VANNINI, Ottavio
VANNINI, Ottavio. – Nacque a Firenze, nella parrocchia di S. Felicita, il 15 novembre 1585 da Michele di Domenico (risulta invece sconosciuta l’identità della madre). La data si ricava dalle fedi battesimali (Firenze, Archivio dell’Opera del duomo, Registri battesimali, 18, Maschi, c. 99v), ma viene anticipata al 15 settembre del medesimo anno da Filippo Baldinucci (1681-1728, 1846, p. 430), con un’imprecisione che è stata ripetuta da tutta la letteratura successiva.
Secondo il biografo il giovanissimo Vannini svolse un iniziale apprendistato con un mediocre pittore chiamato Mecatti e quindi approdò, tramite il sodalizio con il ‘riformato’ Anastagio Fontebuoni, nella prestigiosa bottega di Domenico Cresti detto il Passignano. Il discepolato con Fontebuoni si sarebbe svolto a Roma, dove Vannini avrebbe tratto grande profitto dallo studio delle opere di Michelangelo e di Raffaello (ibid., pp. 430- 436). La scansione diacronica che si evince dal testo non collima con i dati documentari: la presenza di Fontebuoni a Roma, attestata fin dal 1598 (Gregori, 1962, p. 35), e l’allora precoce età anagrafica di Vannini inducono a posticipare il presunto viaggio del giovane, il cui ingresso nella bottega fiorentina del Passignano dovette avvenire allo scadere del Cinquecento (Pizzorusso, 1986b, p. 180). Baldinucci (1681-1728, 1846, p. 436) ricorda l’apporto determinante di Vannini alla realizzazione dei dipinti sacri coevi di Cresti, ma il parziale intervento dell’allievo viene individuato da Claudio Pizzorusso (1986b, p. 180) esclusivamente nel Martirio dei ss. Nereo e Achilleo della cappella Neri in S. Maria Maddalena dei Pazzi (1598 circa).
L’inizio della carriera di Vannini coincise con lo scoprimento nel 1605 della cappella Brunaccini nella tribuna della SS. Annunziata: gli affreschi nella volta, raffiguranti Dio Padre tra la Guarigione e la Fede, sono ritenuti le sue prove più antiche (ibid.; Grassi, 2014, p. 64, fig. 24). Fino al 1616 non si hanno notizie della sua presenza a Firenze, e per questo la critica ha ipotizzato che egli sia stato coinvolto nelle imprese romane del Passignano, la cappella Barberini in S. Andrea della Valle e la Paolina in S. Maria Maggiore (Gregori, 1962, pp. 35 s.; Pizzorusso, 1986b, pp. 180 s.). Nell’ottobre del 1616 Vannini venne ricompensato da Michelangelo Buonarroti il Giovane per il restauro dell’Epifania di Ascanio Condivi (Vliegenthart, 1976). L’anno seguente eseguì per il nobile pisano Ottavio Sassetti La comunione di s. Girolamo, che fu spostata dall’omonima chiesa pisana in quella di S. Anna in epoca leopoldina (Da Morrona, 1821; il dipinto viene riprodotto da Contini, 1992, pp. 197-199, fig. 224).
Il 16 ottobre 1618 Vannini s’immatricolò nell’Accademia delle arti del disegno (Pizzorusso, 1986b, p. 180). La sua partecipazione nel 1619-20 alla decorazione della facciata del palazzo dell’Antella in piazza S. Croce a Firenze (Baldinucci, 1681-1728, 1846, pp. 205-207) non trova un riscontro nei libri contabili dei patroni Niccolò e Francesco dell’Antella (Sebregondi, 2010, pp. 138 s.). Nel 1620 fu chiamato dai servi di Maria ad affrescare nel chiostro grande della SS. Annunziata quattordici ritratti di altrettanti personaggi illustri dell’Ordine, dei quali sopravvivono sette effigi (Fabbri, 2015a). Nello stesso anno realizzò per Cosimo II de’ Medici una copia del venerato affresco trecentesco del santuario servita (pervenuta nel 1703 a Castiglion Fiorentino: Maffeis, 2003, pp. 84 s.). Nel 1621, in seguito alla scomparsa del granduca, contribuì con un grande dipinto a monocromo agli apparati per le esequie allestite dalla Compagnia dell’Arcangelo Raffaello, di cui egli faceva parte dal 1619 (Pizzorusso, 1986b, p. 181).
