CASSARO, Ottavio Gaetani e Lanza principe di
Secondogenito del principe Pietro e di Aloisia Lanza e Reggio, nacque a Palermo nell'anno 1717. Il 9 gennaio del 1746 egli prese possesso dell'ufficio di coadiuvatore del superiore della Compagnia della carità. Il 25 novembre 1753 sposò la quattordicenne figlia del duca Matteo Lucchese, Maria Cristina, che gli portò una dote di circa 20.000 scudi.
Nel settembre 1771, mentre a Palermo divampava la rivolta contro il viceré G. Fogliani, il C. saliva improvvisamente alla ribalta della vita cittadina. Cesare, suo fratello e pretore di Palermo, ammalatosi improvvisamente e gravemente, appariva ormai prossimo a morire e il 18 settembre il viceré designava il C. a succedergli in caso di morte.
Data la gravità del momento, il viceré operava in contrasto con la legge stessa che voleva che la nomina del pretore divenisse esecutiva solo dopo l'approvazione. regia, ma egli era spinto al provvedimento sia dalla volontà di evitare un vuoto di potere in un momento tanto delicato, sia dalla convinzione che la popolarità della famiglia Cassaro avrebbe reso bene accetto al popolo il nuovo pretore, già noto come marchese di Sortino da uno dei titoli e feudi che appartenevano alla famiglia.
Il C., assunta la carica il 21 settembre, poche ore dopo la morte del fratello, affrontava subito di persona con pochi animosi un numeroso gruppo di popolani tumultuanti che assalivano l'armeria del Senato, cercando invano di farli desistere dal loro proposito.
Partito il Fogliani da Palermo, il C. si prodigò ancora, insieme con l'arcivescovo di Palermo mons. Filangieri, per placare gli animi accesi dei popolani. Nello stesso tempo faceva affluire in città, da Termini e da altri centri viciniori, farina e frumento per ricostituire le scorte della città e dissipare ogni timore di carestia. Frattanto, perché il tumulto palermitano restasse circoscritto, inviava corrieri dei Senato nei principali centri dell'isola per annunciare che la calma era tornata nella capitale.
Il 23 settembre il C. otteneva dai capi delle maestranze che i loro uomini abbandonassero le mura e i bastionì della città e che venissero riportati nelle fortezze i cannoni sottrattivi all'inizio della rivolta e piazzati davanti alle porte cittadine e in qualche punto strategico all'interno della città stessa. Queste iniziative del C. e l'ascendente che egli riusciva a esercitare sui capi delle maestranze contribuirono a riportare la città in condizioni di relativo ordine. L'8 ottobre un dispaccio reale approvava i provvedimenti da lui presi e i sentimenti benevoli del sovrano venivano confermati da una nota del Tanucci.
La città sembrava avviarsi ormai alla normalità completa quando il 15 ottobre si spargeva improvvisamente la voce di una nuova sollevazione popolare imminente. Il C. chiamava subito i capi delle corporazioni e dava loro ordine di occupare con i loro uomini i forti e i bastioni della città per prevenire ogni mossa di malintenzionati. Con questa iniziativa, che responsabilizzava le corporazioni, toglieva "braccia alla rivoluzione" e questo anche perché i capi delle corporazioni stesse esercitavano sui loro aderenti un notevole ascendente. Nello stesso tempo il pretore dava ordine ai nobili che avevano lasciato la città di rientrarvi: questo sia per poter sfruttare la loro influenza sul popolo onde riportarlo alla calma, sia per dare palese segno del fatto che la vita in Palermo era tornata alla normalità.
Altro motivo d'apprensione si rivelò, alla fine di ottobre, un certo malumore manifestatosi tra le maestranze per il permanere in città delle truppe napoletane inviate dal sovrano per sedare la rivolta. Ma il C. ottenne dai capi delle corporazioni l'impegno di calmare questi malumori sicché continuasse a regnare in città la calma ristabilita. Di ciò il Tanucci in una sua nota del 29 ottobre dava merito al C., che aveva saputo agire con accortezza e rapidità, e al Senato, che aveva pienamente e prontamente collaborato con lui.
Il ritorno della vita cittadina al ritmo normale non diminuiva la vigilanza del C., il quale temeva sempre che il fuoco continuasse a covare sotto la cenere. Questa accortezza gli consentì di venire a conoscenza - a fine dicembre - che il parroco di S. Nicolò la Kalsa aveva preso l'iniziativa di far firmare dai parrocchiani del suo quartiere una petizione al re perché facesse ritornare a Palermo il vicerè. Dietro questa iniziativa il C. individuava i maneggi di un gruppo di nobili e faccendieri legati da interessi concreti al Fogliani, e poiché essa, se risaputa, avrebbe potuto rinfocolare lo spirito antifoglianesco, che aveva animato la rivolta del settembre, riportando la città nel caos, il C. chiamò a sé i capi delle maestranze della Kalsa e li persuase dell'inopportunità d'una iniziativa del genere. Nello stesso tempo ordinava che il parroco fosse allontanato dalla capitale in temporaneo esilio.
La salute malferma però non consentì al C. di resistere a lungo alla tensione, al logorio e anche alla fatica materiale cui lo sottoponeva incessantemente la situazione della città che reggeva e così "ridotto nel più deplorabile stato di salute - come scrive il Di Blasi - finì i s uoi giorni, all'età di soli cinquantasette anni", la sera del 5 febbr. 1774.
Il C. morì prima di poter ricevere l'investitura dei titoli e dei feudi lasciatigli dal fratello Cesare, morto senza figli; anche lui era privo di discendenza e pertanto per la successione si aprì una causa davanti al tribunale della Regia Gran Corte civile. Aspiravano alla successione i Gaetani di Lentini e gli Statella marchesi di Spaccaforno, nipoti di Maddalena Gaetani e Bologna, sorella di Pietro padre di Ottavio. Il tribunale, dopo un lungo esame della situazione genealogica, assegnò la terra e il titolo di marchese di Sortino ai Gaetani, mentre il titolo principesco di Cassaro e i feudi e le terre ad esso legati vennero attribuiti ad Antonio Statella.
Fonti e Bibl.: F. M. Emanuele e Gaetani di Villabianca, Diario palermitano, in G. Di Marzo Bibliateca stor. e letter. di Sicilia, XVII, Palermo 1874, pp. 14, 268; XX, ibid. 1875, p. 300; XXI, ibid. 1875, pp. 14-26, 32 s., 51 ss., 65, 123, 132 s., 154, 177; Id., Append. alla Sicilia nobile, I, Palermo 1775, pp. 128-31; II, ibid. 1897, pp. 47 s.; G. E. Di Blasi, Storia cronol. dei viceré, luogot. e presidenti del Regno di Sicilia, Palermo 1842, pp. 632, 642, 648; F. San Martino de Spucches, La storia dei feudi e dei titoli nobil. di Sicilia, II, Palermo 1924, p. 324.