KERNBERG, Otto
Psicologo austriaco, nato a Vienna il 10 settembre 1928. È Medical Director presso il New York Hospital-Cornell Medical Center e professore di Psichiatria al Medical College della Cornell University. Ha diretto, a partire dal 1954, il Progetto di ricerca psicoterapeutica della Menninger Foundation. È didatta e supervisore del Columbia University Center for psychoanalytic training and research e fa parte del comitato direttivo del Journal of the American Psychoanalytic Association. È stato vicepresidente della American Psychoanalytic Association.
La teoria di K. può essere definita come "una teoria delle relazioni oggettuali fondata sulla psicologia dell'Io e coerente con essa", un tentativo cioè di fondere la prospettiva del modello pulsionale con quella del modello delle relazioni oggettuali. K. fa riferimento da un lato allo sviluppo delle strutture psichiche così come sono descritte nella psicologia psicoanalitica dell'Io (basandosi in particolare sull'integrazione della fenomenologia delle relazioni interpersonali con la metapsicologia classica operata da E. Jacobson, e sulle ipotesi evolutive di M. Mahler) e dall'altro ai concetti kleiniani di scissione e di identificazione proiettiva, come componenti fondamentali dei meccanismi di difesa. Il fondamento clinico della teoria di K. è costituito dalle osservazioni tratte dalla psicoterapia psicoanalitica di pazienti gravemente disturbati ("disturbi caratteriali di basso livello" e cioè personalità narcisistiche, e "casi-al-limite") e relative in particolare alle caratteristiche del transfert che si instaura tra paziente e terapeuta. Nei pazienti studiati da K. il transfert, che emerge immediatamente entro i primi giorni o le prime settimane di trattamento, appare caratterizzato da atteggiamenti drammaticamente contraddittori nei confronti del terapeuta, da una corrispondente, e altrettanto variabile, immagine del proprio Sé (Borderline conditions and pathological narcissism, 1975; trad. it., 1978). Secondo K. le prime esperienze, originariamente non integrate e successivamente scisse, costituiscono configurazioni relazionali secondo una primitiva struttura tripartita, i cui elementi costitutivi sono un'immagine dell'oggetto, un'immagine del Sé, una colorazione affettiva, determinata dal derivato pulsionale attivo al momento dell'interazione. In tal modo, per K., si costituiscono "sistemi di internalizzazione", che riflettono specificamente l'interazione del bambino con il suo "oggetto umano", la madre (Internal world and external reality, 1980; trad. it., 1985).
Sulla base dell'ipotesi centrale di un continuum evolutivo dell'organizzazione della personalità K. individua tre livelli distinti di ''patologia del carattere'' che presenterebbero configurazioni strutturali relativamente stabili, sottostanti a diverse modalità di comportamento patologico e di formazione dei sintomi: i criteri distintivi sono indicati da K. nella possibilità di valutare, attraverso una serie di inferenze tratte dal materiale clinico, il funzionamento dell'esame di realtà, la presenza di una diffusione d'identità (che rifletterebbe una mancata integrazione fra le rappresentazioni affettive e cognitive del Sé e dell'oggetto) e la prevalente utilizzazione di difese primitive (scissione, identificazione proiettiva, negazione, onnipotenza, ecc.) o avanzate (rimozione, proiezione spostamento razionalizzazione, formazione reattiva). Dal punto di vista tecnico K. suggerisce un'intervista iniziale semiguidata che combini certi criteri esplorativi tipici dell'esame obiettivo e dell'indagine anamnestica di tradizione psichiatrica, con un ampio margine di libertà lasciato alle iniziative e alle esigenze di comunicazione del paziente. Ai fini della valutazione K. consiglia di utilizzare l'osservazione di precoci reazioni transferali e controtransferali, nonché dei campioni iniziali d'interazione terapeutica, fondata sulle modalità di confronto e d'interpretazione tipiche della tecnica psicoanalitica (Severe personality disorders, 1984; trad. it., 1987). Nella considerazione dei fattori che predispongono le persone allo sviluppo di una psicopatologia ''caso-al-limite'' K. sottolinea inoltre la preponderanza di interazioni negative e di gravi frustrazioni iniziali nella vita relazionale del paziente, e con questo sembra prendere le distanze dal modello pulsionale classico.
Tra i suoi lavori si ricordano anche: Object relations theory and clinical psychoanalysis (1976; trad. it., 1980); Psychodynamic psychotherapy of borderline patients (1989); Aggression in personality disorders and perversions (1992).