MORENO, Ottavio
MORENO, Ottavio. – Nacque a Casale Monferrato, in provincia di Alessandria, il 17 gennaio 1838, da Francesco e da Teresa Bruno.
Dopo aver compiuto studi classici tra Casale ed Alba, nel 1856 vinse una delle borse di studio offerte dal Collegio Carlo Alberto di Torino agli studenti delle province. Iscrittosi l’anno dopo alla facoltà di scienze fisiche e matematiche dell’Università di Torino, frequentò tre dei quattro anni previsti per passare poi, nel 1860, alla Scuola di applicazione, un istituto di alta formazione tecnico-scientifica sorto in quello stesso anno e destinato a confluire, nel 1906, nel Politecnico di Torino insieme al Museo industriale. Nel 1862 Moreno fu uno dei primi sei laureati in ingegneria civile presso l’Università di Torino, con la dissertazione Trasformazione del calore in lavoro dinamico e principii di termodinamica applicati alle macchine a vapor d’acqua, relatore Dionigi Ruva, titolare dal 1860 al 1862 del primo corso di «Macchine a vapore e ferrovie» presso la Scuola di applicazione.
Ruva era considerato uno dei più grandi ingegneri ferroviari del tempo: negli anni Cinquanta era stato incaricato, insieme ai colleghi Sebastiano Grandis e Germano Sommeiller, di studiare un sistema di trazione adatto alle pendenze, mai precedentemente raggiunte in Europa, della linea Torino-Genova nell’attraversamento dell’Appennino ligure.
Inviato subito dopo la laurea dal governo italiano all’Esposizione mondiale di Londra con incarichi tecnici, Moreno rimase in Inghilterra come collaudatore della Società per le strade ferrate meridionali (generalmente nota come ‘Meridionali’), per conto della quale si trasferì poi, con incarico simile, in Belgio e in Germania.
Sorte nel 1862, le Meridionali erano, con la Società dell’Alta Italia e la Società per le strade ferrate romane, una delle compagnie ferroviarie alle quali lo Stato aveva affidato la costruzione e l’esercizio della maggior parte delle linee nazionali. Ruva era stato chiamato alla guida del settore ‘Esercizio’ ed è probabile che l’assunzione di Moreno, uno dei suoi primi laureati, fosse stata da lui favorita. Più in generale tra gli anni Sessanta ed Ottanta nella società ferroviaria si costituì un solido nucleo di manager piemontesi formatisi attraverso viaggi all’estero, e che, oltre a Ruva, poté contare su Severino Grattoni (collaboratore di Germain Sommeiller negli scavi del Frejus), Bartolomeo Bona, Secondo Borgnini, Giuseppe Pessione e Giuseppe Lanino. Il percorso di Moreno, con le sue esperienze all’estero e l’approdo alle Meridionali, risultò dunque perfettamente coerente con quello di un’élite di manager ferroviari destinata a svolgere un ruolo decisivo nella costruzione della rete ferroviaria nazionale.
Richiamato in Italia dalle Meridionali con la responsabilità dell’intero settore ‘Collaudi’, passò poi a quello ‘Materiale e Trazione’ (preposto alla riparazione di vagoni e locomotive) e ne divenne il capo. Presto assunse anche la direzione delle ‘Officine’, incaricate tra l’altro delle costruzioni meccaniche e del materiale fisso, e sotto la sua guida furono realizzate le tettoie ad arco ribassato delle stazioni di Foggia ed Ancona.
Nel frattempo, durante il suo soggiorno in Belgio, Moreno aveva conosciuto e sposato Matilde Edersheim, una ragazza di origini tedesche. Subito dopo la nascita della figlia Teresa, a Liegi nel 1868, rimase però vedovo; si risposò qualche anno dopo con Albina Marone, una maestra elementare di Bossolasco presso Cuneo.
Negli anni Settanta Moreno aveva acquisito un’ampia esperienza internazionale, testimoniata anche dal saggio Le ferrovie economiche, scritto a Londra nel 1872, nel quale – attraverso uno studio comparativo con le soluzioni adottate in Galles e in Belgio – proponeva il ricorso allo scartamento ridotto. La sua crescita professionale, d’altra parte, fu forse agevolata dalle vicende delle Meridionali.
