RAGNI, Ottavio
RAGNI, Ottavio. – Nacque a Romagnano Sesia (Novara) il 21 aprile 1852, figlio del medico Antonio e di Rosa Terrini. Dopo aver frequentato le scuole elementari nel paese natale, si trasferì a Varallo (Vercelli) per studiare presso la scuola tecnica e fu convittore del collegio San Carlo nella stessa città. Nel 1865, deciso a intraprendere la carriera militare, si trasferì a Milano per frequentare il Collegio militare San Celso; tre anni dopo s’iscrisse all’Accademia militare di Torino. Nel 1873, con il grado di sottotenente, passò quindi al 6° reggimento artiglieria e nel 1878 entrò a far parte del corpo di stato maggiore, prima come tenente, poi come capitano. Dopo un passaggio all’Istituto geografico militare nel 1882, nel 1885, avendo ottenuto l’avanzamento a maggiore, fu assegnato al 1° reggimento fanteria; nel 1888 fu decorato con la croce di cavaliere della Corona d’Italia. Nello stesso anno fu promosso tenente colonnello ed ebbe l’incarico di capo di stato maggiore della divisione militare di Catanzaro (1890), poi di Chieti (1891) e quindi di Bologna (1892).
La cifra del carattere di Ragni, che si manifestò sia nel campo professionale sia nell’ambito privato, fu la riservatezza: l’indole taciturna lo tenne al riparo dal coinvolgimento nell’attività politica, pur sposando egli idee moderate e liberali.
La sua vita familiare fu funestata nel 1893 dalla prematura morte della moglie, Angelina Monti, figlia di un esattore delle tasse torinese. La tragedia privata probabilmente acuì l’introversione del giovane tenente colonnello, il quale, rimasto vedovo e senza figli, riversò ogni aspettativa nella vita professionale.
Come molti militari della sua generazione, Ragni era troppo giovane per aver preso parte alle guerre risorgimentali degli anni Cinquanta e Sessanta dell’Ottocento. La sua formazione sul campo avvenne piuttosto in Africa, nel corso delle campagne coloniali di fine Ottocento. Nel dicembre del 1895 partì per l’Eritrea per assumere il comando di un reggimento di fanteria (nel frattempo era stato promosso colonnello ed era stato decorato con la croce di cavaliere dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro). Pochi mesi dopo, il quarantaquattrenne Ragni prese parte alla battaglia di Adua, che può ritenersi la prima impresa bellica di un certo valore alla quale partecipava. Al comando del 3° reggimento della brigata Dabormida, il colonnello Ragni manifestò una grande prudenza nella sua condotta, che gli permise di organizzare la ritirata delle sue truppe, sottraendole così all’eccidio di quella nefasta giornata (1° marzo 1896). Nonostante si fosse distinto per la riconosciuta freddezza che seppe mantenere sul campo di battaglia, Ragni non ottenne alcun avanzamento di carriera (come naturalmente auspicava), ma dovette accontentarsi dell’attribuzione della croce dell’Ordine militare di Savoia.
Questa prima esperienza africana di Ragni si concluse dunque con l’amarezza per la sconfitta subita dalle truppe italiane. Tornato in Italia nel 1896, Ragni ottenne il diploma d’idoneità al servizio di stato maggiore, e nel 1898 fu trasferito al IV corpo d’armata. Nel 1898 fu decorato della croce di commendatore dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro per il suo impegno nella repressione dei moti milanesi del 1898. Due anni dopo, nel 1900, ottenne l’ambita promozione a maggiore generale assumendo il comando del 7° gruppo alpini a Cuneo; in seguito guidò il 4° gruppo a Torino, approfondendo i suoi studi relativi all’organizzazione delle truppe di frontiera. Nominato tenente generale ispettore presso il corpo degli alpini nel 1907, Ragni, sostenuto da un solido retroterra culturale, tentò di mettere in pratica i suoi studi, che molto dovevano alle idee di Cesare Ricotti. Ciò si tradusse in un’opera di riorganizzazione del corpo degli alpini, che riscosse il consenso generale e nel 1910 indusse il ministro della Guerra Paolo Spingardi ad affidargli l’ufficio di ispettore generale delle truppe di montagna (1° luglio 1910).
All’inizio degli anni Dieci, quindici anni dopo la deludente esperienza in Eritrea, Ragni tornava in Africa per una nuova avventura coloniale, intrapresa dal governo di Giovanni Giolitti. Nel maggio del 1911 fu nominato comandante del V corpo d’armata, e pochi mesi dopo s’imbarcò come addetto al I corpo d’armata speciale per la Libia, dove alla fine di settembre era scoppiata la guerra italo-turca. La grande amicizia e stima che lo legavano al capo di stato maggiore, il generale Alberto Pollio, ne favorirono la nomina a comandante del corpo d’armata di Tripoli nel settembre del 1912, in sostituzione del generale Carlo Caneva. Collocato a disposizione del neonato ministero delle Colonie, nel gennaio del 1913 Ragni fu nominato governatore della Tripolitania, a dispetto della sua scarsa esperienza africana.
