RINUCCINI, Ottavio
RINUCCINI, Ottavio (Ottaviano). – Nacque a Firenze il 20 gennaio 1563 (1562 ab Incarnatione).
Membro di una facoltosa casata di banchieri e mercanti fiorentini, quartogenito maschio di Francesco d’Alessandro (1508-1573) e di Luisa Portinari, fratello di Alessandro, depositario generale del granduca di Toscana, Rinuccini fu, come poeta, tra i principali attori del percorso pratico e teorico che, tra fine Cinque e inizio Seicento, condusse alla nascita del genere teatrale e musicale poi denominato melodramma.
Fin da giovanissimo si dedicò alla scrittura di rime, inizialmente d’occasione: al 1579 risalgono alcune stanze per la Mascherata delle Amazzoni (nozze di Francesco I e Bianca Cappello) e al 1586 per la Mascherata de’ cavalieri del Sole e Il Rinaldo e il Tasso (nozze di Cesare d’Este e Virginia de’ Medici; questo, come gli altri componimenti teatrali di Rinuccini, è edito in Solerti, 1904, II).
Nel 1581 entrò nell’Accademia Fiorentina, mentre resta incerta la sua frequentazione del circolo di intellettuali e musicisti riunito intorno al conte Giovanni de’ Bardi (la «camerata» di cui parlò poi Giulio Caccini nella dedica della sua Euridice nel 1600), né risulta abbia mai fatto parte dell’Accademia della Crusca, nata nel 1586, anno in cui fu invece ammesso, insieme al banchiere e mecenate Jacopo Corsi, nell’accademia letteraria degli Alterati, nata nel 1569 e capeggiata da Giovan Battista Strozzi il giovane, un sodalizio che assurse ben presto a polo d’attrazione per intellettuali, poeti, aristocratici e musicofili come Piero Strozzi, Alessandro Rinuccini, Lorenzo Giacomini, Piero del Nero, Gabriello Chiabrera, don Giovanni de’ Medici, nonché lo stesso Bardi (iscritto nel 1574), impegnati nella discussione circa la funzione della poesia moderna e la necessità di una sua riforma esemplata sull’antico. In questo consesso molti furono gli argomenti di dibattito relativi all’arte drammatica e musicale – dalla Poetica di Aristotele alle teorie musicali platonico-pitagoriche –, e nella loro trattazione si riconosce spesso l’influenza delle ricerche di Girolamo Mei, dotto filologo fiorentino residente a Roma, accademico Alterato in absentia dal 1585, convinto assertore della superiorità della musica dell’antica Grecia (che egli riteneva monodica) su quella moderna (polifonica), per la sua capacità di imitare, e quindi muovere, gli affetti.
La consacrazione di Rinuccini come poeta teatrale coincise con i sontuosi spettacoli, diretti da Emilio de’ Cavalieri, per lo sposalizio di Ferdinando de’ Medici e Cristina di Lorena (1589). In quest’occasione egli concorse alla stesura dei sei intermedi musicali per la commedia La pellegrina di Girolamo Bargagli, data nel teatro degli Uffizi; il piano allegorico, concepito da Giovanni de’ Bardi, era imperniato sul tema dei rapporti tra musica humana e mundana. Rinuccini scrisse per intero gli intermedi II, III e VI, collaborò con Bardi per il I e il V e con Giovan Battista Strozzi per il IV. La musica, polifonica, fu di vari autori (i principali: Cristofano Malvezzi e Luca Marenzio).
La scrittura di testi poetici destinati agli spettacoli di corte proseguì negli anni Novanta, con alcune stanze per balletti (La mascherata di Bergiere, 1590; La mascherata di stelle, 1596) e per sfilate di carri allegorici (La mascherata degli accecati, 1596). In questi anni consolidò l’amicizia con il coetaneo Corsi. I due, con Piero Strozzi, Giulio Caccini, Jacopo Peri (e altri esponenti di spicco della cultura musicale fiorentina coeva), erano confratelli nella compagnia dell’Arcangelo Raffaello; facevano inoltre parte, con Giulio Dati, dell’accademia dei cacciatori detta dei Piacevoli, un sodalizio di giovani gentiluomini che davano alla pratica venatoria una curiosa impronta di matrice cavalleresca. Sempre a questo periodo risale la frequentazione di un gruppo di gentiluomini (come don Giovanni de’ Medici e Virginio Orsini), musicisti (come Peri e Caccini) e letterati (come Dati e Chiabrera) riuniti intorno a Corsi: in esso maturarono le prime sperimentazioni pratiche – di fatto debitrici del coevo genere pastorale – di quel rinnovamento del teatro tragico sul modello antico che le teorie drammatiche fiorentine dell’ultimo quarto di secolo avevano vagheggiato.