In quegli anni la gestione mista pubblico-privato della rete ferroviaria nazionale era entrata in crisi e, fra il 1873 e il 1876, erano state riscattate dallo Stato le Ferrovie romane e la Società dell’Alta Italia. Il passaggio di queste imprese in mani pubbliche costituì una vera frattura, che finì, spesso, con l’impedire ai dirigenti una durevole permanenza nello stesso posto. Le Meridionali rappresentarono un’eccezione e la loro continuità nel tempo consentì al personale superiore di compiere una brillante carriera all’interno.
Nel 1880, ormai dirigente affermato ed esperto, Moreno fu chiamato alla guida della Società nazionale Officine Savigliano (SNOS), per la costruzione di materiale ferroviario fisso e mobile. Da allora in avanti tutta la sua carriera rimase indissolubilmente legata alle vicende della SNOS. La società era sorta su iniziativa della casa belga Ernest Rolin, storica impresa del settore, così come belga era la maggior parte del capitale sottoscritto all’atto costitutivo; è dunque plausibile che la scelta di Moreno, quale direttore generale, fosse il frutto delle relazioni intrecciate durante il suo soggiorno formativo in Belgio.
Nel 1889 la SNOS assorbì un’impresa concorrente con sede a Torino – la Società ausiliare strade ferrate tramvie e lavori pubblici, anch’essa dotata di un capitale prevalentemente belga – assumendo i tratti peculiari di una società dalla doppia fisionomia, localizzativa e merceologica: nello stabilimento di Savigliano si concentrava la produzione di materiale ferroviario e la grande carpenteria, mentre le officine di Torino ospitavano l’attività elettromeccanica. La SNOS di Moreno si affermò presto come un’impresa all’avanguardia sul piano tecnologico, impegnata in produzioni di ‘grande artigianato’ e in costruzioni ambiziose. Nel 1887 fu inaugurato il ponte sul Po a Casalmaggiore, indicato allora, con i suoi 1085 metri, come uno dei più lunghi viadotti al mondo, e nel 1889 fu progettato da Moreno e dall’ingegner Rothlisberger l’ardito viadotto di Paderno sull’Adda. Privo di fondazioni e costituito da un unico arco metallico di 150 metri di corda, il ponte prevedeva una travata a doppio uso: all’interno passava la ferrovia e al di sopra la strada provinciale. I successi della società superarono presto i confini nazionali, e negli anni Novanta la SNOS ricevette l’incarico di realizzare la stazione di Zurigo e un ponte sul Danubio. Nonostante il mancato ingresso nel campo della produzione e distribuzione di energia elettrica, presidiato da colossi elettrofinanziari stranieri come Siemens e Schuckert, fu intensificata l’attività in campo elettromeccanico.
Grazie probabilmente all’origine straniera del capitale sociale, la Snos aveva intanto superato senza danni apparenti il crac edilizio-bancario dal quale era stato investito, tra il 1889 e il 1892, il sistema creditizio torinese e nazionale.
Più problematica fu la gestione della manodopera, e in particolare di un nucleo operaio minoritario ma molto qualificato, fiero del proprio mestiere e partecipe del processo produttivo in quanto depositario di un know how acquisito sul campo. Fu questo zoccolo duro ad animare le aspre proteste divampate durante la crisi del 1907 alla SNOS come in molte altre imprese meccaniche torinesi. Moreno si oppose con grande intransigenza alle rivendicazioni più politiche, che mettevano in discussione le relazioni gerarchiche in fabbrica, e non riconobbe le nascenti leghe sindacali. Si dimise anzi dalla Lega industriale, che lo invitava alla prudenza, per procedere il giorno seguente al licenziamento collettivo dei lavoratori (30 luglio 1907). Il drastico ridimensionamento della manodopera (a Torino rientrarono 50 operai su 850) fu utilizzato come espediente per allontanare gli elementi più combattivi e per ristrutturare l’impresa. In ogni caso la SNOS superò senza gravi conseguenze la difficile congiuntura del 1907 e seppe anzi cogliere le molte occasioni dell’età giolittiana. Non solo proseguì la costruzione di materiale ferroviario, destinato a una committenza quasi interamente statale in seguito alla nazionalizzazione delle ferrovie del 1905; ma la diversificazione produttiva della società consentì di rispondere anche alle esigenze belliche innescate dalla guerra di Libia, nel 1911. Nello stesso anno Moreno passò dal ruolo di direttore generale a quello di amministratore delegato. Tra il 1912 e il 1915 gli utili societari diminuirono, prima a causa del calo delle ordinazioni da parte delle Ferrovie dello Stato e poi per lo scoppio della Grande guerra, che determinò un rincaro delle materie prime, del denaro e del costo del lavoro.
