FRANGIPANI, Ottavio Mirto
Nacque a Napoli da Silvio Mirto e Laura della Gatta l'11 apr. 1544. L'avvio promettente dello zio Fabio Mirto nella carriera ecclesiastica, già vescovo di Caiazzo e ben presto inserito nel funzionariato di spicco dello Stato pontificio, fu determinante per indirizzare il F. nella stessa direzione. Appena ebbe ricevuto i rudimenti necessari per padroneggiare la grammatica e la sintassi latina venne inviato nell'università di Napoli dove si laureò in utroque iure sotto la guida di G. Fabri. Nel 1565 divenne abate di S. Benedetto di Capua, per essere chiamato di lì a poco a Roma, dove ottenne in due momenti successivi, grazie a Pio V e Gregorio XIII, il titolo di referendario utriusque Signaturae. Guidato dallo zio Fabio Mirto, il F. venne introdotto nelle grazie dei cardinali Carafa, Farnese e soprattutto di Giulio Santorio, il cardinale di Santa Severina. Quest'ultimo lo aveva ordinato sacerdote e il 9 nov. 1572, a seguito della rinuncia dello stesso zio, lo consacrò vescovo di Caiazzo perpetuando così un'occupazione familiare della diocesi pressoché ininterrotta sin dal 1472. Alla sede vescovile dedicò una minuziosa visita in sintonia con lo spirito e le disposizioni conciliari, e vi convocò un sinodo per affrontarne la riorganizzazione. Agente e uomo di fiducia a Roma di Fabio Mirto, all'epoca impegnato in missione diplomatica in Francia, lo sostituì tra il 1575 e il 1576 nel governo delle Marche e di Bologna. Tuttavia, il primo incarico di rilievo gli venne affidato nel giugno 1587 con il conferimento della nunziatura di Colonia, a conferma della continuità del servizio diplomatico a cui erano stati destinati, nella mente di Sisto V, i membri ecclesiastici della sua famiglia.
Dopo un penoso e pericoloso viaggio, con il rischio di cadere nelle mani dei soldati riformati dell'elettore del Palatinato Giovanni Casimiro, il F. giunse a Colonia il 25 agosto e si trovò immediatamente a ereditare i difficili problemi politici e religiosi che avevano turbato il suo predecessore G.F. Bonomi. Innanzitutto, la questione della clamorosa apostasia dell'arcivescovo di Colonia, G. Truchsess, che aveva provocato una rivolta armata di vaste proporzioni e un tracollo della fazione cattolica, a cui soltanto l'elezione di Ernesto di Baviera come sostituto legittimo, e soprattutto le armi vittoriose di Alessandro Farnese, duca di Parma, a Neuss (luglio 1586), avevano posto un qualche riparo. Concentrato inizialmente sugli avvenimenti militari, in una nunziatura complessa e a ridosso di molte aree riformate, che si estendeva vastissima nel Ducato di Jülich-Clèves e in più province e diocesi (Colonia, Magonza, Treviri, Liegi, Basilea, Strasburgo, Osnabrück, Paderborn, Lussemburgo), il F. segnalò il 23 dic. 1587 la perdita di Bonn, rioccupata dai partigiani di Truchsess. A seguito di questo preoccupante avvenimento inaugurò una fitta corrispondenza con il Farnese che incontrò personalmente nel giugno, sollecitando da parte della Santa Sede una decisa pressione anche su Filippo II per un intervento militare, che avvenne soltanto nel settembre 1588 con la riconquista della città da parte delle armate cattoliche del duca di Parma. Furono i problemi legati all'organizzazione ecclesiastica e all'ortodossia dogmatica e disciplinare quelli a cui il F. dedicò la maggior parte delle sue energie. Dal giugno al dicembre 1588 egli si addossò il carico di un'opera di ricognizione e ricostruzione spirituale del territorio, specie fiammingo, che gli era stato affidato con una rimarchevole ampiezza di poteri. Nel luglio appianò una diatriba sulla grazia che stava pericolosamente dividendo i teologi gesuiti dalla facoltà di Lovanio: proprio in questa sede scrisse nel novembre un memoriale sulla situazione delle chiese cattoliche nei Paesi Bassi indicando la necessità, oltreché di continuare la guerra contro i riformati, anche di mantenere le popolazioni dei territori riconquistati "nel pristino culto della fede cattolica" con un sostegno finanziario e un recupero delle rendite necessarie al clero, e di istituire collegi e seminari gesuiti.
