ASSAROTTI, Ottavio
Nato a Genova il 25 ott. 1753 da Giuseppe e Teresa Sappia, entrò nell'ordine delle Scuole pie nel 1771. Fatta la professione solenne nel 1772, insegnò fino al 1774 nella casa dell'Ordine a Voghera. Dal 1774 al 1775 iniziò probabilmente gli studi teologici ad Albenga, e li continuò dal 1775 al 1777 a Genova sotto la direzione del p. Vincenzo M. Ageno e del p. Giacomone. Dal 1777 insegnò grammatica superiore nella casa professa di Genova, fino al 1792, anno in cui divenne insegnante di fisica ad Albenga. Nel 1783 e 1784 insegnò logica a Savona, e dal 1784 al 1789 logica e fisica a Genova. Nel 1789-90 insegnò teologia a Savona e poi, fino al 1802, e ancora nel 1804, a Genova. All'insegnamento di filosofia e di teologia dell'A. si formarono esponenti del movimento giansenista quali E. Degola, M. Buccelli, L. Capurro, V. Carosio, P. Casella e molti altri.
Dal 1804 l'A., però, fini per abbandonare l'insegnamento di quelle discipline per dedicarsi quasi totalmente all'opera di rieducazione dei sordomuti, il suo maggior titolo di rilievo storico.
Nel secolo XVIII in Francia l'abate Ch. de l'Epée era stato il primo a richiamare l'attenzione sulla gravità del problema della rieducazione dei sordomuti e aveva posto a base del suo metodo di insegnamento la mimica: interessato a questi esperimenti, che, morto nel 1789 il De l'Epée, erano stati continuati dall'abate R. Sicard, fin dal maggio 1801 l'A. aveva iniziato privatamente la rieducazione di alcuni ragazzi. Incoraggiato dal successo ottenuto, volle allargare il numero dei suoi allievi, ciò che gli fu possibile fare nel 1805, quando ottenne da Napoleone un finanziamento, la garanzia di alcune borse di studio per sordomuti indigenti, oltre che l'autorizzazione a installarsi in un locale appartenente a corporazioni religiose soppresse, ma solo nel 1811 l'A. poté porre la sede del suo Istituto dei sordomuti in un ex convento delle monache brigidine. Finito il dominio napoleonico, l'Istituto attraversò un periodo di crisi, fino a che non prese a cuore le sue sorti, dopo l'annessione della Liguria al Regno di Sardegna, il re Vittorio Emanuele I, per l'aiuto del quale esso conobbe un notevole ampliamento. Ben presto la sua fama si estese all'Italia e anche all'estero: numerosi illustri personaggi, da E. Mayer a Cuvier e alla signora di Staël, lo visitarono; esso fu preso a modello da molti altri analoghi istituti fondati nei primi decenni del secolo a Torino, Milano, Livomo, Roma, Napoli, ecc. Lo stesso F. Aporti, che lo visitò nell'anno 1828, ne utilizzò le esperienze per i suoi asili infantili. All'abdicazione del re Vittorio Emanuele I, l'istituzione fu presa sotto la protezione del nuovo re Carlo Felice.
Il metodo dell'A., mimico ed essenzialmente pratico ed empirico, utilizzava l'alfabeto dattilogico, la scrittura e i gesti, e si proponeva d'insegnare ai sordomuti, oltre che a leggere e a scrivere, cognizioni diverse riguardanti le varie lingue e i vari campi dello scibile. Il limite di questo metodo era forse quello di dare soverchia importanza al numero delle cognizioni da impartire, col rischio di fornire un'eccessiva e inutile erudizione agli allievi. Nel 1821 l'A. aveva concepito il progetto, che non poté però aver seguito, di estendere l'istruzione a tutti i sordomuti dello Stato sardo.
Egli eseguì la sua missione di educatore nonostante le numerose difficoltà economiche e l'ostilità dei gesuiti e del clero retrivo, con una fede portorealistica. Allievo di Molinelli., legato all'ala più religiosa e mistica del giansenismo ligure, quella di Vignoli, di E. Degola, al quale fu molto vicino, non prese parte alla lotta politica in cui altri suoi amici giansenisti s'impegnarono. Neppure partecipò molto alle dispute teologiche: in questo campo pubblicò, in collaborazione con il Molinelli, De homine ante et post lapsum et de Ecclesia militante in terris. Propositiones theologicae publice propugnandae...(Genuae 1796), mentre non ottennero l'imprimatur ecclesiastico lo stesso anno alcune sue tesi intitolate De fructibus divinae Incarnationis,accusate di giansenismo, baianismo e quesnellismo. Probabilmente nel 1825 gli fu ancora negato, a Genova e a Torino, il permesso di stampare cinquantadue profezie della Bibbia sulla conversione degli ebrei.
Tutta la fede e le energie dell'A. si riversarono così nella rieducazione dei sordomuti, attività in cui fu coadiuvato dagli amici E. Degola, che dell'Istituto fu il cappellano, L.A. De Scalzi, F.M. Carrega, L. Boselli, che alla morte gli successe alla direzione dell'Istituto. Ai sordomuti l'A. dedicò pure numerosissimi scritti, fra cui si possono ricordare: Esercizi di pietà ad uso de' Sordo-muti istruiti e di chiunque altro desideri praticarli (Genova 1814) e, postumi, Ristretto delle dottrine cristiane ad uso de' Sordo-muti istruiti nel R. Istituto di Genova (Genova 1840) e Punti di religione ad uso de' Sordo-muti istruiti nel R. Istituto di Genova (Genova s. d., ma posteriore al 1840). Nel 1813 l'A. fu anche chiamato a insegnare all'Istituto nazionale di Genova (nel periodo napoleonico denominato Accademia imperiale), istituto di studi superiori fondato nel 1798 e soppresso dalla Restaurazione.
Morì a Genova il 24 genn. 1829.
Fonti e Bibl.: Storia della Università di Genova, di L. Isnardi, continuata da E. Celesia, II, Genova 1867, pp. 238-245; E. Mayer, Frammenti di un viaggio Pedagogico,Firenze 1867, pp. 512-520; S. Monaci, Storia del R. istituto nazionale dei sordomuti in Genova,Genova 1901, pp. 17-88 e passim (con bibl.); F. Donaver, Il padre A.,in La Rass. naz.,XXIII(1901), pp. 79-87; E. Codignola, Pedagogisti ed educatori,Milano 1939, p. 39; L. Picanyol, Il primo apostolo dei sordomuti in Italia, il padre O. A..., in Rass. di storia e bibl. scolopica, 1941, pp. 3-24; E. Codignola, Carteggi di giansenisti liguri,I,Firenze 1941, pp. CCXLVIII-CCLI e passim;II,ibid. 1941, passim;III,ibid. 1942, pp. 47-94 (carteggio dell'A.) e passim;Id., Illuministi, giansenisti e giacobini nell'Italia del Settecento, Firenze 1947, pp. 312, 344 n., 348.