Da questo contesto scaturì la composizione di Dafne, una favola in versi da cantarsi per intero, alla cui scrittura e riscrittura Rinuccini dedicò buona parte della sua vita d’autore.
Una prima stesura di questa fabula, manoscritta, consta di 212 versi (cfr. Fantappiè 2017). In essa, come nelle versioni successive, la vicenda è costruita associando al mito di Dafne parte del nucleo narrativo del terzo intermedio per La pellegrina (il combattimento pitico d’Apollo). Dopo il prologo impersonato da Ovidio – fonte primaria del mito sono le Metamorfosi – il dramma si apre con l’esaltazione della vittoria di Apollo sul mostro Pitone, cui segue l’incontro con il dio fanciullo Amore, il quale punisce la tracotanza dell’avversario facendolo invaghire di una ninfa mortale; ma l’amore impossibile provoca la trasformazione della fanciulla in lauro. Il testo drammatico, non suddiviso in atti e scene, consta di un prologo e quattro episodi, intercalati da cinque cori, sul modello della tragedia antica; la struttura metrica alterna i settenari ed edecasillabi variamente rimati del madrigale cinquecentesco, per le sezioni dialogate, a forme chiuse – in prevalenza strofiche e ripetibili come l’ode-canzonetta – per i cori (tale alternanza prefigura la duratura e standardizzata distinzione tra recitativo e aria che divenne poi tipica dell’opera italiana). Tale struttura compositiva, così come lo schema drammaturgico (una situazione felice iniziale, troncata da un tragico rivolgimento, infine risolta grazie a un deus ex machina), l’ambientazione e la scelta dei personaggi (semidei o dèi dell’antica Grecia entro una cornice pastorale), furono poi il tratto tipico delle successive favole per musica di Rinuccini.
Della musica di questa prima versione di Dafne rimangono alcuni frammenti manoscritti comprendenti il Prologo, un monologo di Apollo e tutti i cori (salvo il primo), mentre manca la partitura delle sezioni dialogate e di tutti gli altri monologhi di Apollo. Quattro sono adespoti, e normalmente attribuiti a Peri (salvo qualche dubbio su Qual nova meraviglia, cfr. Porter, 1984, p. 145; nella prima versione questo madrigale funge da quarto coro), mentre due vengono assegnati, in uno dei manoscritti che li conserva, allo stesso Corsi, dilettante di musica oltreché committente.
Il buon esito di questa prima prova «composta da me solo per far una semplice prova di quello che potesse il canto dell’età nostra» (come disse poi Rinuccini nella prefazione al libretto dell’Euridice, 1600; Solerti, 1903, p. 40) indusse il poeta ad ampliare la favola, portandola a 445 versi (del testo si diedero due distinte edizioni: s.l., prima del 1600; Firenze, Marescotti, 1600). La prima recita accertata di Dafne fu nel Carnevale del 1598, in casa Corsi, alla presenza di don Giovanni de’ Medici, replicata poi nei due Carnevali successivi, nel 1599 nella Sala delle Nicchie di palazzo Pitti, al cospetto di Cristina di Lorena e per la visita dei cardinali Del Monte e Montalto, e nel 1600. In questa stessa sala erano state rappresentate le pastorali in musica di Cavalieri (Il satiro e La disperazione di Fileno, 1590; Il giuoco della cieca, 1595 e 1599), le prime che, a detta di Alessandro Guidotti (nella prefazione alla Rappresentazione di Anima e di Corpo di Cavalieri; Solerti, 1903, pp. 1 s.), avrebbero rinnovato «quello stile col quale si dice che gli antichi Greci e Romani nelle scene e teatri loro soleano a diversi affetti muovere gli spettatori».