Sul piano strettamente diplomatico l'azione del F. non fu efficace come quella svolta sul piano pastorale e disciplinare. A esempio, in occasione della morte di Guglielmo IV, quando il legittimo successore Giovanni Guglielmo di Jülich-Clèves si trovò subornato dalla moglie Jacqueline, che appoggiava manifestatamente la causa protestante, e nel frangente della nomina di Ferdinando di Baviera in qualità di coadiutore dell'arcivescovo Ernesto, le informazioni e il comportamento del F. vennero giudicati assai carenti, soprattutto dopo la morte di A. Farnese, tanto da far decidere a Clemente VIII l'invio di un nunzio straordinario, C. Garzadoro, vescovo di Ossero. In particolare si rimproverava al F. di essere incapace di reagire alla pessima fama e ai sospetti che circondavano Ernesto di Baviera, inviso all'opinione pubblica soprattutto per una "lunga consuetudine di vita mal regolata" piena di "scandali" e "mormorationi", di "incontinenza confessata da lui medesimo". L'arrivo di Garzadoro diede principio a una penosa coesistenza e a un'antipatia personale profonda che raggiunse una conflittualità acuta e mortificante per il F. allorché si vide temporaneamente negare la pubblicazione, a lui particolarmente cara, di un Directorium ecclesiasticae disciplinae Coloniensi (Colonia 1597), opera pastorale destinata alla riforma di un clero di frontiera.
La possibilità di ricevere informazioni e avere una visione globale dei problemi della vasta area su cui estendeva la sua competenza, convinsero il F. della necessità di istituire una nunziatura nelle Fiandre, con sede a Bruxelles, questione su cui non ebbe molto ascolto sino a quando la nomina dell'arciduca Alberto d'Austria a governatore delle Fiandre spagnole e il suo ingresso trionfale in Bruxelles (11 febbr. 1596) non stimolarono l'interesse della Santa Sede per l'apertura della nuova sede diplomatica in un luogo a ragione considerato, una volta portato in dote dall'infanta Isabella, strategico per i rapporti con la Francia e per contrastare la minacciosa presenza di Maurizio di Nassau. La consuetudine con le problematiche della zona fu decisiva per la nomina del F. a primo nunzio di Fiandra il 22 luglio 1596. Ed egli, che con insistenza aveva chiesto di rientrare per stabilirsi nella diocesi di Tricarico, ottenuta il 9 marzo 1592, rimase annichilito dal nuovo incarico: senza fondi e rendite adeguate, "carico d'anni" e "oppresso da molti fastidi e travagli", "angoscioso" sulla ristrettezza dei suoi mezzi e nella speranza di divenire almeno "libero dalla molestia de' mercanti creditori" (L. van der Essen, I, 171), si mise in viaggio assai controvoglia, per raggiungere Bruxelles il 14 settembre dello stesso anno e risiedervi per un decennio.
