ASINARI, Ottavio
Nacque ad Asti nell'agosto del 1594 da Ottavio, signore di Casasco. Ordinato sacerdote ed entrato a far parte della Congregazione dei chierici regolari di S. Paolo (Bamabiti), rivelò presto notevoli qualità oratorie tanto da assurgere ad una certa celebrità nel suo tempo e da essere chiamato a predicare dai più importanti pulpiti d'Itaba. Di lui si ricordano soprattutto un'Oratione funebre per la morte di Filiberto di Savoia, generalissimo del mare, recitata nel 1626 a Napoli nell'Accademia degli Infuriati (ivi edita nello stesso anno), e alcuni panegirici in onore dei principi di casa Savoia. Fu per vari anni insegnante e poi preposto del collegio dei bamabiti di S. Dalmazzo, presso Torino, finché il 20 nov. 1634, su proposta di Vittorio Amedeo I, fu eletto vescovo di Ivrea da Urbano VIII.
Egli trovò la diocesi in uno stato di estrema decadenza morale e spirituale, stato caratteristico in quegli anni dell'intero Piemonte che attraversava uno dei periodi più critici della sua storia: la fallimentare e avventurosa politica di Carlo Emanuele 1 e la conseguente forzata soggezione alla Francia avevano generato un cumulo di odi, di rancori e di divisioni faziose; le guerre recenti avevano devastato il territorio; lo stesso clero era più o meno disperso e la disciplina ecclesiastica quasi inesistente. L'ordine e la sicurezza erano ancora così precari che l'A. non riuscì a condurre a termine la sua prima visita pastorale. Convocò allora, nell'aprile 1636, un sinodo diocesano che prese una serie di misure atte a prevenire gli abusi e a riorganizzare la diocesi specie riguardo alla disciplina e alla istruzione del clero. Tutta la sua attività episcopale fu spesa in quest'opera di restaurazione religiosa per la quale furono anche istituite le Conferenze diocesane periodiche. Nel 1646 l'A. convocò un secondo sinodo, del quale ci rimangono gli atti a stampa (1651; nella ristampa del 1721 sono aggiunte varie lettere pastorali dell'A.). Non trascurò di alleviare con opere di carità, con aiuti e sovvenzioni di vario genere la grande miseria che affliggeva il paese. Svolse al tempo stesso un'attività fervida e meritoria per porre fine alle rivalità e alle lotte che opponevano all'interno stesso defia sua diocesi famiOe e gruppi e che s'erano ravvivate allorché la ribellione dei principe Tommaso di Carignano e del cardinale Maurizio contro la supina acquiescenza ai voleri francesi della reggente Maria Cristina aveva provocato una vera e propria guerra civile.
Morì a Ivrea il 20 ott. 1656.
Bibl.: F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, IV,Venetiis 1719, col. 1078; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia, XIV,Venezia 1858, p. 195; G. Sarogha, Memorie stor. della Chiesa d'Ivrea, Ivrea 1881, pp. 92 s.; A. Manno, Il Patriziato subalpino, II, Firenze 1906, p. 94; G. Boffito, Scrittori barnabiti, I, Firenze 1933, pp. 53 s.; P. Gauchat, Hierarchia catholica..., IV,Monasterii 1935, p. 211.