In occasione delle nozze di Maria de’ Medici con Enrico IV, re di Francia, Rinuccini ebbe però la meglio su Cavalieri. La supervisione delle feste fu affidata a don Giovanni de’ Medici, cosicché lo spettacolo scelto per essere rappresentato a palazzo Pitti, il 6 ottobre 1600 nella Sala delle Commedie, fu l’Euridice di Rinuccini, cantata con musica di Peri (e in parte anche di Caccini) e della quale era già stato proposto un allestimento a corte il 28 maggio precedente (Carter - Goldthwaite, 2013, p. 113). Di questa tragedia in musica a lieto fine – la conclusione del mito, in considerazione del contesto festivo, viene ribaltata, ed Euridice non ripiomba negli Inferi – sono pervenuti sia il libretto (Firenze 1600) sia due partiture complete, date alle stampe da Caccini (dicembre 1600) e poi da Peri (febbraio 1601). Viene perciò considerata la prima opera in musica in piena regola: più propriamente, stando ai proclami autocelebrativi di Rinuccini, è la dimostrazione pratica della teoria secondo cui la tragedia antica era cantata per intero e non solo nei cori. Orgoglioso della propria impresa, il poeta cercò di mettere a frutto il favore acquisito presso la novella regina: tra il 1600 e il 1605 soggiornò a più riprese in Francia, allo scopo di recuperare – come in effetti gli riuscì, anche facendo leva sul fatto che venisse reputato «gentilhomo del Re» – parte di un credito di circa 100.000 fiorini che la banca Rinuccini richiedeva dalla corona fin dall’epoca di Caterina de’ Medici (Relazione di Ottavio Rinuccini, in Ricordi storici..., 1840, p. 267). In quest’occasione, a detta di suo figlio Pierfrancesco, ebbe modo di apprezzare i balli della corte, «quali egli ancora primiero condusse di Francia» in Italia, mentre rimane incerto se riuscì a far rappresentare a Parigi le sue «tragedie da cantarsi» (cfr. Poesie del S.r Ottavio Rinuccini, Firenze 1622, c. 3rv), le quali vennero comunque riproposte a Firenze, nella Sala delle Commedie di palazzo Pitti: l’Euridice di Caccini nel 1602 e una replica della Dafne di Peri e Corsi nel 1604 per la visita di Ranuccio Farnese duca di Parma.
Rientrato in Italia (almeno dal 1605), la sua fortuna di poeta teatrale si spostò a Mantova. Per le nozze di Francesco Gonzaga (1608) vi vennero date due opere e un balletto di corte: in febbraio una versione accresciuta della Dafne (583 versi) con nuova musica del fiorentino Marco da Gagliano; indi tra maggio e giugno, con musica del maestro di cappella di corte, Claudio Monteverdi, L’Arianna, «tragedia rappresentata in musica» (il libretto, Mantova 1608, fu subito ristampato a Firenze e Venezia) e il Ballo delle Ingrate: protagonista femminile in questi ultimi due spettacoli fu l’attrice-cantante Virginia Ramponi Andreini, acclamatissima nei patetici lamenti (in quello d’Arianna il poeta ricalcò l’invettiva di Olimpia contro il fedifrago Bireno nell’Orlando furioso, e mediatamente l’epistola eroica che Ovidio immagina scritta da Arianna). Coordinò le feste il cardinale Ferdinando Gonzaga, musicofilo e poeta drammatico di suo, protettore dell’accademia degli Elevati (1607-09), di cui anche Rinuccini fece parte.
