BOLOGNESI, Ottavio
Nacque a Correggio nel 1580 da antica famiglia del luogo. Nulla si sa della sua giovinezza e dei suoi studi. Divenne, si ignora in quale anno, segretario della comunità di Correggio. Quando a Siro, figlio legittimato di Camillo conte di Correggio, morto nel 1605, fu contestata la capacità di succedere al padre nel feudo che la Camera imperiale, con sentenza del 16 ott. 1612, dichiarò devoluto a sé, il B. fu mandato a Vienna da Siro, che evidentemente aveva avuto modo di apprezzame le capacità, a cercare di ottenergli l'investitura. Negli anni 1612-15 il B. seguì la corte imperiale a Praga, Ratisbona, Linz, Wels poi di nuovo a Vienna e a Praga e riuscì abilmente, valendosi soprattutto dell'appoggio dell' ambasciatore spagnolo Baldassarre Zuñiga, non solo a ottenere per Siro, nel 1615, l'investitura del feudo, ma anche, poco dopo, il titolo di principe del Sacro Romano Impero. Nel 1614 il B. era stato autorizzato da Siro a trattare presso la corte imperiale anche gli affari del principe della Mirandola, Alessandro Pico, per il quale ottenne l'erezione del feudo in ducato (1617) e l'investitura ducale. Compiuta la sua missione, il B. tornò in Italia per breve tempo; ma alla fine del 1617 era di nuovo a Vienna per patrocinare gli interessi di Siro in una causa che da tempo costui aveva col conte D'Arco. Negli ultimi mesi del 1618 e nei primi del 1619 il B. fu a Roma per stornare un grave pericolo che minacciava il suo signore. Siro infatti, per aver fatto bastonare un frate domenicano, che aveva senza suo permesso tolti a forza dalle prigioni di Correggio e tradotti a Reggio due accusati d'eresia (17 ott. 1617), era stato citato davanti all'Inquisizione e aveva dovuto costituirsi nelle carceri di Milano. Il B. accompagnò a Roma la madre di lui, Francesca Mellini, che si recava a implorare papa Paolo V, e riuscì a fare in modo che il principe fosse liberato. Fu di nuovo a Vienna come agente di Siro dal 1620; al tempo stesso riceveva incarichi, consenziente il principe, anche dal duca di Modena.
Nel 1623 la Camera imperiale iniziò un processo contro Siro, accusato d'aver adulterato, nella sua zecca di Correggio, monete imperiali. Si sarebbe potuta risolver la questione mediante il pagamento di una grossa somma, che però Siro, dichiarandosi innocente, non volle o non poté sborsare. Il processo si trascinò tra sospensioni e rinvii per parecchi anni e fu ripreso energicamente solo nel 1629, quando erano scese in Italia, per la guerra di successione di Mantova e Monferrato, le truppe imperiali di Rombaldo di Collalto. Si intimò a Siro di recarsi a Vienna, oppure di costituirsi in una località designata, che il B., valendosi delle cospicue relazioni contratte nella corte imperiale, ottenne fosse vicina a Correggio: Guastalla (il cui duca Ferrante II era commissario imperiale) o Novellara o Sabbioneta. Ma Siro, nominata reggente la moglie, Anna Pelloni, si rifugiò nel convento dei cappuccini di S. Martino dei Roberti e le soldatesche imperiali, che da tempo erano in Correggio, occuparono il suo palazzo. Durante tutta la vicenda, sino a quando nel 1633 il Consiglio aulico dichiarò Siro decaduto se non avesse sborsato 300.000 fiorini, ridotti poi a 230.000, il B. agì presso la corte imperiale sempre di concerto col duca di Modena; questi tendeva ad appoggiare Siro per impedire che in Correggio si insediasse, incuneandosi nel ducato estense, qualche potentato, e a cercare d'altra parte, se non fosse stato possibile salvare Siro, di ottenere per sé l'investitura del principato. Intorno a questo si venne formando un complesso gioco d'interessi e di aspirazioni da parte del duca Ferrante di Guastalla, del conte Rombaldo di Collalto, dell'arciduca Leopoldo d'Austria, del duca di Parma e anche, pare, di papa Urbano VIII.