L'invio del F. rientrava a pieno titolo in una vasta manovra politico-diplomatica di Clemente VIII tesa a favorire un riavvicinamento franco-spagnolo che, sotto la mediazione pontificia, ponesse fine alle guerre fratricide in Francia e ricavasse il massimo profitto dalla incoraggiante conversione di Enrico IV al cattolicesimo. Pur lamentandosi subito dello scarso coordinamento e dell'assenza di indicazioni precise, il F. cercò di assolvere il compito di alimentare la buona predisposizione dell'arciduca a una pacificazione. Nella sua azione fu a più riprese costretto a confrontarsi con la velenosa opposizione degli esuli francesi ligueurs che, non rassegnati alla sconfitta, ritenevano il nuovo re "cattolico finto et simulato" (L. van der Essen, 1924, p. 62), pronto a riprendere una politica filougonotta non appena avesse concluso l'accordo con Filippo II. Nel febbraio 1597, in un clima pesantissimo per la fame, la guerra, la peste e la pubblicazione della ennesima bancarotta spagnola, si vide costretto a intervenire presso l'arciduca per rintuzzare una campagna denigratoria della pace. Nella fase preliminare che portò alla conclusione della storica pace di Vervins (7 giugno 1598), che rappresentò un indubbio successo della diplomazia pontificia, il F. mantenne in realtà una posizione defilata, sovrastato dalle iniziative di ben altro spessore portate avanti dal cardinal legato Alessandro de' Medici a Parigi. Un ruolo secondario che diventò una mortificante emarginazione, cui era sotteso un giudizio negativo sulle capacità del F., allorché giunse il 29 apr. 1597 nei Paesi Bassi spagnoli B. Secusio, generale dei minori osservanti, con la missione segreta di curare in prima persona i contatti tra la corte francese e l'arciduca Alberto per individuare i problemi che erano di ostacolo alla trattativa di pace, scavalcando così palesemente la nunziatura. Le stesse difficoltà congenite ad assolvere mansioni politico-diplomatiche, appena mascherate da una saggezza banale e scontata, furono ravvisabili nel 1599, quando il F. riuscì con estrema fatica a contenere i gravi dissidi insorti, nella breve assenza dell'arciduca Alberto, recatosi in Spagna per sposarsi, tra il cugino cardinal Andrea d'Austria e il comandante dell'esercito ispanico di stanza nelle Fiandre, don Francisco Hurtado de Mendoza, almirante d'Aragon. E ancora, la sua inadeguatezza fu manifesta in relazione ai progetti sulla successione al trono di Elisabetta Tudor, quando nel 1600 il F. si fece maldestramente interprete delle fantasiose aspettative dei cattolici inglesi esiliati presso la Santa Sede.
Nella sua corrispondenza con Roma, sollecitato da ambienti gesuiti, il F. arrivò a caldeggiare l'idea di proporre la candidatura di un principe cattolico al trono e di prefigurare addirittura un'invasione militare dell'isola per ridare vigore al cattolicesimo inglese. L'inequivocabile e sprezzante scetticismo del cardinal nipote, unitamente all'insediamento di Giacomo I, ricondussero ben presto il F. a più miti consigli, a comportamenti più prudenti e a un crescente disinteresse verso la litigiosità degli esuli inglesi.
Assai più dinamica e motivata fu la sua azione pastorale nelle questioni ecclesiastiche: qui con uno stile di scuola borromaica sintetizzò indubbie qualità organizzative con una mentalità giurisdizionalista, nello sforzo di trovare un giusto equilibrio, tra la difesa della religione cattolica in un'area di frontiera, il sostegno delle libertà ecclesiastiche sottoposte quotidianamente agli attacchi delle autorità secolari periferiche dai sentimenti autonomistici molto spiccati e l'unità d'intenti tra la Santa Sede e gli arciduchi d'Austria, a cui puntualmente faceva appello quando si aprivano vertenze particolarmente confuse e spinose dal punto di vista giuridico. Fece numerose visite, perlustrando le realtà ecclesiastiche più diverse, lamentò più volte la scarsezza di preti, convocò sinodi provinciali, permise di fatto una certa apertura nei confronti del mondo riformato ben interpretando una diffusa esigenza di convivenza e tolleranza confessionale in popolazioni estenuate dalla guerra e dai massacri, cercò di limitare le pretese arciducali sulla nomina dei vescovi, sulle assegnazioni dei benefici e vigilò sulle importanti prerogative dell'università di Lovanio. Si recò ad Anversa, ad Arras, a Liegi, a Namur, a Tournai, a Cambrai, a Calais, a Lilla, a Dunkerque, a Gravelines dando un carattere metodico e itinerante alla neonata nunziatura, che nel tempo riuscì a farsi riconoscibile e salda. Il F. favorì una generalizzata ripresa del cattolicesimo nederlandese, in un clima di pacificazione e di dialogo tra le province dei Paesi Bassi.