Il successo riportato a Mantova non fu replicato a Firenze dove, nell’ottobre del 1608, per le nozze di Cosimo II e Maria Maddalena d’Austria, i poeti dominanti furono Francesco Cini e Michelangelo Buonarroti il giovane: anziché favole o tragedie in musica, si videro drammi e balletti con intermedi. Rinuccini la considerò una battuta d’arresto. Tuttavia, continuò la battaglia per affermare la rinnovata tragedia antica, scrivendo Il Narciso, la sua ultima favola, che propose, senza successo, sia a Caccini sia a Monteverdi (Solerti, 1904, I, pp. 107 s., 115 s.; II, pp. 190-192). Le opere date a Mantova furono riprese a Firenze, ma solo anni dopo, e mai a palazzo Pitti: la Dafne di Gagliano nel palazzo del Parione di don Giovanni de’ Medici nel 1611, mentre dell’Arianna fu programmata una messinscena per iniziativa di Francesco de’ Medici nel 1614, la cui effettiva realizzazione resta incerta. A corte continuarono invece ad avere successo i suoi componimenti destinati alla danza. Nel Carnevale del 1611 nella Sala delle Commedie di palazzo Pitti (lì dove nel 1600 e 1602 era stata recitata l’Euridice) fu allestito un balletto con intermedi musicali, di soggetto piscatorio, ampliato e replicato nel 1613 con il titolo Mascherata di Ninfe di Senna (musiche di Peri, Gagliano, Francesca Caccini, Lorenzo Allegri e altri). Allo stesso anno risale la Comparsa d’eroi celesti, intermedio musicale danzato che intercalò (insieme con altri, scritti da Giovanni Villifranchi, Ludovico Adimari, Jacopo Cicognini, Andrea Salvadori) una barriera tenuta nel teatro degli Uffizi. Per il Carnevale del 1614 Rinuccini scrisse la Mascherata di selvaggi, balletto dato nel palazzo di Lorenzo Strozzi, mentre nel 1616 riuscì, con Peri, a far rappresentare l’Euridice a Bologna. Nel 1617 accompagnò Caterina de’ Medici a Mantova, come sposa del duca Ferdinando Gonzaga, ma non compose lo spettacolo per il teatro degli Uffizi (fu La liberazione di Tirreno e d’Arnea di Andrea Salvadori) né partecipò agli spettacoli mantovani, peraltro piuttosto dimessi. Tuttavia, nel 1620 alla corte di Mantova si tentò, senza esito, di allestire di nuovo l’Arianna. Le ultime opere drammatiche di Rinuccini furono alcuni dialoghi teatrali di soggetto agiografico, sullo stile di altri già sperimentati per la confraternita dell’Arcangelo Raffaello, messi in scena nel 1619 e nel 1620 nella cappella di Maria Maddalena d’Austria a palazzo Pitti. A questo genere appartiene anche Santa Maria Maddalena (dialogo tra la santa eponima e santa Marta).
Rinuccini scrisse molte rime d’occasione (d’encomio, funebri), ma anche lirica amorosa, morale, sacra: all’impronta petrarchista di base – flagrante in un sonetto come Zeffiro torna e di soavi odori, cfr. F. Petrarca, Canzoniere 310 – si aggiunge l’evidente influenza sia di Tasso sia di Chiabrera (di quest’ultimo in particolare nel ricorso a forme strofiche di tipo anacreontico). Sonetti, madrigali e canzonette – in parte editi alla spicciolata in edizioni collettive o miscellanee (come la Corona di Apollo composta del più vago de’ fiori di Permesso di Pier Girolamo Gentile, Venezia 1605 e 1610), in parte raccolti nel volume postumo delle Poesie (Firenze 1622), e in parte tramandati manoscritti in varie raccolte, alcune attualmente disperse (per le quali cfr. Chiarelli, 1990) – ebbero vasta fortuna tra i musicisti: vi attinsero tanto i compositori che musicarono i suoi testi teatrali (Caccini, Gagliano, Peri, Monteverdi: memorabili il Lamento della Ninfa e l’elegia ovidiana Ogni amante è guerrier inclusi nell’Ottavo libro di madrigali, Venezia 1638) quanto svariati altri madrigalisti e monodisti di primo Seicento (come Agostino Agazzari, Domenico Belli, Severo Bonini, Sigismondo d’India, Santi Orlandi, Raffaele Rontani, Salamone Rossi).
Morì il 28 marzo 1621 e venne sepolto nella cappella avita in S. Croce.