L’ingresso dell’Italia nel conflitto, nel maggio 1915, offrì nondimeno una soluzione alle difficoltà della SNOS. L’ingente mole di ordinazioni pervenuta alla società consentì lo sfruttamento pieno delle potenzialità degli impianti, anche se le nuove esigenze belliche determinarono l’ulteriore estensione di una già molto diversificata attività produttiva. Nella nuova fase della SNOS, però, Moreno non era più protagonista.
Dopo due anni di malattia morì a Moncalieri, alle porte di Torino, il 22 luglio 1917.
Fonti e Bibl.: Savigliano, Arch. storico , Categoria X, Lavori Pubblici, Denominazione vie, F. 33/3 (1930-1932). Notizie sulla formazione classica e universitaria: Torino, Arch. storico dell’Università degli Studi, Collegio Carlo Alberto, Esami di concorso per i posti gratuiti, XI E 8, ad nomen; Facoltà di Scienze, Verbali degli esami, X D 19, pp. 120, 280; X D 20, pp. 148, 286; Ibid., Centro museo e documentazione storica del Politecnico di Torino, Arch. storico studenti, Indice a.a. 1860-1861; è andato perduto il suo fascicolo personale presso l’Arch. storico del Politecnico di Torino. Informazioni sull’attività di dirigente della SNOS in Arch. di Stato di Torino, Società nazionale delle Officine di Savigliano (in particolare nei Verbali del Consiglio d’amministrazione, ad annos). Risulta invece mancante l’Archivio del personale della Società Meridionali. Scarni elementi, per lo più di conferma, in alcune carte familiari sono state messe a disposizione dell’autore da Lucio Cabutti, discendente di Moreno. Indicazioni biografiche essenziali si trovano in Inaugurazione di un bronzo dedicato dalla Società nazionale officine Savigliano alla memoria del suo fondatore ed amministratore comm. ing. O. M., Savigliano, 21 luglio 1918, e si ripetono sostanzialmente identiche in brevi note apparse in: Rivista tecnica delle ferrovie italiane, VI (1917), vol. 12, f. 2, pp. 67 s.; I tecnici nei cento anni delle ferrovie italiane, 1839-1939, Firenze 1940, pp. 47 s.; M. Merger, Le officine di costruzione e riparazione del materiale ferroviario nell’area Padana dal 1850 alla vigilia della prima guerra mondiale, in Padania, IV (1990), 7, p. 141n.; e in I cavalieri del lavoro (1901-2001). Storia dell’ordine e della federazione, Roma 2001, p. 57. Sulle complesse vicende ferroviarie tra l’Unità e il 1905 cfr. G. Guderzo, Le ferrovie nella valle padana dopo l’Unità, in Padania, IV (1990), 7, pp. 3-27; S. Maggi, Le ferrovie, Bologna 2003. Più in particolare sugli ingegneri ferroviari nella seconda metà dell’Ottocento e sui loro percorsi formativi: A. Ferraresi, La formazione degli ingegneri nella seconda metà dell’Ottocento. Per una ricerca sulla Scuola d’applicazione e sul Museo industriale di Torino (1860-1906), in Nuova rivista storica, LXVII (1983), sett.-dic., pp. 637-656; G. Faraggiana - A.M. Sassi Perino, Come la R. scuola di applicazione per gli ingegneri e il R. Museo industriale insegnavano l’ingegneria ferroviaria, in Strade ferrate in Piemonte. Cultura ferroviaria tra Otto e Novecento, Atti ..., Torino 1993, pp. 15- 32; M. Merger, L’ingegnere ferroviario nell’Ottocento, in Gli ingegneri in Italia tra ‘800 e ‘900, Milano 1999, a cura di A. Giuntini - M. Minesso, pp. 81-99. Quanto alla SNOS, più centrato sulla crisi del 1907 è A. Donvito - G. Garbarini, Ottanta mestieri per trenta centesimi. Officine di Savigliano, stabilimento di Torino (1904- 1914), in Società e storia, VIII (1985), 29, pp. 595-625, per un contributo di sintesi si veda I. Balbo, La Società nazionale delle officine di Savigliano, in Storia di Savigliano, I, Il Novecento, a cura di S. Soave, Savigliano 2006, pp. 189-223.