Se durante il suo governatorato la zona d’occupazione italiana si espanse notevolmente, Ragni non riuscì tuttavia a disegnare una linea di politica indigena in grado di garantire la reale pacificazione della colonia. Senza contare, inoltre, che la sua azione di governo non riuscì a coordinarsi con quella del responsabile della politica coloniale, ovvero il ministro delle Colonie Pietro Bertolini, con il quale Ragni mantenne sempre un rapporto estremamente conflittuale. Sarebbero emerse in tale occasione le rigidità caratteriali di Ragni, tanto magnanimo e riservato, quanto spigoloso e testardo. L’incapacità di instaurare un rapporto di fiducia con il ministro delle Colonie fu la causa diretta delle sue dimissioni alla fine di maggio 1913 e del conseguente ritorno in Italia.
Nonostante l’esperienza africana si fosse chiusa per Ragni in maniera burrascosa (lo scontro con il ministro Bertolini e le forzate dimissioni), il generale tornava in patria da vincitore, avendo condotto le truppe italiane alla conquista di ampie regioni della ‘quarta sponda’. Tali successi furono generosamente ricompensati dalla nomina a cavaliere di Gran croce e membro del Consiglio dell’Ordine militare di Savoia; Ragni fu inoltre decorato del Gran cordone dell’Ordine della Corona d’Italia (r.d. 29 maggio 1913) e della croce di grand’ufficiale dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro (r.d. 31 marzo 1914).
La permanenza in colonia aveva contribuito a dare grande visibilità a Ragni tanto che, quando alla morte del generale Pollio (1° luglio 1914) si dovette designare un nuovo capo di stato maggiore, la sua candidatura risultò naturale. La mancata nomina al vertice dello stato maggiore (a sostituire Pollio fu chiamato Luigi Cadorna) non rappresentò solamente un’amara delusione, ma l’inizio di una vera e propria azione di isolamento, operata soprattutto per volontà dello stesso Cadorna. Posto al comando del II corpo d’armata il 26 giugno 1913, meno di un anno dopo Ragni passò a guidare il I corpo d’armata (r.d. 3 maggio 1914), che nel maggio 1915 fu incorporato nella IV armata, al comando del tenente generale Luigi Nava (operante nella zona del Cadore). Improvvisamente, il 15 luglio 1915, meno di due mesi dopo l’entrata in guerra dell’Italia contro l’Austria-Ungheria, Ragni fu esonerato dal comando del I corpo d’armata e destinato a esercitare il comando territoriale del corpo d’armata di Ancona.
Il forzato allontanamento dal fronte di guerra fu vissuto da Ragni come un’insostenibile e ingiusta umiliazione: tuttavia, il suo naturale riserbo e la convinzione che il bene supremo della patria non dovesse essere turbato nel momento dell’impegno bellico lo trattennero dalla polemica contro il generale Cadorna.
Nel tentativo di riparare al torto subito da Ragni, il ministro della Guerra Vittorio Zuppelli gli offrì la presidenza del Consiglio di disciplina (istituito il 20 ottobre 1915), ma Ragni rifiutò. In seguito assunse le funzioni di comandante generale per i territori dei corpi d’armata di Torino, Alessandria e Genova (d.l. 7 febbraio 1918), nonché di presidente del Consiglio di revisione del tribunale supremo di guerra e marina (d.m. 11 luglio 1918).
Un ulteriore tentativo di ‘restituire l’onore’ al generale Ragni fu compiuto nel 1918, con la nomina a membro della Commissione d’inchiesta per Caporetto. In tal modo, gli veniva offerta l’occasione per mettere sotto accusa colui che aveva compromesso la sua carriera: prima nel 1914 subentrando a Pollio, poi nel 1915 esonerandolo dal comando delle truppe al fronte. Tuttavia, Ragni disimpegnò il suo compito con sobrio distacco, nella consapevolezza che mettere in discussione l’operato di Cadorna avrebbe significato denigrare l’esercito italiano nella sua globalità. Si trattava di un compito che non lo affascinava.
La morte, avvenuta il 21 maggio 1919 a Romagnano Sesia, lo sottrasse a questo imbarazzo.
Fonti e Bibl.: Romagnano Sesia, Museo storico etnografico, Carte Ragni; Roma, Archivio storico del ministero dell’Africa italiana, Fondo Libia; Archivio dell’Ufficio storico dello stato maggiore dell’Esercito, Fondo L-8; Dall’Isonzo al Piave, 24 ottobre-9 novembre 1917. Relazione della Commissione d’inchiesta sul ripiegamento dall’Isonzo al Piave nominata con decreto 12 gennaio 1918, Roma 1919; G. De Simoni, O. R. generale, in La lettura, luglio 1919; P. Strigini, S.E. Ten. Gen. Ragni comm. Ottavio, in Almanacco-guida della Valsesia per l’anno 1920, Varallo 1920, pp. 129-134.
L. Barco, Figure di ispettori delle truppe alpine: il generale O. R., in L’Alpino, 15 giugno 1935; M.A. Prolo, Il generale O. R., Spoleto 1942; L. Tuccari, I governi militari della Libia (1911-1919), Roma 1994; E. Barbano, Adua. Cento anni dopo, in Corriere valsesiano, 12 gennaio 1996; S. Berhe, Notabili libici e funzionari italiani: l’amministrazione coloniale in Tripolitania (1912-1919), Soveria Mannelli 2015.