Lasciò due figli naturali: Pierfrancesco (1592-1657), nato dalla relazione con Caterina Catastini, e Maddalena, nata, in data incerta, da un’altra relazione. A Pierfrancesco, gentiluomo al servizio di don Lorenzo de’ Medici e dal 1642 rappresentante mediceo a Milano, a sua volta autore di drammi per musica e curatore delle postume Poesie del padre (1622), viene generalmente attribuito il manoscritto adespoto Il corago (1630 circa), un manuale pratico di messinscena nel quale, riepilogando le prime esperienze operistiche fiorentine, si giudicano convenevoli alla «rapresentazione armonica» tanto le «azioni profane» mitologiche o pastorali quanto le «azioni sacre» (la struttura metrico-formale dei drammi di Ottavio Rinuccini è la stessa cui si rifà in buona parte Andrea Salvadori, accademico Alterato nel 1616, per La regina sant’Orsola, 1624, musica di Marco da Gagliano e altri); ma si pronostica anche che, continuando questo tipo di produzione teatrale, «con il tempo il popolo s’avvezzarebbe a gustar ogni cosa rappresentata in musica» (Il corago, 1983, pp. 63 s.): previsione avvalorata dalla successiva evoluzione di un genere, il melodramma, di cui Ottavio Rinuccini fu certamente un capostipite.
Fonti e Bibl.: Poesie del S.r O. R. alla Maestà Cristianissima di Luigi XIII re di Francia e di Navarra, Firenze 1622; [G. Dati], Disfida di caccia tra i Piacevoli e i Piattelli, a cura di D. Moreni, Firenze 1824, pp. XLVII, LXII, 29 s., 36; Ricordi storici di Filippo di Cino Rinuccini dal 1282 al 1460, a cura di G. Aiazzi, Firenze 1840, pp. 108, 152-173, 266-269; F. Raccamadoro-Ramelli, O. R. Studio biografico e critico, Fabriano 1900; A. Solerti, Le origini del melodramma, Torino 1903, pp. 1-12, 40-97, 207-214; Id., Gli albori del melodramma, Milano 1904, I, pp. 27-30, 40, 44-46, 48-126; II; III, pp. 344-347; Id., Musica, ballo e drammatica alla corte medicea dal 1600 al 1637, Firenze 1905, ad ind.; H. Prunières, L’Opéra italien en France avant Lulli, Paris 1913, pp. XXVI-XXXIV; Musique des intermèdes de la Pellegrina, a cura di D.P. Walker - J. Jacquot, Paris 1963; W.V. Porter, Peri and Corsi’s Dafne: some new discoveries and observations, in Journal of the American Musicological Society, XVIII (1965), pp. 170-195; B. Russano Hanning, Apologia pro O. R., ibid., XXVI (1973), pp. 240-262; N. Pirrotta - E. Povoledo, Li due Orfei: da Poliziano a Monteverdi, Torino 19752, ad ind.; G.A. Tomlinson, O. R. and the ‘favola affettuosa’, in Comitatus, VI (1975), pp. 1-27; Id., Ancora su O. R., in Journal of the American Musicological Society, XXVIII (1975), pp. 351-356; E. Strainchamps, New light on the Accademia degli Elevati of Florence, in Musical Quarterly, LXII (1976), pp. 507-535; F.W. Sternfeld, The first printed opera libretto, in Music & Letters, LIX (1978), pp. 121-138; J.W. Hill, Oratory music in Florence, I: ‘Recitar cantando’, 1583-1655, in Acta Musicologica, LI (1979), pp. 108-136; B. Russano Hanning, Glorious Apollo: poetic and political themes in the first opera, in Renaissance Quarterly, XXXII (1979), pp. 485-513; Id., Of poetry and music’s power: humanism and the creation of opera, Ann Arbor (Mich.) 1980, ad ind.; W.V. Porter, A central source of early monody: Brussels, Conservatory 704, in Studi musicali, XII (1983), pp. 239-279; XIII (1984), pp. 137-167; Il corago o vero alcune osservazioni per metter bene in scena le composizioni drammatiche, a cura di P. Fabbri - A. Pompilio, Firenze 1983; C.V. Palisca, Humanism in Italian renaissance musical thought, New Haven (Conn.)