ABENANTE, Ottavio
Calabrese, capitano d'armi a Rossano nel 1554, accusato di eresia, nel 1568era detenuto nelle carceri napoletane della Gran Corte della Vicaria. Il 20 marzo 1568, il viceré ordinò, su richiesta del Santo Uffizio, che fosse trasferito a Roma. Ma due mesi dopo, con dispaccio del 25maggio 1568, l'A. ottenne di essere liberato, previo deposito di 1000 ducati e 100 once, con l'impegno di presentarsi alla Inquisizione romana entro quindici giorni e di rientrare a Napoli appena rimesso in libertà dal Santo Uffizio. Non si sa se l'A. andò a Roma; nel 1569comunque era in Calabria, rifugiato nel castello di Tenga. Da qui, insieme con i fratelli Lelio e Marzio, anch'essi contumaci della Vicaria, tentò con gran mano di fuorusciti" di uccidere un frate di Cirò, certo Delfino Mascambruno, che aveva testimoniato ad istanza del Santo Uffizio contro di lui, e il vescovo di Umbriatico, P. Bordoni, che perseguitava gli eretici della sua diocesi e aveva arrestato tre "discepoli di esso barone".Con dispaccio del 17 giugno 1569, il viceré ordinò alla Regia Udienza di Calabria di organizzare la cattura dei tre fratelli Abenante, per rimetterli alla Vicaria. Il risultato, però, fu nullo: il viceré infatti dovette ritornare sull'argomento con un altro dispaccio in data 31 ag. 1569,non si sa se con lo stesso risultato.
Bibl.: L. De Rosis, Cenno storico della città di Rossano e delle sue nobili famiglie, Napoli 1838, pp. 308-309; L. Amabile, Il Santo Officio della Inquisizione in Napoli, I, Città di Castello 1892, pp. 298, 299 s., 301; A. Gradilone, Storia di Rossano, Roma 1926, pp. 436-437.