Ancora nel 1621 siglò il S. Antonio Abate che risana gli infermi per l’altare che i fratelli Andrea e Rosso del Rosso avevano fatto erigere nella chiesa di S. Felice in Piazza (Meoni, 1993). Due accurati studi preparatori sono conservati rispettivamente a Budapest (Perissa Torrini, 1987) e al Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi (Gheri, 2014). Andrea del Rosso fu il principale mecenate privato del pittore, gli affidò i perduti affreschi della cappellina del suo palazzo in via Chiara (Pizzorusso, 1986b, p. 182) e arrivò a possedere quattordici suoi dipinti. Essi vengono elencati nella guida fiorentina di Giovanni Cinelli (1677) e negli inventari della notevolissima quadreria di famiglia (pubblicati da Gualandi, 1841, e da Cangioli, 2015): vi figuravano tra gli altri il Miracolo della manna e Mosè che fa scaturire l’acqua (identificati in una collezione privata fiorentina da Longhi, 1956, pp. 61 s.), e una Susanna al bagno (una versione autografa è stata rintracciata da Giovanni Papi, 2017). Repliche di questi soggetti sono registrati negli inventari della collezione del ramo cadetto dei del Rosso (Arnesano, 2015).
Nel 1623 Vannini rientrò nel novero dei frescanti che vennero assoldati dalla granduchessa Maria Maddalena d’Austria per lo svolgimento del programma encomiastico nelle sale della villa suburbana del Poggio Imperiale. Alla memoria di Cosimo II la vedova volle dedicare le pitture nella stanza nota con il nome di Volticina: sebbene non siano riemersi i pagamenti dei nove riquadri, a Ottavio sono stati ricondotti L’omaggio dell’emiro Fachardin, Cosimo II esamina il progetto del molo di Livorno, Gli aiuti inviati all’imperatore Ferdinando II e al duca Ferdinando Gonzaga (l’attribuzione, proposta da Fiammetta Faini Guazzelli, 1968, è stata confermata dal rinvenimento dei disegni preparatori autografi: Spinelli, 2001, pp. 19-24, figg. 38a-47). Anche le lunette con Il battesimo di Clodoveo e Il martirio di s. Orsola nella sala delle Udienze e quelle con S. Agnese e S. Apollonia nella sala delle Sante Martiri sono state concordemente assegnate a Vannini (Acanfora, 2005a, pp. 151, 153, fig. 87, tavv. LXXXIX, C) sulla base delle affinità con i coevi affreschi del casino di S. Marco, per i quali Vannini fu ricompensato dal cardinale Carlo de’ Medici (Masetti, 1962, pp. 85 s.). Qui, nella sala dedicata a Francesco I, Vannini dipinse le figure allegoriche nella volta e cinque delle dieci lunette, L’omaggio del Senato fiorentino, La vestizione di Francesco a cavaliere di S. Stefano, Il conferimento del titolo di generale del mare a don Pietro de’ Medici, La battaglia di Lepanto, L’omaggio dei dignitari (Spinelli, 2005, pp. 216-218, tavv. LXXVI-LXXVIII). In un momento immediatamente successivo egli partecipò alla decorazione della galleria detta del Poccetti a Palazzo Pitti, dove gli spettano la Giustizia, l’Abbondanza e la Felicitas Publica (Acanfora, 2005b, p. 160, fig. 91, tavv. CVI-CVII). Nel 1625 fu nuovamente al servizio di Maria Maddalena d’Austria per la realizzazione del primo ciclo di affreschi nella stanza della Stufa, sempre a Pitti, e nel 1627 ricevette i compensi per le lunette con la Monarchia dei romani e con la Monarchia degli arabi, e per la Temperanza (Facchinetti Bottai, 1979, pp. 85, 89 nota 10).
Nello stesso anno eseguì il Battesimo di Cristo per la cappella maggiore della chiesa lionese di Notre-Dame de Confort (Spinelli, 2001, pp. 13-17): il dipinto, oggi a Nantes, gli fu saldato dal principe Lorenzo de’ Medici (Borea, 1977). Per la residenza prediletta da costui, la villa della Petraia, nel quarto decennio Vannini realizzò la Castità di Giuseppe (ora a palazzo Pitti: Borea, 1975, p. 35), e la S. Lucia (dal 1834 nella chiesa di S. Michele a Castello: Pizzorusso, 1986a). Al 1627 risale la tela viennese raffigurante Rebecca al pozzo, che fu donata dal cardinale decano Carlo alla sorella Claudia de’ Medici in occasione delle nozze con Leopoldo d’Asburgo arciduca del Tirolo (Voss, 1912, pp. 49 s.; D’Afflitto, 1986).