-London 1985, pp. 369-433; F. Chiarelli, Per un censimento delle rime di O. R., in Studi italiani, II (1990), 2, pp. 133-163; B. Bujić, “Figura poetica molto vaga”: structure and meaning in R.’s “Euridice”, in Early Music History, X (1991), pp. 29-64; J.W. Hill, Nuove musiche ‘ad usum infantis’: le adunanze della Compagnia dell’Arcangelo Raffaello fra Cinque e Settecento, in La musica e il mondo, a cura di C. Annibaldi, Bologna 1993, pp. 113-136; W. Kirkendale, The court musicians in Florence during the principate of the Medici, Firenze 1993, ad ind.; F.W. Sternfeld, The birth of opera, Oxford 1993, ad ind.; F. Chiarelli, L’inedita Santa Maria Maddalena di O. R., in Studi italiani, IV (1994), 1, pp. 115-120; C.V. Palisca, Studies in the history of Italian music and music theory, Oxford 1994, pp. 408-466; J. Saslow, The Medici wedding of 1589: Florentine festival as theatrum mundi, New Haven (Conn.) 1996; B. Bujić, R. the craftsman: a view of his “L’Arianna”, in Early Music History, XVIII (1999), pp. 75-117; T. Carter, Music, patronage and printing in late Renaissance Florence, Aldershot-Burlington 2000, ad ind.; E. Strainchamps, Marco da Gagliano in 1608: choices, decisions, and consequences, in Journal of Seventeenth-Century Music, VI (2000), 1: http:// www.sscm- jscm.org/v6/no1/strainchamps. html (14 ottobre 2016); W. Kirkendale, Emilio de’ Cavalieri “gentiluomo romano”, Firenze 2001, ad ind.; A. Orlandi, Le grand parti. Fiorentini a Lione e il debito pubblico francese nel XVI secolo, Firenze 2002, pp. 28, 33-35; F. Chiarelli, Before and after: O. R.’s Mascherate and their relationship to the operatic libretto, in Journal of Seventeenth-Century Music, IX (2003), 1, http://sscm-jscm. org/v9/no1/chiarelli. html (14 ottobre 2016); P. Fabbri, Il secolo cantante: per una storia del libretto d’opera in Italia nel Seicento, Roma 2003, ad ind.; F. Fantappiè, Sale per lo spettacolo a Pitti (1600-1650), in Vivere a Pitti: una reggia dai Medici ai Savoia, a cura di S. Bertelli - R. Pasta, Firenze 2003, pp. 135-180; K. Harness, Le tre Euridici: characterization and allegory in the Euridici of Peri and Caccini, in Journal of Seventeenth-Century Music, IX (2003), 1, http://sscm-jscm.org/v9/no1/ harness.html (14 ottobre 2016); A.M. Testaverde, Nuovi documenti sulle scenografie di Ludovico Cigoli per l’Euridice di O. R., in Medioevo e Rinascimento, XVII, n.s. XIV (2003), pp. 307-321; K. Harness, Echoes of women’s voices. Music, art, and female patronage in early modern Florence, Chicago-London 2006, pp. 26-36, 95, 121, 191; N. Treadwell, Music and wonder at the Medici Court. The 1589 interludes for La pellegrina, Bloomington-Indianapolis 2008, ad ind.; J.-F. Dubost, Marie de Médicis. La reine dévoilée, Paris 2009, pp. 33, 231, 236 s., 239; G. Gerbino, Music and the myth of Arcadia in renaissance Italy, New York 2009, pp. 378-399; J. Cole, Music, spectacle and cultural brokerage in early modern Italy: Michelangelo Buonarroti il giovane, Firenze 2012, ad ind.; T. Carter - R.A. Goldthwaite, Orpheus in the marketplace. Jacopo Peri and the economy of late renaissance Florence, Cambridge (Mass.)-London 2013, ad ind.; S. Saino, «Più dolci affetti». La lingua dei melodrammi di O. R., in La lingua italiana. Storia strutture, testi, X (2014), pp. 121-135; L. Riccò, Dalla zampogna all’aurea cetra. Egloghe, pastorali, favole in musica, Roma 2015, ad ind.; F. Fantappiè, Una primizia rinucciniana: la ‘Dafne’ prima della «miglior forma», in Il Saggiatore musicale, XXII (2017), in corso di stampa.