In questo complicato gioco il B. seppe destreggiarsi con grande abilità e, quando la causa di Siro apparve ormai perduta, entrò al servizio diretto del duca Francesco I di Modena, quale suo residente in Vienna. Le amicizie che il B. aveva contratto coi più importanti personaggi della corte imperiale, la benevolenza che ebbero per lui successivamente i tre imperatori Mattia, Ferdinando II (che lo nominò nel 1633 nobile del Sacro Romano Impero) e Ferdinando III fecero sì che parecchi Stati italiani gli affidassero incarichi che egli, col consenso del suo sovrano, condusse generalmente a buon fine.
Più volte fu adoperato dal duca Vittorio Amedeo I di Savoia. Si occupò infatti, assecondando l'opera dell'inviato piemontese a Vienna, marchese di Clavesana) della vertenza (strascico della congiura del Vachero) che il duca aveva con la Repubblica di Genova. Il B. si prodigò perché il cardinale Fernando, infante di Spagna, governatore di Milano, nominato arbitro della vertenza, desse una sentenza sollecita e il più possibile favorevole al duca. Similmente cercò di favorire copertamente, mentre apertamente conduceva l'affare il Clavesana, l'azione del duca per il possesso di Roccaverano, Olmo ed altre terre, occupate dagli Spagnoli. Sempre per conto del duca Vittorio Amedeo il B. condusse anche segreti sondaggi diplomatici per ottenere al cardinale Maurizio di Savoia, che già aveva la protezione della Francia, anche quella dell'Impero. Fu altresì il B. a presentare all'imperatore le congratulazioni del duca di Savoia per la vittoria di Nardlingen. Nel 1638 il cardinale Maurizio tentò, per mezzo del B., di ottenere dall'imperatore di partecipare alla reggenza del ducato durante la minorità di Francesco Giacinto, reggenza che era stata assunta dalla madre, Cristina di Francia. La cosa non ebbe seguito per la morte del fanciullo. Incarichi ebbe il B. anche dalla Repubblica di Genova (che per mezzo di lui ottenne per i suoi ambasciatori il rango di ambasciatori regi), dal duca di Parma, da quello della Mirandola, dai principi di Novellara e di Sabbioneta.
Naturalmente il B. curò soprattutto gli interessi del suo duca. In particolare ricorderemo le pratiche da lui condotte per ottenere il consenso imperiale alla costruzione della cittadella di Modena e che al principe Borso d'Este, zio del duca, fosse dato un comando nell'esercito imperiale. Nel 1639 sollecitò l'intervento imperiale per l'elezione al cardinalato del principe Rinaldo d'Este, nomina alla quale il papa non era favorevole e che i cardinali Barberini cercarono inutilmente di far revocare. Nel 1641-42 si adoperò per la liberazione di Raimondo Montecuccoli, fatto prigioniero a Melnik, e per ottenere dall'imperatore che il medesimo Montecuccoli e alcune truppe fossero messe a disposizione del duca di Modena per la guerra di Castro. Tutte cose che il B. riuscì a conseguire, dimostrando nelle trattative grande abilità, così come dimostrò sempre notevole acume negli "avvisi", che mandava al duca informandolo della situazione internazionale. Inoltre egli ebbe poi sempre ad occuparsi della questione di Correggio, di cui il duca aveva avuto investitura nel 1635, contrastando le pretese di Siro e di suo figlio Maurizio.
Il B. restò presso la corte imperiale sino alla metà del 1645. Poi rientrò in Italia e il duca lo nominò consigliere intimo di gabinetto. Ritiratosi in Correggio, vi morì - e fu sospettato un veneficio per mandato del duca - il 18 apr. 1646.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena, Particolari,ad vocem; Ibid., Ambasciatori,Germania, pp. 88-93; Ibid., Controversie diStato,Correggio, pp. 61, 70; Correggio, Bibl. Com., Arch. dimem. patrie, cart. 36, 40-42. Lettere ed estratti di lettere del B. o al B. sono pubblicati in F. L. Polidori, Appunti per servire allavita di R. Montecuccoli, in Arch. stor. ital., App., V, Firenze 1847, pp. 115-143; G. Campori, Ragguagli contemporanei... della morte di A. Waldstein,ibid., s. 2, III (1856), pp. 79-103; Lett.ined. di principi e principesse della Casa di Savoia, a cura di G. Campori, Modena 1879, pp. 30-40; F. Manzotti, La politicaestera di Vittorio Amedeo I di Savoia, in Quaderni di "Nova Historia", XVIII, Verona s. d., passim; Id., La fine del principatodi Correggio, in Atti e mem. della deputaz. di storia patria per leantiche prov. modenesi, s. 8, V (1954), pp. 43-59.