In quegli anni si alternarono alle commissioni medicee vari incarichi extrafiorentini: nel 1625 Vannini fu ricompensato dall’Opera della Primaziale di Pisa per l’esecuzione della Giuditta destinata alla tribuna del duomo (Contini, 1995a); entro il 1627 affrescò la cappella Scarlini nella chiesa di S. Stefano a Empoli; e nel corso degli anni Trenta, sempre per Empoli e i suoi dintorni, eseguì il Martirio di s. Lorenzo della collegiata di S. Andrea, il Cristo portacroce di S. Maria a Ripa e l’Apparizione di s. Michele Arcangelo dell’omonima chiesa di Pontorme (Siemoni, 1990). Nel quarto decennio si collocano inoltre il S. Girolamo per il santuario della Fontenuova a Monsummano (Guerrieri, 1973), l’Anania che restituisce la vista a s. Paolo per la confraternita fiorentina di S. Paolo di Notte (Pagliarulo, 1989, pp. 58 s.), l’Ultima Cena per il duomo di Colle Val d’Elsa (Parisi, 1992), l’Annunciazione per il duomo e la Madonna e santi per S. Domenico a Pistoia. All’allievo Antonio Ruggieri sono stati ricondotti la Madonna di S. Fedele a Poppi, il Trionfo di David dell’Ermitage (Gheri, 2007, pp. 43 s.) e l’ottagono con Giaele e Sisara del seminario maggiore fiorentino (Fabbri, 2015b).
All’inizio degli anni Trenta il banchiere Agnolo Galli richiese a Vannini un S. Francesco, un Sacrificio di Isacco e una Maddalena penitente (nota attraverso due redazioni, di cui una alla Galleria Pallavicini a Roma: Contini, 1995b, pp. 40 s.; per gli inventari della collezione: Botticelli, 2015). Nel 1632 il conte Francesco Bonsi gli commissionò l’Adorazione dei Magi per la testata destra del transetto della chiesa dei Ss. Michele e Gaetano: il dipinto fu terminato da Ruggieri dopo la morte di Vannini e venne saldato nel 1647 al fratello Cosimo Vannini, esecutore testamentario e garante dei figli che il pittore aveva avuto da Caterina Ruberti (Chini, 1984, pp. 122 s., 316 doc. 49C, 318 s. docc. 53A-D); con costei si era sposato il 31 dicembre 1637 nella parrocchia di S. Salvatore in Ognissanti (Gheri, 2007, p. 59, nota 23), nello stesso gonfalone del quartiere di S. Maria Novella dove egli deteneva il suo studio (Baldinucci, 1681-1728, 1846, p. 437; Milanesi - Pini, 1876).
Nel giugno del 1639 Vannini ricevette i primi pagamenti per il completamento del ciclo nel salone terreno di palazzo Pitti, la cui decorazione si era interrotta nel 1636 dopo la morte di Giovanni da San Giovanni. Vannini intervenne sulla parete nord, raffigurandovi la scena da ‘romanzo storico’ con Lorenzo il Magnifico circondato dagli artisti, affiancata dalla Fede accompagnata da Lorenzo e da Prudenza e Flora (Acanfora, 2006, pp. 55-59, tav. LXXXVI; per i disegni preparatori: Thiem, 1993). Rispetto alle opere dei colleghi Francesco Furini e Cecco Bravo sulle pareti contigue, gli affreschi vanniniani sono improntati ai principi che avevano reso normativi i grandi testi pittorici fiorentini del Quattro e del Cinquecento: il rigore del disegno, la chiara impaginazione prospettica, la tecnica votata a un’estenuata finitezza, valori che si traducono nella ‘diligenza’ che veniva riconosciuta a Vannini dai contemporanei (Baldinucci, 1681-1728, 1846, pp. 446 s.).
Nel 1641 Andrea del Rosso ottenne il patronato del primo sacello a destra nella navata dei Ss. Michele e Gaetano e ingaggiò ancora una volta il pittore. Vannini portò a termine il Cristo in gloria nella volta e le tre lunette, mentre la pala d’altare con il Martirio di s. Andrea e le due tele laterali furono ultimate da Ruggieri (Chini, 1984, pp. 155-160, 327 doc. 60A; il Martirio si trova oggi nella cappella Antinori).
Il 21 febbraio 1644, nella sua abitazione di via Gualfonda, Vannini dettò il testamento (Pizzorusso, 1986b, p. 183) e quattro giorni più tardi spirò (Pagliarulo, 1982, pp. 21, 28 nota 43). Una causa tra la vedova e un tale Antonio Bartolini si trascinò fino al 1658 per il saldo di una Crocifissione, che è stata identificata nei depositi delle Gallerie fiorentine (Pizzorusso, 2003, p. 49, fig. 40).
Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio dell’Opera del duomo, Registri battesimali, 18, Maschi, c. 99v.
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