RINUCCINI, Ottavio
Poeta, nato a Firenze il 20 gennaio 1562, di nobile e antica famiglia, ivi morto il 28 marzo 1621. La sua vita è finora poco conosciuta nei particolari. Divenuto familiare dei Medici, accompagnò nel 1600 in Francia la principessa Maria andata a nozze con Enrico IV, e rimase tre anni a Parigi, ov'ebbe il favore del re, prendendo larga parte, come già a Firenze, alle feste musicali della corte. Rientrato in patria, non sembra averla più lasciata se non per assistere, a Mantova e a Bologna, alle rappresentazioni dei suoi lavori.
Il nome del R. è durevolmente legato a una delle glorie artistiche italiane più alte: il melodramma. Frequentando le riunioni della Camerata fiorentina, che si raccoglieva in casa del conte Giovanni Bardi di Vernio egli seguì le ricerche, gli studî e gli esperimenti rivolti alla risurrezione del canto monodico e alla creazione della cosiddetta "declamazione cantata", e, dopo aver dato ancora madrigali e cori agl'intermezzi dell'ultima commedia rappresentata a corte (1589), fece musicare da Iacopo Peri e, per due pezzi, da I. Corsi (incerta è la collaborazione di G. Caccini) una sua composizione drammatica, La favola di Dafne, che deve dirsi il primo vero "melodramma", sebbene sia ancora un po' inorganico per concezione e per struttura. La Dafne fu rappresentata per la prima volta nel 1594 (stile fiorentino) e poi, un poco modificata, nel 1597, nel 1598 e finalmente nel 1599. Essa ispirò anche un altro musicista, Marco da Gagliano, che la rivestì di note nel 1607.
Il R. scrisse in seguito altri due melodrammi: l'Euridice (1600, per le nozze di Maria de' Medici con Enrico IV), musicato prima dal Peri, poi da Giulio Caccini, e l'Arianna (1607) rappresentato a Mantova nel 1608 con musiche di Claudio Monteverdi e recitativi del Peri, per le nozze di Francesco Gonzaga con Margherita di Savoia. Entrambi sono superiori alla Dafne per valore d'arte perché il poeta, che ormai sente più chiaramente che non nel primo tentativo le esigenze delle "nuove musiche", offre in essi, con l'espressione del sentimento, tenue ma sincera, un campo sempre maggiore alla monodia, sintetizza con abilità l'azione drammatica, tenta la caratterizzazione dei personaggi principali, e soprattutto crea coi brevi limpidi versi, legati e aggraziati da risonanze di squisita dolcezza, quell'atmosfera melodica che è già musica in potenza. Così avviò risolutamente il nuovo genere, fuori degl'impacci della tragedia e della favola pastorale, alle fortune che lo attendevano. Un quarto libretto del R., il Narciso, scritto verso il 1616, fu inutilmente offerto da lui a C. Monteverdi, e rimase inedito fino al sec. XIX; esso segna però un regresso nell'arte perché si riaccosta, per più d'un rispetto, alla favola pastorale (cfr. i suoi Drammi per musica, a cura di A. Della Corte, Torino 1926).
Poeta meno felice è il R. nel volume di liriche (spirituali, eroiche, morali e amorose, secondo la moda del tempo) pubblicato postumo nel 1622 a Firenze; tuttavia ha canzoni e canzonette per musica che, se anche derivano per i metri da G. Chiabrera, superano certamente il modello per grazia, dolcezza e sincerità d'ispirazione. Gli deve inoltre essere riconosciuto il vanto d'avere per primo trasformato la laude antica in ode precorrendo, s'intende formalmente, il Manzoni.
Bibl.: G. Chiabrera, Elogi degli uomini illustri, in Dialoghi dell'arte poetica, Venezia 1830; F. Meda, O. R., Milano 1894; G. Mazzoni, Cenni su O. R., in Commemorazione della riforma melodrammatica, Firenze 1894; A. Civita, O. R. e il sorgere del melodramma in Italia, Mantova 1900; F. Raccamadoro-Ramelli, O. R., Fabriano 1900; A. Solerti, Gli albori del melodramma, I, Palermo 1904; A. Belloni, Il Seicento, 2ª ed., Milano 1929, pp. 123-124, 406-412; B. Croce, Storia dell'età barocca in Italia, Bari 1929, pp. 339-345; A. Momigliano, I melodrammi del R., in Corriere della Sera, 16 luglio 1926.