Nonostante avesse ripetutamente richiesto sin dalla primavera del 1604 di essere sollevato dall'incarico, nominato nel frattempo vescovo di Taranto (20 giugno 1605), dopo aver tentato invano di ottenere la diocesi di Salerno, il F. riuscì a tornare in Italia soltanto alla fine del 1606. Nella sua diocesi poté continuare a esplicitare al meglio la sua vocazione di pastore di anime piuttosto che di accorto politico. Dopo aver compiuto una visita accurata, convocato un sinodo, aggiornato le costituzioni ecclesiastiche, portato a termine lavori di abbellimento del palazzo episcopale, morì il 24 luglio 1612 a Taranto e le sue spoglie vennero tumulate nella basilica di S. Cataldo.
Fonti e Bibl.: Per ciò che concerne l'ormai esauriente pubblicazione della corrispondenza diplomatica e di importanti notizie biografiche stilate da H. Stravius, coadiutore del F., v. in ordine cronologico: S. Ehses, Nuntiaturberichte aus Deutschland. Die Kölner Nuntiatur O.M. F. in Köln, 1587-1590, Paderborn 1968; Nuntius O.M. F.: Die Kölner Nuntiatur (1590 August - 1592 Juni), a cura di B. Roberg, München-Paderborn-Wien 1969; (1592 Juli - 1593 Dezember), a cura di B. Roberg, ibid. 1971; (1594 Januar - 1596 August), a cura di B. Roberg, Paderborn-München-Wien-Zürich 1983; Die Kölner Nuntiatur… Antonio Albergati (1610-1614), a cura di W. Reinhard, I-II, München-Paderborn-Wien 1972, pp. XXIV, XLIII, 220, 560, 806, 899; Analecta Vaticano-Belgica, s. 2, Nonciature de Flandre, Correspondance d'O.M. F., premier nonce de Flandre, I, (1596-1598), a cura di L. van der Essen, Bruxelles-Rome-Paris 1924; II, (1597-1598), a cura di A. Louant, ibid. 1932; III, (1599-1606), a cura di A. Louant, ibid. 1942; Documents relatifs à l'admission aux Pays-Bas des nonces et internonces des XVIIème et XVIIIème siècles, a cura di J. Lefèvre - P. Lefèvre, Bruxelles-Rome 1939, pp. 5 ss., 23 ss.; Documents relatifs à la jurisdiction des nonces et internonces des Pays-Bas pendant le régime espagnol (1596-1706), a cura di J. Lefèvre, Bruxelles-Rome 1942, pp. 5, 11, 31 s.; H. Dessart - L.-E. Halkin - J. Hoyoux, Inventaire analytique de documents relatifs à l'histoire du diocèse de Liège sous le régime des nonces de Cologne (1584-1606), Rome-Bruxelles 1957, ad Indicem; Correspondance du nonce Decio Carafa, archevägue de Damas (1606-1607), a cura di L. Van Meerbeeck, Bruxelles-Rome 1979, ad Indicem; Correspondance du nonce en France F.M. Frangipani (1568-1572 et 1586-1587)…, a cura di A. Lynn Martin, Rome 1984, ad Indicem; Die Hauptinstruktionen Clemens' VIII…, a cura di K. Jaitner, I-II, Tübingen 1984, ad Indicem; S. Muzzi, Annali della città di Bologna…, VI, Bologna 1844, pp. 580 s.; M. Gastout, Un aspect de la diplomatie du nonce F., in Miscellanea in honorem L. van der Essen, II, Bruxelles 1947, pp. 781-798; L. von Pastor, Storia dei papi, X, Roma 1955, ad Indicem; L.-E. Halkin, Les archives des nonciatures, in Bulletin de l'Inst. histor. belge de Rome, XXXIII (1961), pp. 664, 680 s.; P. Blet, Histoire de la représentation diplomatique du Saint-Siège des origines à l'aube du XIXème siècle, Città del Vaticano 1982, pp. 317-332; M.F. Feldkamp, Studien und Texte zur Geschichte der Kölner Nuntiatur, I-II, Città del Vaticano 1993, ad Indices; Legati e governatori dello Stato pontificio (1550-1809), a cura di C. Weber, Roma 1994, pp. 151, 784; H. Biaudet, Les nonciatures apostoliques…, Helsinki 1910, p. 267; B. Katterbach, Referendarii utriusque Signaturae…, Città del Vaticano 1931, pp. 148, 168; C. Eubel, Hierarchia catholica…, III, pp. 145, 318; IV, pp. 327, 343; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XVIII, coll. 1002-1009.