicembre 1250), il 10 novembre 1251 Innocenzo IV – sollecitato dai sostenitori papali dell’Italia settentrionale – nominò nuovamente Ubaldini (che in precedenza, nel giugno del 1250, aveva rinunciato) come legato in Lombardia, in Romagna e nel patriarcato aquileiese. Anche in questo caso, l’obiettivo della legazione di Ottaviano era di carattere militare: eliminare i nemici del papa e favorire la pace tra le forze del Nord Italia. Ma anche in questa occasione l’esito della legazione fu fortemente condizionato dal carattere indeciso e titubante di Ubaldini. Non accorse infatti in aiuto della fortezza di Rivergaro assediata da Ezzelino III da Romano e Uberto Pallavicino, e dopo la resa dei difensori di quel castello (25 ottobre 1252) fu accusato da Innocenzo IV e sollevato dall’incarico.
Un frammento, datato al periodo di agosto-ottobre del 1252, del registro cancelleresco del cardinale fornisce maggiori informazioni sulle reali motivazioni che gli impedirono di intervenire: si tratta di alcune lettere indirizzate al papa, di pressante richiesta per un maggior sostegno finanziario. Ma Innocenzo IV negò sempre ogni aiuto, sia per mancanza di risorse sia perché forse non considerò la missione del cardinale di primaria importanza, dopo la morte dell’imperatore.
Rientrato in Curia, Ubaldini visse gli ultimi anni del pontificato di Innocenzo IV nell’ombra. L’enorme perdita di prestigio è testimoniata dalla voce – riportata sempre da Salimbene de Adam – secondo cui il pontefice aveva intenzione di destituirlo, ma la morte glielo impedì.
Il cardinale acquisì nuovamente un ruolo di rilievo in Curia sotto Alessandro IV (eletto il 12 dicembre 1254). La stima del nuovo pontefice si palesò emblematicamente nella scelta di nominarlo legato papale per il Regno di Sicilia (25-29 gennaio 1255), ovviamente con l’incarico di combattere gli Svevi. Peraltro anche in questo caso l’esito militare della missione fu disastroso.
Nell’estate del 1255, il suo esercito, colpito anche da un’epidemia, fu accerchiato dalle truppe di Manfredi in Puglia. Ubaldini fu costretto ad arrendersi, a chiedere un salvacondotto per se stesso e per i propri soldati e ad abbandonare il Regno.
Nonostante la sconfitta e le voci, diffuse in Curia, sulle sue simpatie imperiali, la reputazione di Ubaldini presso Alessandro IV rimase intatta.
Nel novembre del 1258 cercò di ottenere ampi poteri per intervenire a Firenze ed eliminare i nemici della sua famiglia, stringendo accordi con la nemica Siena e con gli alleati lombardi di Manfredi. Dopo la vittoria di Montaperti del 4 settembre del 1260, Ottaviano richiese la distruzione di Firenze. Il suo desiderio non fu soddisfatto. In ogni modo, la sconfitta del partito papale a Firenze portò una distensione dei rapporti tra gli Ubaldini e la città.
Nel 1259 fu nominato rettore di Segni e protettore dell’Ordine dei camaldolesi e, forse, dei vallombrosani. Il suo prestigio è dimostrato anche dai contatti diplomatici, che alcune importanti corti europee dell’epoca vollero allacciare con lui. Enrico III d’Inghilterra, in particolare, puntava a ottenere l’appoggio di Ubaldini per sostenere la candidatura di suo figlio Edmondo al trono di Sicilia. Nello stesso periodo è attestato anche (ma da una sola lettera, il che rende difficile precisare il tenore del rapporto fra i due) uno scambio epistolare tra il cardinale e Alfonso X di Castiglia, candidato al trono imperiale in alternativa a Riccardo di Cornovaglia, fratello di Enrico III.
Anche sotto Urbano IV (1261-64), Ubaldini sembra aver mantenuto una certa influenza in Curia. La prova risiede in alcune importanti nomine ecclesiastiche operate dal papa francese, tra cui la promozione al cardinalato di Uberto Cocconato di Asti, familiare di Ubaldini, e la nomina di Ottone Visconti, cancelliere del cardinale, come arcivescovo di Milano.
Sotto il pontefice francese, Ottaviano continuò a tutelare gli interessi della sua famiglia e a mantenere saldi rapporti con Siena, Città di Castello e Firenze.
I buoni rapporti si mantennero anche con Clemente IV (1265-68). Dopo la vittoria di Carlo d’Angiò a Benevento, il papa favorì un avvicinamento politico dell’Ubaldini con il nuovo sovrano di Sicilia. Dopo la cacciata dei filoimperiali da Firenze, Ottaviano e la sua famiglia si trovarono nuovamente in contrasto con Firenze, stretti anche dalla pressione di Carlo nei domini familiari. Alla fine intervenne Clemente IV per tutelare gli interessi del cardinale e della sua famiglia, ammonendo il sovrano dall’operare ogni eventuale azione militare ai loro danni. Infatti, il papa voleva sfruttare le reti clientelari di Ubaldini per garantire una pacificazione tra la fazione papale e i seguaci di Manfredi ancora presenti nell’Italia centrale, dopo la morte di quest’ultimo avvenuta a Benevento (26 febbraio 1266). In questo caso il cardinale riuscì nel suo intento e garantì la riconciliazione tra la Curia papale e i sostenitori dell’Impero nella regione.
Dopo la morte di Clemente IV, Ubaldini si schierò con i cardinali che ritenevano l’influenza di Carlo d’Angiò in Italia eccessiva, appoggiando l’elezione di un papa che ne limitasse il potere. Secondo gli Annales Placentini, insieme a Riccardo Annibaldi e Uberto Cocconato Ubaldini incontrò a Viterbo il marchese Guglielmo VII di Monferrato nel maggio del 1271, per favorire la discesa in Italia di Federico di Meissen detto il Coraggioso, il quale rivendicava il trono imperiale in qualità di nipote di Federico II e Isabella d’Inghilterra.
Dopo il lungo interregno (1268-71), trascorso a Viterbo, Ubaldini – ormai fra i decani del Collegio cardinalizio – fu tra i sei cardinali compromissari che elessero Gregorio X (1° settembre 1271), e anzi secondo gli Annales veronenses fu lui a proporre il nome di Tedaldo Visconti. Quel che è certo è che il nuovo papa favorì molto la famiglia Ubaldini (anche dopo la morte del cardinale) e risiedette tra il 1273 e il 1275 nei loro possessi del Mugello.
Ottaviano morì tra il 5 e il 13 marzo 1272 lungo la via che da Viterbo portava a Roma, città in cui avrebbe dovuto assistere all’incoronazione solenne del nuovo pontefice. Il suo corpo fu trasportato e tumulato nella chiesa di S. Maria a Fagna presso Scarperia, in Mugello.
Le cocenti disfatte subite da Ubaldini nel corso delle sue legazioni hanno influenzato le cronache contemporanee e la storiografia successiva, ed egli è stato giudicato senz’altro come un ‘cardinale ghibellino’. Ma la questione è molto più complessa di quanto sembri; e in una valutazione realistica della sua figura occorre tener conto in misura adeguata del fatto che nel corso della sua carriera cercò sempre di tutelare gli interessi familiari, a costo anche di scendere a compromessi con lo schieramento imperiale.
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